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Emodance: Progetto Fisioterapico ed Educazionale nel Paziente Emofilico mediante percorso con Balli Caraibici
Emodance: Progetto Fisioterapico ed Educazionale nel Paziente Emofilico mediante percorso con Balli Caraibici A. Frizziero, P. Finotti, J. Gamberini, G. Piran, A. Vianello, S. Masiero Azienda Ospedaliera – Università degli Studi di Padova Introduzione La patologia emofilica si caratterizza per la frequente insorgenza, in seguito a traumi lievi o ad attività intense, di sanguinamenti articolari ed extra-articolari. L’associazione della terapia riabilitativa all’infusione di fattore della coagulazione può migliorare la funzionalità articolare e la qualità di vita dei pazienti, che, tuttavia, spesso conservano alcune limitazioni nella partecipazione sociale in ambito sportivo e ludico-ricreativo. Questo progetto, denominato Emodance, ha lo scopo di valutare gli effetti e la sicurezza del ballo caraibico associato ad un mirato programma fisiokinesiterapico in soggetti emofilici di giovane età. Materiali e Metodi 4 giovani soggetti emofilici sono stati suddivisi in due gruppi: sperimentale (GS) e controllo (GC). Il GS è stato sottoposto ad un programma di esercizi specifici (mirati al miglioramento di articolarità ed elasticità muscolare) associati ad una lezione di ballo caraibico, mentre il GC solo alla pratica del ballo, con sedute bisettimanali per un periodo di due mesi. Sono state effettuate valutazioni pre-trattamento e ad un follow-up di un mese mediante: Haemophilia Joint Healt Score (HJHS), Haemofilia Activity List (HAL), scala MRC per la forza dei principali gruppi muscolari degli arti inferiori, test di Thomas e Straight Leg Raise (SLR) per lunghezza ed elasticità di flessori d’anca ed ischiocrurali, scala NRS per il dolore, questionario di gradimento. Risultati Tutti i soggetti hanno riportato un miglioramento del ROM articolare in assenza di emartri, nonché una riduzione del punteggio nella scala HJHS; in aggiunta, il GS ha manifestato un miglioramento più evidente rispetto al GC per quanto riguarda l’aumento dell’elasticità muscolare e il punteggio alla scala HAL. Conclusioni La proposta del Ballo Caraibico come attività ludico-ricreativa è risultata, per entrambi i gruppi, un’esperienza positiva in termini di socializzazione e benessere psico-fisico globale. Inoltre, lo svolgimento di uno specifico percorso fisioterapico di preparazione al ballo ha dimostrato di garantire un beneficio aggiuntivo a livello di elasticità e forza muscolare e qualità della vita. Infine, l’assenza di eventi avversi (in primis emartri) in entrambi i gruppi dimostra che il ballo caraibico può rappresentare un’attività ludico-ricreativa sicura per i soggetti emofilici.
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Trattamento riabilitativo dei pazienti affetti da artropatia emofilica
TRATTAMENTO RIABILITATIVO DEI PAZIENTI AFFETTI DA ARTROPATIA EMOFILICA S. Mikhaylova, G. Mangone, A. Carrara, A. Cobianco, C. Carulli, G. Falcone, P. Pasquetti Introduzione L’emofilia è una patologia congenita ed ereditaria che si sviluppa a causa della carenza, o della totale assenza, di uno dei fattori che consentono la coagulazione sanguigna. L’emofilia A è causata da un difetto del fattore VIII della coagulazione, mentre la B è dovuta ad un difetto del fattore IX. L’artropatia emofilica è la più importante causa di morbilità e disabilità nei pazienti con emofilia, ed è una condizione patologica che una volta stabilita non recede ma anzi può progredire nonostante l’instaurazione di un’appropriata terapia. La fisioterapia e la riabilitazione rivestono un ruolo fondamentale non solo nel trattamento dell’artropatia, ma anche nella prevenzione della patologia. Scopi della fisiochinesiterapia sono: recupero dell’articolarità, aumento della forza muscolare, aumento della elasticità muscolare, recupero della propriocezione, aumento della calcificazione ossea (prevenzione dell’osteoporosi), miglioramento della funzionalità cardiorespiratoria, aumento della tolleranza allo sforzo. Il principio cardine della fisioterapia applicata a pazienti emofilici è che non si deve in nessun caso indurre il dolore e all’inizio del trattamento è opportuno lavorare al di sotto delle capacità del paziente. Materiali e metodi Lo studio proposto si pone l’obiettivo di valutare l’efficacia di un programma riabilitativo in regime ambulatoriale associato ad esercizi domiciliari in pazienti affetti da artropatia emofilica. Pertanto, 11 pazienti ( tutti uomini; età media 42 ± 15 anni) affetti da Emofilia A, B, forma da moderata a grave, sono stati reclutati presso gli ambulatori S.O.D. c. Riabilitazione della Azienda Ospedaliero Universitaria di Careggi (AOUC). I pazienti sono stati valutati all’arruolamento (T0), dopo 12 settimane di trattamento combinato ambulatoriale e domiciliare (60 minuti 2 per settimana) (T1) e dopo 12 settimane di solo trattamento domiciliare (60 min 2 per settimana) (T2). L’Haemophilia Health Joint Score 2.1 (HJHS) è stato usato per valutare lo stato delle articolazioni più colpite dal sanguinamento, il Brief Pain Inventory (BPI) per il dolore, la VAS per il benessere soggettivo, l’Haemofilia Activities List (HAL) per le attività funzionali, ed infine il Functional Activity Score for Haemofilia (FISH) per l’indipendenza funzionale. Dopo un’accurata valutazione all’arruolamento, è stato studiato un progetto riabilitativo individuale in base alle capacità di ogni paziente in termini di autonomia e limitazioni fisiche. Risultati: nessun paziente ha sospeso il trattamento a causa di complicanze (emartro). Al T1 i risultati hanno mostrato un significativo miglioramento dello stato delle articolazioni più colpite dal sanguinamento (HJHS) (p<0.01), un aumento dell’indipendenza funzionale (FISH) (p<0.05), della VAS benessere soggettivo (p<0.05) e delle attività funzionali (HAL) (p<0.05) (ad esclusione di Funzionalità delle gambe e delle braccia), inoltre si ha avuto anche una riduzione del dolore (BPI) (p=0.01) rispetto alle valutazioni effettuate a T0. Per quanto concerne le comparazioni fra T2 e T1, esse mostrano un ulteriore significativo miglioramento per HJHS (p<0.05), VAS Benessere Soggettivo (p<0.05) e riduzione del dolore (BPI) (p<0.05). Mentre a T2 rispetto a T0 sono migliorate significativamente le funzionalità delle braccia (misurata con HAL) (p<0.05), e si ha un importante mantenimento di tutti altri parametri migliorati a T1 (p<0.05). Migliorata la Funzionalità degli arti inferiori (HAL-2), ma questo miglioramento rimane comunque non statisticamente significativo. Conclusione: l’emofilia è attualmente una malattia con aspettativa di vita sovrapponibile a quella della popolazione sana, pertanto è fondamentale proporre, oltre al trattamento farmacologico, un programma riabilitativo al fine di aumentare le abilità funzionali e facilitare la partecipazione dei pazienti, anche con forma di malattia grave, a tutte le attività di vita quotidiana. Bibliografia - Acharya SS:. Hemophilic joint disease - current perspective and potential future strategies. Transfus Apher Sci. 2008 Feb;38(1):49-55. Epub 2008 Mar 4.4. - C. Carulli: The Management of the Haemophilic Arthropathy. Bentham editrice, libro edito a stampa dal luglio 2017 - D Stephensen, M Bladen et al. Recent advances in musculoskeletal physiotherapy for haemophilia Ther Adv Hematol; 2018: 1–11
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Algie di spalla in pazienti operate per tumore della mammella: attualità riabilitative e nostra esperienza clinica
Algie di spalla in pazienti operate per tumore della mammella: attualità riabilitative e nostra esperienza clinica P. Pasquetti, L. Cantini, G. Falcone, M. G. Muraca. Introduzione Complessivamente in Italia – come emerge dai dati AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ed AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori) del 2018 – vivono 767.000 donne a cui è stata fatta diagnosi di carcinoma mammario. La sopravvivenza media dopo la diagnosi è in progressivo aumento (attualmente è pari all’87% dei casi a 5 anni); parallelamente si registra tuttavia un incremento dell’incidenza di alcune menomazioni disabilitanti in queste pazienti tra le quali spicca la limitazione articolare della spalla omolaterale alla sede del carcinoma trattato chirurgicamente associata in una percentuale significativa di pazienti a sintomatologia algica importante, specie se è presente linfedema. Tale riscontro è in linea con quanto emerge dalla nostra pratica clinica: ci siamo pertanto proposti di approfondire la genesi del problema e valutare l’impatto dell’approccio riabilitativo nei confronti di questo disturbo sulla base della nostra esperienza clinica e delle evidenze presenti in letteratura scientifica. Materiali e Metodi La qualità della vita delle/dei pazienti dopo intervento chirurgico per carcinoma della mammella è condizionata da numerosi fattori e la prevenzione e il trattamento delle potenziali “noxae di disabilità” rappresenta uno dei principali obiettivi della riabilitazione in ambito oncologico. Tra il Febbraio 2018 e il Febbraio 2019 abbiamo svolto attività di consulenza fisiatrica per 75 pazienti presso il Centro di Riabilitazione Oncologica dell’ISPRO (Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica) di Firenze ubicato presso il Presidio di Villa delle Rose: una delle principali cause di richiesta di consulenza è stata la presenza di limitazioni algo-funzionali del distretto articolare scapolo-omerale in pazienti sottoposte ad intervento di exeresi chirurgica di un carcinoma della mammella. Tale dato è in linea con quelli riportati in letteratura: nel tumore della mammella le problematiche riabilitative organo-specifiche più frequenti oltre al linfedema sono l’algia di spalla omolaterale alla mammella operata (35,6% dei casi) e la limitazione funzionale con riduzione del range of motion (ROM) articolare di spalla (24,8% dei casi). Le suddette manifestazioni cliniche algo-funzionali presentano nella maggior parte dei casi un origine multifattoriale: formazione di tessuto cicatriziale, fibrosi e accorciamento dei tessuti molli con retrazioni muscolo-tendinee (ad esempio dei muscoli pettorali) in seguito al trattamento chirurgico e alla radioterapia, sindrome miofasciale, debolezza muscolare del cingolo scapolo-omerale (secondaria a ipotrofia muscolare da non uso, ma anche a cancer releated fatigue e eventualmente fatica muscolare correlata al trattamento chemioterapico), microlussazione della testa omerale con impingement sub-acromiale, capsulite adesiva, disfunzioni nervose (ad esempio la plessopatia brachiale o l’interessamento del nervo toracico lungo causante ipotonia del muscolo dentato anteriore e la “scapola alata”), alterazioni del ritmo scapolo-omerale e del controllo muscolare del cingolo scapolare post-chirurgiche con conseguente discinesia scapolo-omerale, turbe posturali, alterazioni linfo-vascolari, patologie di spalla co-esistenti ed antecedenti alla diagnosi oncologica (ad esempio un sindorme da conflitto subacromiale o una tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori). Ci preme sottolineare che oltre alla componente organica, il dolore in pazienti oncologici è caratterizzato da una forte componente e connotazione psicologica; queste ultimo aspetto deve sempre essere tenuto in considerazione per un corretto approccio riabilitativo al paziente. Da quanto descritto poc’anzi emerge la necessità di un protocollo di trattamento riabilitativo multidisciplinare e multimodale per questi pazienti basato innanzitutto su programmi di esercizio terapeutico personalizzati, modulati in base alla fase clinica di malattia, alle condizioni generali della paziente e alle eventuali problematiche psicologiche. Risultati Nell’ambito dei nostri protocolli ci siamo avvalsi di tecniche di fisiochinesiterapia e rieducazione funzionale comprendenti la mobilizzazione passiva, attiva ed attiva-assistita di spalla, lo stretching manuale, la massoterapia con scollamento delle cicatrici retraenti e le tecniche miofasciali, gli esercizi di rieducazione propriocettiva e le tecniche di facilitazione neuromuscolare per il mantenimento/recupero degli schemi motori e posturali corretti, gli esercizi di rieducazione posturale globale e mirata e la terapia occupazionale. Inoltre, laddove le condizioni cliniche lo consentissero, abbiamo prescritto per le pazienti un ciclo di idrochinesiterapia. Conclusioni La compliance delle pazienti nei confronti dell’iter terapeutico-riabilitativo è risultata valida con riduzione della sintomatologia dolorosa e incremento delle capacità funzionali. Bibliografia – “I numeri del cancro in Italia 2018” AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ed AIRTUM (Associazione Italiana dei Registri Tumori). – Ebaugh D, Spinelli B, Schmitz KH: “Shoulder impairments and their association with symptomatic rotator cuff disease in breast cancer survivors.” Med Hypotheses. 2011 Oct;77(4):481-7. doi: 10.1016/j.mehy.2011.06.015. Epub 2011 Jul 18. – Lauridsen MC, Overgaard M, Overgaard J, Hessov IB, Cristiansen P: “Shoulder disability and late symptoms following surgery for early breast cancer.” Acta Oncol. 2008;47(4):569-75. doi: 10.1080/02841860801986627.
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L’impatto delle nuove tecnologie sul team riabilitativo: l’esperienza di Arìa
The impact of new technologies on rehabilitation team: Arìa experience Laura Tosi *1 1Neurological and Orthopedic Rehabilitation Center, Agazzi Institute, Arezzo, Italy *Corresponding author: Laura Tosi Arìa Centre, Agazzi Institute, Arezzo, Località Agazzi 47 52100 Arezzo, Italy. E-mail: ltosi@istitutoagazzi.it Key words: Rehabilitation Team, Robotic, New Technologies, Artificial Intelligence ABSTRACT The advent of robots and artificial intelligences has the power to be revolutionary and, according to some, to undermine the very concept of work and human necessity in the production process or in the professions. This is the report of 10 years of rehabilitation experience with robotic systems and new technologies for a rehabilitation team accustomed to traditional treatment. This report does not concern the reliability of rehabilitation with robotics, but the impact that this new way of rehabilitation has had on a rehabilitation team. In the described experience it is evident that a metamorphosis of the mentality and the way of working of all the operators has taken place. In a mixed environment it is the person and his unique value that establishes and hierarchizes the priorities: the robot cooperates with the man and not the man who assists the machine. INTRODUCTION The concept of neuroplasticity modified the rehabilitative approach to the patient with neurological deficit following a stroke or other CNS injury. The effectiveness of task-oriented rehabilitation was highlighted in the modulation of neuronal processes that favor the recovery of motor function. The use of robotics in the rehabilitation field finds its meaning in the possibility of favoring the forced and repetitive use of a paretic or plegic limb. Moreover, such equipment can be used with the simple supervision of the physiotherapist without intensive training leading to operator fatigue and therefore short treatment. On the basis of these assumptions, a renovation project for the rehabilitation center was developed in Arìa with the acquisition of robotic devices and the reorganization of work. The key points of this project were: Increase the intensity of treatment with the aim of reducing the length of hospital stay by increasing the number of patients and keeping the number of operating units unchanged. Evaluate the patient’s initial and final capacities rigorously using the measurement tools provided by the equipment. Promote the repetitiveness of the performance to increase its effectiveness. MATERIALS AND METHODS Arìa has a structure for hospitalization and outpatient treatment with the architectural characteristics of a residence rather than a medicalized environment. Rooms and common areas tend to favor the patient’s idea of a home transition. In the gym the robotics instruments were introduced: for the rehabilitation of the upper limb, the REO GO, ARMEO and AMADEO were acquired; for the rehabilitation of the lower limb the GANG TRAINER and LOKOMAT. Furthermore, the machines of VIRTUAL REALITY and the TREADMILL WITH BODY WEIGHT SUPPORT were acquired (table 1). This economic enterprise has been supported by some evidence of effectiveness that emerge in the literature. Rehabilitation of the upper limb with a robot allows the therapist to individualize the exercise on the basis of the patient and furthermore the possibility to visualize the feed back promotes the patient’s motivation and his adherence to the treatment. At the same time, the exact measurement of the performance is obtained (1)(6)(9). The exercise of the path by means of electro-mechanical means with load suspension obtains the result of improving the patient’s gait with stroke outcomes if performed in combination with traditional physiotherapy. It is also a safe and comfortable robot for the patient (2) (7) In the case of the use of Lokomat in patients with spinal cord injury, the research has not yet shown a certain efficacy but it seems necessary to identify the subpopulation of patients who receive greater benefit from this treatment as well as define the precise rehabilitation protocol and its duration (3) . Virtual reality offers the possibility of a task-oriented and repetitive exercise with the ability to involve the patient greater than traditional techniques. The most varied exercises can be performed safely and even in the absence of the physiotherapist (4). At Arìa there are physiotherapists, speech therapists, neuropsychologist, 2physiatrists and nurologists as well as nursing and auxiliary staff. On average, 20 patients are suffering from neurological diseases and 12 from orthopedic diseases. Treatment sessions take place in large gyms without separation of the workstations. Each patient follows 4 hours of group and individual treatment per day. Neurological patients are also engaged in ADL training activities at different times of the day. They are followed and supervised during meals in the case of dysphagia. They carry out a group and individual logopedic treatment on a daily basis. For each patient a rehabilitative project is drawn up during a multidisciplinary team and then shared with the family members. RESULTS Following the acquisition of the new rehabilitation tools, every physician, physiotherapist and speech therapist has been involved in dedicated training activities. Physiotherapists were selected to be dedicated to assisted rehabilitation of the lower limb and others to the upper limb and some to virtual reality. Doctors also received selective training. On the basis of the different training courses, different roles were then assigned to the gym. According to the individual project each patient is treated with one or more machines by different physiotherapists and also receives a traditional individual treatment. The evaluation scales used are the same used before the introduction of robotics (FIM and FAM, Trunk Control Test, Motricity Index, Ashworth Scale and Barthel Index) The physiotherapist’s working method has changed. We went from the individual and traditional treatment of two hours a day for five days a week to that of a group for four hours a day for five days a week and two hours for the remaining two days of the weekend. This resulted in a fragmented view of the patient by the operators. There was an increase in the overall workload and a deterioration in working conditions caused by the need to coordinate a group of six patients by monitoring the activity of some of the machines and individually treating one patient at a time. The operators do not have protocols for the application of the new machines since they are not yet defined. The specific attribution of the use of a robot for prolonged periods (six months on average) determines an impoverishment of the quality of work by those used to work manually and directly with the patient. The burden of training on the use of robots has been added to the ordinary workload, which continues over time with the progression of skills. The physician had to include in the rehabilitation project the use of one or more robots based on the type of patient and must compare with the group of physiotherapists who individually followed the path. In the gym the figures of the basic health assistants were also included where simple surveillance of the patient is required while using the machine. The degree of overcrowding of the gym has increased as well as the background noise produced by those present and the machines. The patients were enthusiastic about the increase in length of stay in the gym and the possibility of using new machines. Even relatives put a lot of hope in this method of work. The rehabilitation team faces the difficulties of transition exactly as in the eighteenth century the workers faced with the industrial revolution. The type of previous organization was based on the concept of rehabilitation distributed over 24 hours with a holistic approach to the person rather than the district. In the transition to a mixed rehabilitation method of robotics and manual treatment, this unitary model has been temporarily lost. DISCUSSION In bioethics the term neuroscepticism has been coined to describe the attitude of negation towards what neurotechnology is developing on the basis of cognitive evolution in neuroscientific field (5). Arìa’s rehabilitative team did not show such an oppositional attitude but given the long and positive experience in traditional rehabilitation, it found it difficult to accommodate all the various robotics devices simultaneously and to manage and use them in a profitable way for the patient. Despite obvious difficulties, the rehabilitation team showed interest in new technologies acquired with great commitment to training for their use. In the following 10 years the exoskeleton was introduced too for the rehabilitation of the walk both of individual with spinal cord injury and after stroke. Studies have shown promising results regarding the reduction of pain perception and spasticity level; improvements in sitting posture, intestinal, cardiorespiratory, metabolic, tegmental and psychological functions. After 10 years from the introduction of new technologies in the daily work of rehabilitation, we observe a change in the attitude of the operators, an increase in the use of machinery, the improvement of the ability to use them, an awareness of the operators and patients about the limits and potential of robotics. The initial skepticism of physiotherapists has given way to a mature awareness of the potential of new technologies and an increased appreciation of their irreplaceable role. It has become clear that the synergy of robotics and traditional treatment is very useful to the patient and also improves the quality of the physiotherapist’s work. In 10 years since the introduction of new technologies, about five physiotherapists decided to change their workplace and one chose to change the type of work. Patients are very curious about new machines, are more stimulated and are satisfied with the treatment and results. Even older patients. Patients and family members after the initial enthusiasm, understand the real role of robotics and appreciate the treatment. For example, in walk rehabilitation, the exoskeleton allows to start the ambulatory training early even for sustained times and this reinforces the traditional treatment and improves the final results. Other review supported the evidence that for lower limb patients with severe impairment, robotic training produces better outcomes than conventional training. In upper limb robotic rehabilitation, training seems to improve arm function in activities of daily living. The increasingly emerging request of patients is to be able to autonomy in the recovery path and the technological avant-garde are walking in this direction. The rehabilitation team will therefore be called in the future to educate and accompany the patient to a therapeutic path outside the hospital and dropped into daily and domestic reality. Faced with this new challenge, it is necessary to know and master what is offered by bioengineering without losing the wealth of rehabilitative experience stratified over the years and the concept of individualisation of recovery paths. It is clear that once robotics are adopted, it is necessary to keep up with the technology and always experiment with the new avant-gardes The function of robotics in rehabilitative interventions has been examined extensively, generating positive yet not completely satisfactory clinical results (7)(8). Studies conducted do not demonstrate the decisive effectiveness of new methods for functional recovery of neurological patients, but it has been proven that robots are an important resource when associated with traditional rehabilitation. The treatment plan must then be individualized based on the goals wanted. We can understand industrial revolutions as the appearance of new forms of general purpose technologies: the first industrial revolution is linked to energy as a force to produce work that has made the production revolution possible through the introduction of vapor machines. The second industrial revolution used new forms to produce work with the advent of chemistry and electricity. The third revolution, thanks to electronics, telecommunications and informatics. The world of work today knows a new frontier: interactions and coexistence between men and artificial intelligences. In the development of artificial intelligences (AI) the disclosure of the successes obtained by these machines has always been presented according to a competitive model compared to man. These media appearances of the AI could make us think that these are systems that compete with man and that between Homo sapiens and this new machine sapiens has established a rivalry of evolutionary nature that will see only one winner. In reality these machines have never been built to compete with man but to create a new symbiosis between man and his artifacts. AI is not the threat of human extinction even if technology can be dangerous for our survival as a species. However, there are extremely delicate challenges in contemporary society in which the most important variable is not intelligence but the limited time available to decide and cognitive machines find great applicative interest here (11). At this level, a whole series of ethical problems are opened up on how to validate the machine’s cognition in the light of the speed of the response that one tries to implement and obtain. However, the greatest danger does not come from the AIs themselves, but from not knowing these technologies and letting them decide on their employment to someone that is absolutely not prepared to manage the issue. CONCLUSION This report does not concern the reliability of rehabilitation with robotics, but the impact that this new way of rehabilitation has had on a rehabilitation team. In the described experience it is evident that a metamorphosis of the mentality and the way of working of all the operators has taken place. Operators faced change positively, discovering the potential of working with robotics and increasing the certainty of the value of traditional rehabilitation. In fact, the traditional treatment must necessarily support the assisted robot rehabilitation. Currently it is the conviction of the rehabilitation team that it is necessary and also interesting to acquire new technologies and deepen more and more experience and specific training. In a mixed environment it is the person and his unique value that establishes and hierarchizes the priorities: the robot cooperates with the man and not the man who assists the machine. If the working horizon of the near future – in reality already of our present – is a cooperation between human intelligence and artificial intelligence and between human agents and autonomous robotic agents it becomes urgent to try to understand how this mixed reality, composed of agents autonomous human beings and autonomous robotic agents, can coexist (11). In the 10 years of working experience with robotics, physiotherapists, doctors and all operators have developed a mode of relationship with the machines that has ensured an optimal use of new technologies for rehabilitation and a consolidation of the certainty of their irreplaceable role in customizing and applying the rehabilitation project. The real challenge for rehabilitation operators is to have a considerable amount of data, supplied by the machines (12) , which can be processed with statistical tools to understand, for example, the usefulness of a robot for a patient. Bibliography 1 – Colombo R, Pisano F, Mazzone A, Delconte C, Micera S et al 2007 Design strategies to improve patient motivation during robot aided rehabilitation.) Journal of Neuroengineering and Rehabilitation, 4: 3 2 – Mehrholz J, Werner C, Kugler J, Pohl M. 2010 Electromechanical-assisted training for walking after stroke – review – The Cochrane collaboration 3 – Mehrholz J, Kugler J, Pohl M. 2008 Locomotor training for walking after spinal cord injury – review – The Cochrane Collaboration 4 – Laver KE, George S, Thomas S, Deutsch JE, Crotty M. 2010 Virtual reality for stroke rehabilitation – protocol – The Cochrane collaboration 5 – Benanti P. 2010 From neuroskepticism to neuroethics: role of morality in neuroscience that becomes neurotechnology Neuroethics and national security, 1: 2 6 – Lo K, Stephenson M, Lockwood C. 2017 Effectiveness of robotic assisted rehabilitation for mobility and functional ability in adult stroke patients: a systematic review. JBI Database System Rev Implement Rep. 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Cochrane Systematic Review: 03 September 11 – Benanti P 2017 “Il lavoro nell’epoca delle macchine sapiens” in La Società 2, 30-60 http://www.rivistalasocieta.com/about/ 12 – Anderson Chris 2008 The end of theory: the data deluge makes the scientific method obsolete Wired 16 https://www.wired.com/ FACTORY STARTING DATE NUMBER of OPERATORS needed MAIN USING OBJECTIVES LOKOMAT HOCOMA 2008 1 or more Walk rehabilitation, Verticality TREADMILL WITH BODY WEIGHT SUPPORT 2008 1 Walk rehabilitation, Verticality GANGTRAINER REHA STIM 2008 1 Walk rehabilitation, Verticality ARMEO HOCOMA 2008 1 Upper limb rehabilitation REO GO MOTORIKAMEDICAL LTD 2008 1 Upper limb rehabilitation AMADEO TYROMOTION GMBH 2008 1 Upper limb rehabilitation VIRTUAL REALITY KHYMEIA 2008 1 or more Upper limb rehabilitation. Orthopedic rehabilitation, Cognitive rehabilitation BALANCE SYSTEM SD BIODEX 2008 1 Orthopedic and neurologic rehabilitation BIODEX SYSTEM PRO BIODEX 2008 1 Orthopedic rehabilitation GAIT TRAINER TREADMILL 2 BIODEX 2008 1 Walk rehabilitation REWALK REWALK ROBOTICS 2015 2 Neurologic rehabilitation WALKER-VIEW TECNOBODY 2016 1 Walk rehabilitation PLATFORM PROKIN-PK252 TECNOBODY 2016 1 Orthopedic and neurologic rehabilitation TRANSCRANIAL DIRECT ELECRICAL STIMULATOR STARSTIM GEA SOLUZIONI 2016 1 Physiotherapist or 1 speech therapist or together Speech therapy combined with neurologic rehabilitation EKSO GT EKSO BIONICS 2016 2 Neurologic rehabilitation Table 1: List of new technologies introduced year after year in the rehabilitation gym, number of operators necessary for their use, main field of application
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L’RCS è veramente utile?
L’RCS è veramente utile? AUTORI: Federica Parisini1, Elisabetta Magni2, Maria Rosaria Leo3, Roberto Piperno2 , Assunta Cesarano1, Lisa Galletti1 and Roberto Iovine1 1 Unit of Rehabilitation Medicine, Ospedale SS.Salvatore, AUSL, San Giovanni in Persiceto, Bologna, Italy 2 Unit of Rehabilitation Medicine, AUSL, Ospedale Maggiore, AUSL, Bologna, Italy 3 Unit of Rehabilitation Medicine, Villa Bellombra, Private Accredited Hospital, Bologna, Italy Background: In assenza di chiare evidenze che guidino la scelta dei candidati, l’appropriatezza del trasferimento e del ricovero in strutture riabilitative di pazienti provenienti da reparti per acuti si valuta solo al termine del ricovero, confrontando vari indicatori suggeriti dalla letteratura. Scopo: verificare l’utilità della raccolta di vari indicatori di appropriatezza quali la RCS (Rehabilitation Complexity Scale), la FIM (Functional Indipendence Measure) e la LOS (Length Of Stay) per il ricovero riabilitativo in pazienti con stroke. Disegno: studio pilota, osservazionale, multicentrico, retrospettivo. Popolazione: pazienti ricoverati in reparto riabilitativo per stroke recente. Setting: tre unità operative di Medicina Fisica e Riabilitazione nella città di Bologna (Ospedale di San Giovanni in Persiceto e Ospedale Maggiore dell’AUSL di Bologna e Villa Bellombra, Ospedale Privato Accreditato). Materiali e metodi: analisi di 116 cartelle cliniche dei tre reparti e ricerca di correlazioni statistiche tra RCS, FIM e LOS per i pazienti reclutati in un semestre compreso fra marzo 2014 e settembre 2015. Risultati: Moderata correlazione negativa tra RCS totale di ingresso e FIM totale di ingresso; alta correlazione nagativa tra RCS totale in dimissione e FIM totale in dimissione. Forte correlazione diretta tra FIM d’ingresso e FIM di dimissione; bassa correlazione inversa fra DELTARCS totale e DELTAFIM; nessuna correlazione fra RCS d’ingresso e di dimissione; correlazione moderata negativa fra FIM d’ingresso e LOS e bassa positiva fra RCS ingresso e LOS. Conclusioni: i risultati confermano una discreta correlazione esistente fra RCS e FIM sia d’ingresso che dimissione, pertanto si può mettere in discussione l’utilità della raccolta di entrambe le scale per la valutazione di appropriatezza del ricovero riabilitativo. BIBLIOGRAFIA 1) Metodologia per la definizione dei criteri/parametri di appropriatezza ed efficienza dei ricoveridi riabilitazione ospedaliera – Risultati, www.salute.gov/imgs/C_17_notizie_947_listaFile_itemName0_file.pdf. 2) Iovine R, Galletti L. Il trasferimento ed il ricovero appropriato: un esercizio di “Evidence-based Rehabilitation”. Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa-MR, 2015, Vol.28, n.2. 3) Turner-Stokes L, Scott H, Williams H, Siegert RJ. The Rehabilitation Complexity Scale – Extended version: detection of patient with highly complex needs. Disability and Rehabilitation 2012; 34(9):715-720. 4) Galletti L, Benedetti MG, Maselli S, Zanoli G, Pignotti E, Iovine R. Rehabilitation Complexity Scale: Italian translation and transcultural validation. Disability and Rehabilitation, 2015;38(1):87-96, DOI: 10.3109/09638288.2015.1024340 5) Tesio L. Il sistema di misura Functional Independence Measure (FIM) nel controllo di qualità e nella classificazione dei ricoveri riabilitativi e per cronici. Applicazione della banca-dati italiana. Le collane della Fondazione Salvatore Maugeri, Pavia 1996.
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Terapia infiltrativa ecoguidata con Platelet Rich Plasma in associazione alla Laserterapia ad alta potenza e all’esercizio terapeutico in pazienti affetti da Tendinopatia Achillea
Terapia infiltrativa ecoguidata con Platelet Rich Plasma in associazione alla Laserterapia ad alta potenza e all’esercizio terapeutico in pazienti affetti da Tendinopatia Achillea: esperienza clinica di medicina riabilitativa interventistica G. Lucchesi, G. Falcone, T. Palermo, N. Martini, L. Cantini, P. Pasquetti. Introduzione La tendinopatia achillea costituisce una delle patologie tendinee più comuni, sempre più frequentemente correlata a fenomeni di overuse (specie in soggetti giovani che praticano attività sportiva, sia a livello amatoriale che agonistico). Alla luce dell’elevata percentuale di recidive della sintomatologia dolorosa appare opportuno individuare dei protocolli terapeutici-riabilitativi multimodali al fine di massimizzare i risultati di singole terapie che agiscono con meccanismi di azione differenti. Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’efficacia dell’associazione della terapia infiltrativa ecoguidata con Platelet Rich Plasma (PRP) con la Laserterapia ad alta potenza e l’esercizio terapeutico in pazienti affetti da Tendinopatia Achillea. Il razionale terapeutico di quest’associazione deriva dalla potenziale azione di biostimolazione pro-rigenerativa e antalgica esercitata con meccanismi differenti ma sinergici dal plasma ricco di piastrine e dalla laserterapia, inquadrati nell’ambito di un progetto riabilitativo di più ampio respiro che includa uno specifico programma di esercizio terapeutico. Materiali e Metodi Nel presente studio sono stati reclutati 38 pazienti affetti da tendinopatia achillea, di cui 23 maschi 15 femmine, con età media di 46 anni (range 23-79 anni). Sono stati applicati specifici criteri di inclusione e di esclusione per lo studio. I pazienti reclutati nello studio prima del trattamento sono stati valutati ecograficamente e mediante le seguenti scale di valutazione: la scala VAS, la scala VISA-A e il questionario SF-36. Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad un ciclo di 3 infiltrazioni sotto guida ecografica di PRP autologo, 1 ogni 21 giorni, utilizzando 3-3,5 cc di PRP iniettato in sede intra-tendinea e peri-tendinea. Durante la procedura la somministrazione dell’emoderivato è stata preceduta dall’iniezione di anestetico locale (lidocaina 1%) 3-4 cc intorno al sito da trattare e da microperforazioni ad ago asciutto, ovvero delle “micro-scarificazioni” intra-tendinee volte a implementare lo stimolo biologico sul tessuto tendineo. Al termine di ciascuna infiltrazione ai pazienti veniva proibita l’assunzione di FANS e ASA nei 5 giorni successivi all’iniezione in maniera da non pregiudicare l’attivazione piastrinica; in caso di dolore era concesso l’uso di paracetamolo 1000 mg e la crioterapia locoregionale. La terapia infiltrativa descritta è stata associata ad un programma riabilitativo comprendente la laserterapia mediante laser YAG ad Alta Potenza (HPLT: High Power Laser Therapy) e la fisiochinesiterapia basata su esercizi di stretching muscolare, esercizi eccentrici e isometrici per il tendine d’achille, esercizi propriocettivi e di rieducazione funzionale della caviglia e del piede e successivamente esercizi di rinforzo muscolare degli arti inferiori ed esercizi sport-specifici (nel caso di pazienti sportivi). I pazienti sono stati rivalutati ecograficamente e clinicamente – mediante le scale precedentemente descritte – a 3 e 6 mesi dalla fine del trattamento. Risultati Dall’analisi statistica dei risultati mediante il test T di student è emerso che i pazienti hanno presentato un miglioramento clinico statisticamente significativo (p<0,05), sia per quanto riguarda il dolore valutato con la VAS, sia per quanto riguarda le valutazioni funzionali mediante la scala VISA-A e il questionario SF-36: prima dell’inizio del trattamento il valore medio della VAS era pari a 7,1 e il valore medio della VISA-A risultava pari a 40,85%; a 3 mesi dalla fine del trattamento il valore medio della VAS era pari a 2,8 e il valore medio della VISA-A risultava pari a 59,60%; a 6 mesi dalla fine del trattamento il valore medio della VAS era pari a 1,4 e il valore medio della VISA-A risultava pari a 82,30% ; anche i valori medi dei punteggi nelle 8 scale che costituiscono la SF-36 sono andati progressivamente aumentando nei controlli a 3 e 6 mesi. Oltre ai risultati clinici anche i risultati ecografici sono stati incoraggianti, in termini di risoluzione del quadro flogistico e del versamento peritendineo laddove inizialmente presente e di parziale recupero della ecostruttura fibrillare fisiologica del tendine. Conclusioni I processi patologici a carico delle strutture tendinee rappresentano entità nosologiche dolorose tutt’oggi potenzialmente disabilitanti, con un rischio di recidiva molto alto e necessitanti in un’elevata percentuale di casi di un approccio terapeutico multidisciplinare, basato su presidi terapeutici differenti ma sinergici. In quest’ottica i risultati ottenuti in questo studio risultano incoraggianti, benché esistano anche altri approcci terapeutici riportati in letteratura utili in pazienti affetti da tendinopatia achillea e siano necessari ulteriori studi con casistica più ampia e comprendenti un gruppo di controllo per valutare l’efficacia del protocollo terapeutico proposto. Bibliografia - V Santilli, M. Bronzato, S. Floridia, A. Di Cesare: “Linee guida ed evidenze scientifiche nella riabilitazione delle tendinopatie”; Capitolo 18 libro “Linee Guida ed Evidenze Scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa” vol. 1, a cura di Valter Santilli, edito a stampa nell’Ottobre 2017. - Giuseppe Filardo, Elizaveta Kon, Berardo Di Matteo, Alessandro Di Martino, Giulia Tesei, Patrizia Pelotti, Annarita Cenacchi, e Maurilio Marcacci: “Platelet-rich plasma injections for the treatment of refractory Achilles tendinopathy: results at 4 years” Blood Transfus. 2014 Oct; 12(4): 533–540. Prepublished online 2014 Jun 19. doi: 10.2450/2014.0289-13 PMCID: PMC4212034 PMID: 24960641 - Allahverdi A, Sharifi D, Takhtfooladi MA, Hesaraki S, Khansari M, Dorbeh SS: “Evaluation of low-level laser therapy, platelet-rich plasma, and their combination on the healing of Achilles tendon in rabbits.” Lasers Med Sci. 2015 May;30(4):1305-13. doi: 10.1007/s10103-015-1733-6. Epub 2015 Mar 11.
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Infiltrazioni intra-articolari con PRP in pazienti affetti da gonartrosi in stadio II e III secondo Kellgren-Lawrence: nostra esperienza clinica
Infiltrazioni intra-articolari con PRP in pazienti affetti da gonartrosi in stadio II e III secondo Kellgren-Lawrence: nostra esperienza clinica G. Mangone, G. Lucchesi, A. Pinna, L. Cantini, G. Falcone, P. Pasquetti. Introduzione La gonartrosi primaria costituisce la variante topografica più frequente dell’osteoartrosi primaria e rappresenta una delle principali cause di disabilità nella popolazione in età senile, determinando dolore e limitazioni funzionali progressivamente ingravescenti con difficoltà nelle attività sociali, relazionali e quotidiane. Il trattamento della gonartrosi include un ampio spettro di approcci terapeutici in funzione di numerosi fattori, tra cui il quadro clinico, le comorbidità e lo stadio della patologia valutato sulla base delle indagini radiologiche. Negli ultimi anni numerosi studi e ricerche sono stati condotti sul ruolo dei fattori di crescita e delle cellule staminali nella condrogenesi e nel trattamento della patologia degenerativa articolare. Alla luce dei potenziali effetti del Plasma Ricco di Pistrine (Platelet Rich Plasma o PRP) sui processi di riparazione tissutale e sulla modulazione dei processi infiammatori, il trattamento infiltrativo intra-articolare con PRP è stato sperimentato negli ultimi anni in pazienti affetti da gonartrosi sintomatica di grado lieve-moderato con risultati eterogenei. Lo scopo del nostro studio osservazionale, portato avanti sin dall’Ottobre 2008 presso la SOD Riabilitazione del CTO di Firenze (Direttore Dott. Pietro Pasquetti), è quello di valutare e quantificare gli effetti a breve e medio termine sulla qualità della vita e sul dolore di un ciclo di 3 infiltrazioni inta-articolari di ginocchio con PRP in pazienti affetti da gonartrosi primaria sintomatica in stadio II e III di Kellgren-Lawrence. Materiali e Metodi Nel presente studio sono stati reclutati 124 pazienti affetti da gonartrosi primaria sintomatica in stadio II e III secondo Kellgren-Lawrence. Tutti i pazienti al momento dell’arruolamento lamentavano gonalgia da più di 4 – 6 mesi ed erano stati precedentemente sottoposti ad altre terapie (infiltrazioni con corticosteroidi e/o acido ialuronico, terapie fisiche ed esercizio terapeutico) con scarsi risultati. Sono stati applicati specifici criteri di inclusione e di esclusione per lo studio. Ai pazienti sono state somministrate la scala algofunzionale WOMAC, la VAS a riposo e la VAS al movimento. I pazienti sono stati sottoposti, previa valutazione ematologica e firma dello specifico consenso informato, ad un ciclo di 3 infiltrazioni intrarticolari di PRP autologo, 1 ogni 21 giorni, utilizzando 2-2,5 cc di PRP con concentrazione piastrinica 3-5 volte superiore a quella del sangue (1 milione circa di PLT). Ai pazienti veniva proibito l’assunzione di FANS e ASA nei 5 giorni precedenti e successivi all’iniezione, in maniera da non pregiudicare l’attivazione piastrinica; in caso di dolore era concesso l’uso di paracetamolo 1000 mg e la crioterapia locoregionale. I pazienti sono stati successivamente ricontattati telefonicamente per la somministrazione delle medesime scale di valutazione a 1, 3, 6 mesi e a 1 anno dall’ultima infiltrazione. Risultati I risultati sono stati analizzati statisticamente mediante il test T Student. I pazienti hanno mostrato un miglioramento clinico statisticamente significativo sia per quanto riguarda il dolore a riposo e col movimento valutato con la VAS (p<0,005), sia per quanto riguarda i valori medi della scala algo-funzionale WOMAC (p<0,005). Il valore medio della VAS a riposo (range 0-10) a T0 era 3,12 (estremi 0-6), a T1 diminuiva a 1,11 (estremi 0-6), il valore a T2 era 0,7 (estremi 0-4), a T3 risultava 0,96 (estremi 0-5) e a un anno - T4 - raggiungeva lo 0,15 (estremi 0-3). Il valore della VAS al movimento (range 0-10) a T0 era 6,1 (estremi 4-10), a T1 3,39 (estremi 0-10), il valore a T2 era 2,83 (estremi 0-6), a T3 2,34 (estremi 0-6) e a un anno - T4 - risultava 2,39 (estremi 0-6). Il valore medio della WOMAC (range 0-96) a T0 era 28,4 (estremi 3-61). Dopo un mese dalla fine del trattamento (T1) il valore medio era 10,97 (estremi 0-48), a tre mesi (T2) raggiungeva 10,11 (estremi 0-38), a 6 mesi (T3) dall’ultima iniezione 10,40 (estremi 0-39), e a distanza di un anno (T4) risultava 8,7 (estremi 0-27). Conclusioni I pazienti sottoposti al trattamento oggetto di studio hanno mostrato risultati clinici incoraggianti sino ad un anno di distanza dall’ultima infiltrazione. Le iniezioni intra-articolari di PRP si sono dunque rivelate un valido approccio terapeutico per il controllo del dolore e per il miglioramento della rigidità e della funzione articolare in pazienti affetti da gonartrosi negli stadi iniziali, ma devono essere considerate una strategia terapeutica di seconda linea a causa dell'elevato costo e della complessità della procedura. Sono inoltre necessari studi prospettici randomizzati a medio-lungo termine per chiarire se l’uso di fattori di crescita piastrinici possa rappresentare un approccio terapeutico utile anche in termini di riparazione tissutale della cartilagine articolare in una prospettiva di medicina rigenerativa. Bibliografia - Antonio Marmotti, Roberto Rossi, Filippo Castoldi, Eliana Roveda, Gianni Michielon, e Giuseppe M. Peretti: “PRP and Articular Cartilage: A Clinical Update”; Biomed Res Int. 2015; 2015: 542502. Published online 2015 May 5. doi: 10.1155/2015/542502; PMCID: PMC4436454; PMID: 26075244. - Masters M. Richards, Joshua Shane Maxwell, Lihui Weng, Mathew G. Angelos, Jafar Golzarian: “Intra-articular Treatment of Knee Osteoarthritis: from Anti-inflammatories to Products of Regenerative Medicine” Phys Sportsmed. 2016 May; 44(2): 101–108. Published online 2016 Apr 4. doi: 10.1080/00913847.2016.1168272; PMCID: PMC4932822; NIHMSID: NIHMS794133PMID: 26985986 - Mandeep S. Dhillon, Sandeep Patel, Tungish Bansal: “Improvising PRP for use in osteoarthritis knee- upcoming trends and futuristic view” Clin Orthop Trauma. 2019 Jan-Feb; 10(1): 32–35. Published online 2018 Oct 16. doi: 10.1016/j.jcot.2018.10.005; PMCID: PMC6349634; PMID: 30705528.
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Risultati del trattamento mesoterapico con diclofenac della rachialgia cronica persistente
Trattamento del dolore cronico persistente al rachide con mesoterapia con dicofenac in pazienti con spondilartrosi. Gianpaolo RONCONI 1 *, Giorgio FERRIERO 2, Cristina NIGITO 1, Calogero FOTI 3, Giulio MACCAURO 4, Paola Emilia FERRARA 1 Introduzione Il dolore spinale cronico è presente nel 25% – 60% dei pazienti ed è persistente dopo un anno dall’episodio iniziale. Il dolore alla colonna vertebrale è associato a un significativo impatto economico, sociale e sulla salute. La mesoterapia è efficace per il trattamento del dolore focale con la somministrazione intradermica locale di farmaci. Lo scopo di questo studio osservazionale retrospettivo è di misurare l’effetto della mesoterapia con diclofenac versus lisina acetilsalicilato nel ridurre il dolore di pazienti con rachialgia cronica persistente in spondiloartrosi Materiali e Metodi I dati sono stati estratti dalle cartelle cliniche dei pazienti affetti da dolore al rachide persistente, trattati con 5 sedute di mesoterapia con un cocktail di diclofenac (gruppo A) o di lisina acetilsalicilato (gruppo B). Le valutazioni sono state effettuare all’inizio del trattamento (T0), al termine del trattamento di 5 settimane (T1) e a 4 (T2) e 12 settimane (T3) di follow-up dopo l’ultima seduta, utilizzando una scala visuo analogica (VAS) del dolore e il questionario McGill (SF-MPQ) Risultati Sono stati analizzati 100 cartelle cliniche di pazienti consecutivi, 49 nel gruppo A (età media e deviazione standard (SD) = 64,1 ± 13,1, F / M = 39/10) e 51 nel gruppo B (età media ± SD = 64, 1 ± 15,8; F / M = 39/12). A T0, i punteggi di VAS e SF-MPQ erano rispettivamente di 7,47 ± 1,2, 16,7 ± 6,51 (media e DS) nel gruppo A; I punteggi VAS, SF-MPQ erano rispettivamente di 7,20 ± 1,64, 19,9 ± 10,5 (media e DS) nel gruppo B. Il gruppo A mostrava una significativa riduzione del dolore dopo mesoterapia con diclofenac, rispetto al gruppo B a ogni timing e fino a 12 settimane dal trattamento. Conclusioni In questo studio retrospettivo, la mesoterapia con diclofenac ha determinato una significativa riduzione della gravità del dolore nei pazienti con rachialgia cronica persistente rispetto a quelli trattati con lisina acetilsalicilato. Ulteriori studi saranno utili per chiarire l’efficacia del trattamento e gli effetti a lungo termine. Bibliografia 1. Manchikanti L1, Singh V, Datta S, Cohen SP, Hirsch JA. Comprehensive review of epidemiology, scope, and impact of spinal pain Pain Physician. 2009 Jul-Aug;12(4):E35 2. Ferrara PE, Nigito C, Maccauro G, Ferriero G, Foti C, Ronconi G. Efficacy of diclofenac mesotherapy for the treatment of chronic neck pain in spondylartrosis Minerva Med. 2018 Nov 27. 3. Ferrara PE, Ronconi G, Viscito R, Maggi L, Bertolini C, Ljoka C, et al. [Short-term and medium-term efficacy of mesotherapy in patients with lower back pain due to spondyloarthrosis] [Italian]. Ig Sanita Pubbl 2017;73:373-9.
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Effetti della Riabilitazione integrata nei reparti di Oncologia Pediatrica e Neurochirurgia Infantile: risultati preliminari di uno studio osservazionale retrospettivo
Effetti della Riabilitazione integrata nei reparti di Oncologia Pediatrica e Neurochirurgia Infantile: risultati preliminari di uno studio osservazionale retrospettivo. Paola Emilia Ferrara, Livia Miotti, , Aurora Maria Raitano, Cristina Nigito, Loredana Maggi, Gianpaolo Ronconi Introduzione La presa in carico del bambino con patologia oncologica e neurochirurgia risulta essere particolarmente difficile per le caratteristiche peculiari del paziente in età evolutiva, per l’eterogeneità della patologia tumorale, per le componenti fisiche, relazionali, psicologiche ed affettive che derivano dalla malattia di base e dalle conseguenze dei protocolli di trattamento. Il danno può avere gravi ripercussioni sul normale processo di sviluppo psico-fisico del bambino e di conseguenza la disabilità può essere maggiore rispetto all’adulto. La precocità e la continuità dell’intervento riabilitativo del bambino, affetto da neoplasia è fondamentale per promuovere la condizione di salute e facilitare i processi spontanei di apprendimento e di recupero lesionale. L’analisi della letteratura mostra la presenza di studi eterogenei sui diversi aspetti della riabilitazione del bambino affetto da patologia oncologica e neurochirurgica con risultati spesso differenti rispetto all’adulto. L’obiettivo di questo studio è di valutare l’efficacia della riabilitazione e della presa in carico precoce di bambini affetti da patologia oncologica e neurochirurgica nei reparti di degenza per acuti con scale di misura validate Materiali e Metodi Sono state valutate, previo consenso informato, le cartelle riabilitative dei bambini affetti da patologia oncologica che hanno partecipato a programmi di riabilitazione durante la degenza nei reparti di Oncologia Pediatrica e Neurochirurgia Infantile della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS da febbraio 2018 ad ottobre 2018 e valutati all’inizio della riabilitazione (T0) e alla dimissione dal reparto (T1) con le seguenti scale: Gross Motor Function Classification System(GMFCS), Scala Besta, Glasgow Coma Scale Silverman/Anderson Scale, Motricity Index, Trunk Control Test, Scala Visuo-analogica del dolore(VAS) , American Spinal Injurt Association(Asia), Scala Ashworth, Wee Fim Risultati I bambini trattati sono stati 22, 14 maschi e 8 femmine con età media di 10 anni (DS 2.34), affetti dalle seguenti patologie: 11 tumori del SNC, 3 tumore osseo, 1 leucemia, 7 altre neoplasie associate a patologie sindromiche. La durata del trattamento riabilitativo nei reparti di degenza è stata di 16,05 giorni a fronte del periodo totale del ricovero pari a 52,05 giorni in media. Si evidenziano significativi miglioramenti alla dimissione nelle scale GMFC ( p level 0.07) Wee Fim ( p level 0.03), Motricity index per l’arto superiore ( p level 0.07) Trunk control (p level 0.00), VAS (p level 0,05) Conclusioni I risultati preliminari di questo studio sono incoraggianti; evidenziano l’efficacia di un programma riabilitativo precoce sulla riduzione del dolore, sul miglioramento dell’autonomia nelle ADL, della motricità, prevalentemente degli arti superiori, e del controllo del tronco nel bambino ricoverato in reparti di oncologia pediatrica e neurochirurgia infantile, con una buona compliance dei familiari e una ottima integrazione della riabilitazione nel contesto delle complesse attività del reparto. Bibliografia 1. “La riabilitazione in oncologia, la presa in carico multidisciplinare e i percorsi diagnostico-terapeutici dei pazienti affetti da tumore” a cura di Maria Pia Schieroni; 2017 Palisano R, Rosenbaum P, Walter S, et al. 2. Bourg V, Descotes A, Pagnier A, Griffet J, Plantaz D Pediatric rehabilitation and pediatric oncology: A winner association: The experience of Grenoble pediatric hospital Ann Phys Rehabil Med. 2016 Sep;59S:e169-e170
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ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA INTEGRATA IN UNITA’ SPINALE : UN PERCORSO VIRTUOSO
ATTIVITÀ MOTORIA E SPORTIVA INTEGRATA IN UNITA’ SPINALE : UN PERCORSO VIRTUOSO INTRODUZIONE: L’attività sportiva eseguita durante il ricovero è un utile strumento di rieducazione che favorisce l’attività motoria e l’autonomia del soggetto con lesione midollare e dopo la dimissione, l’integrazione sociale ed il miglioramento della qualità di vita, grazie all’integrazione della sport-terapia con la fisioterapia e terapia occupazionale nel progetto riabilitativo globale. Scopo dello studio è stato di valutare i benefici derivanti dall’integrazione dell’attività sportiva durante il ricovero e i benefici e/o limiti riferiti dai pazienti sull’attività sportiva e motoria dopo la dimissione. MATERIALI E METODI: Nel periodo tra gennaio 2013 e dicembre 2018 sono stati arruolati 20 soggetti, di sesso maschile, con livello di lesione midollare dorso-lombo-sacrale e di grado variabile (range AIS A-D) , di età tra i 18 ed i 55 anni. 10 soggetti hanno integrato l’attività motoria e/o sportiva alla riabilitazione nel progetto riabilitativo presso l’unità spinale, (gruppo A), gli altri 10 non hanno svolto alcuna attività motoria/sportiva, (gruppo B). La Qualità di Vita (QoL) è stata valutata in tutti i pazienti mediante la somministrazione della scala SF 36 ed inoltre abbiamo realizzato un questionario con items finalizzati alla raccolta di informazioni riguardanti difficoltà e benefici che i pazienti riportano da tali attività o dalla sedentarietà. RISULTATI: 20 pazienti sono stati inclusi nello studio. Durante il ricovero 10 soggetti hanno effettuato solo il programma riabilitativo perché o non interessati o addirittura hanno posto rifiuto a qualunque forma di attività sportiva. Mentre 10 hanno svolto il programma riabilitativo comprensivo delle attività sportive. I pazienti che avevano eseguito la formazione all’attività sportiva (piscina, tennis, etc.) hanno continuato a praticarla dopo la dimissione grazie al servizio di life bridge ospedale-territorio, altri hanno cominciato una attività sportiva agonistica dopo la dimissione. Tutti i pazienti che svolgevano regolare attività hanno riferito benefici psicologici e fisici. I dati raccolti hanno evidenziato una differenza statisticamente significativa (p< 0,05) in termini di score della scala SF-36 fra i gruppi “A” e “B”. Le uniche criticità riscontrate riguardano il reinserimento territoriale, in alcune aree regionali ed extraregionali, in particolare l'accessibilità alle strutture e l'assenza di personale qualificato nella gestione della disabilità. CONCUSIONI: Il nostro studio conferma quanto riportato in letteratura e noto sin dalle raccomandazioni di Guttmann nel secolo scorso . Invece abbiamo, seppur attestato i benefici dell’attività sportiva, evidenziato le problematiche territoriali per un continuum sostenibile delle attività sportive tra ospedale e territorio. Un ultimo riscontro riportato dai nostri pazienti è il costo a volte elevato di ausili per lo sport (es. carrozzina superleggera). Pertanto possiamo concludere che l'attività sportiva svolta all'interno del percorso riabilitativo rende consapevoli i pazienti dei benefici fisici e psicologici ed incentiva al mantenimento di una regolare pratica sportiva ed attività fisica dopo le dimissioni. I maggiori limiti evidenziati per tale pratica derivano dall'inadeguatezza sul territorio sia dell'impiantistica sportiva che della preparazione formativa dei tecnici. Per tale motivo la stretta collaborazione attivata recentemente con i servizi territorio dovrebbero in breve coprire questo gap organizzativo.
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Trattamento eco-guidato di una borsite calcifica del legamento collaterale mediale?
Poster “Trattamento eco-guidato di una borsite calcifica del legamento collaterale mediale” (Lisa Galletti, Vincenzo Ricci, Ernesto Andreoli, Stefano Galletti) Riferimento: 31 Introduzione Il dolore localizzato alla regione mediale del ginocchio è di frequente riscontro nella pratica clinica e può essere causato da diverse condizioni patologiche, in rari casi anche da una borsite calcifica del legamento collaterale mediale (LCM) [1]. Il trattamento di una borsite calcifica o di una calcificazione del LCM prevede classicamente il monitoraggio clinico, le infiltrazioni locali, la terapia con onde d’urto e, in caso di fallimento degli approcci conservativo e mini-invasivo, la rimozione chirurgica [2]. Il lavaggio percutaneo eco-guidato è attualmente un trattamento comune per diverse patologie dell’apparato muscolo-scheletrico, come la tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori [3], mentre per quanto riguarda il ginocchio, in letteratura sono riportati pochi casi di trattamento di una borsite calcifica del LCM [4]. Materiali e Metodi Riportiamo il caso di un paziente di 65 anni, visitato per dolore mediale e rigidità al ginocchio sinistro, atraumatico e scarsamente responsivo alla terapia antiinfiammatoria steroidea. La valutazione ecografica rivelava la presenza di una voluminosa formazione iperecogena polilobata con parziale cono d’ombra posteriore nel contesto del LCM, compatibile con una borsite calcifica intra-ligamentosa (Fig. 2A); le scansioni di risonanza magnetica nucleare (RMN) confermavano la presenza del deposito endo-bursale circondato da segnale iperintenso compatibile con edema peri-calcifico (Fig. 2B, C). È stato quindi eseguito un lavaggio percutaneo eco-guidato con tecnica a doppio ago, con una prima fase di anestesia loco-regionale, una seconda fase di posizionamento degli aghi di lavaggio (due di 40 mm e 18 G, inseriti sotto guida ecografica all’interno del deposito calcifico) ed un’ultima fase di lavaggio (soluzione salina infusa sotto pressione attraverso una siringa da 60 cc ed aspirata da una seconda siringa delle stesse dimensioni). L’utilizzo di tubi di collegamento agli aghi in materiale sterile ha permesso di creare un circuito chiuso, senza comunicazione con l’ambiente esterno, per garantire la completa sterilità della procedura (Fig. 3B, C). La procedura si è conclusa quando la soluzione salina è risultata pulita e senza frammenti calcici, con una durata totale di circa 30 minuti. Risultati Dopo la procedura il paziente riportava un’immediata riduzione del dolore al ginocchio (NRS-dolore pre-procedura 8/10, post-procedura 2/10), ulteriormente ridotto al follow-up clinico eseguito quattro settimane dopo (NRS-dolore 0/10). La valutazione ecografica eseguita durante la procedura di lavaggio rivelava una consistente riduzione delle dimensioni della calcificazione e una sostanziale modifica dell’ecostruttura con scomparsa del parziale cono d’ombra posteriore precedentemente descritto (Fig. 2D). Discussione La tendinopatia calcifica è una condizione solitamente auto-limitante e viene quindi trattata conservativamente. Per i casi in cui il trattamento conservativo fallisce, possono essere utilizzate opzioni terapeutiche mini-invasive, come il lavaggio percutaneo eco-guidato. La letteratura riporta che il lavaggio percutaneo eco-guidato è una tecnica superiore rispetto alle iniezioni di steroidi nella tendinopatia calcifica della cuffia dei rotatori [5] ed è sempre indicata nella fase acuta della patologia con calcificazioni di consistenza molle. Il trattamento percutaneo non è invece indicato quando i pazienti sono poco sintomatici o la calcificazione è inferiore a 5 mm e di consistenza dura [6, 7]. Nella letteratura recente sono state descritte diverse tecniche e tutte includono l’uso di un liquido (anestetico locale o soluzione salina) per dissolvere i depositi di calcio e l’utilizzo di uno o due aghi per iniettare e recuperare il liquido di lavaggio. Evidenze recenti hanno mostrato che un approccio a doppio ago potrebbe essere più appropriato per trattare depositi calcifici più duri (in fase di stato) perché consente di frammentarli, mentre un ago solo può essere più utile nel trattamento di calcificazioni molli [8]. I principali vantaggi del lavaggio percutaneo eco-guidato sono che la procedura non richiede il ricovero, viene eseguita in anestesia locale, il paziente può tornare al lavoro in tempi brevi e non è necessaria l’immobilizzazione post-trattamento [9, 10]. Nel nostro caso il paziente necessitava di dosi significative di farmaci analgesici e antinfiammatori, peraltro con scarsi risultati sul controllo del dolore. Alla valutazione ecografica e alla RMN identificavamo una formazione compatibile con una borsite calcifica. Abbiamo quindi deciso di eseguire un lavaggio percutaneo eco-guidato utilizzando una tecnica a doppio ago per due ragioni principali. Prima di tutto per le caratteristiche morfologiche della calcificazione (grandi dimensioni e struttura polilobata) che avrebbero comportato un alto rischio di ostruzione di un singolo ago durante la procedura e la possibilità di una rimozione solo parziale della calcificazione, composta da multiple cavità. In secondo luogo, dal punto di vista tecnico, la simultanea aspirazione-infusione effettuata con due aghi garantisce un controllo della pressione endo-bursale non ottenibile con una modalità ad ago singolo. Questo ci ha permesso di mantenere bassa la pressione intra-bursale e di minimizzare il dolore avvertito dal paziente (Fig. 4). Conclusioni Di fronte ad un dolore intenso localizzato alla regione mediale del ginocchio, atraumatico e scarsamente responsivo ai comuni analgesici ed anti-infiammatori, è opportuno considerare la possibilità di trovarsi di fronte ad una borsite calcifica o ad una calcificazione del LCM. Nel nostro caso il lavaggio percutaneo eco-guidato di una voluminosa borsite calcifica del LCM si è rivelato essere un trattamento efficace, minimamente invasivo, a basso costo, di rapida esecuzione e gravato da minori complicanze rispetto al trattamento chirurgico. Bibliografia 1. Siddiq MAB, Jahan I (2017). Medial collateral ligament calcification: a rare knee pain entity with literature review. Acta Radiol Open 6 (11). 2. Themistoklis V, Filon A et al. (2016). Massive non-traumatic calcification of the medial collateral ligament of the knee. BMJ Case Rep doi:10.1136/bcr-2016-217743. 3. Galletti S, Magnani M, Rotini R et al. (2004). The echo-guided treatment of calcific tendinitis of the shoulder. Chir Organi Mov 89 (4): 319-23. 4. Del Castillo-González F, Ramos-Álvarez JJ et al. (2016). Ultrasound-guided percutaneous lavage of calcific bursitis of the medial collateral ligament of the knee: a case report and review of the literature. Skeletal Radiol 45: 1419–1423. 5. Witte PB, Selten JW, Navas A et al. (2013). Calcific tendinitis of the rotator cuff: a randomized controlled trial of ultrasound-guided needling and lavage versus subacromial corticosteroids. Am J Sports Med 41 (7): 1665-73. 6. Serafini G, Sconfienza M, Lacelli F et al. (2009). Rotator cuff calcific tendonitis: short-term and 10-year outcomes after two needle US-guided percutaneous treatment — non randomized controlled trial. Radiology 252 (1): 157–164. 7. Sconfienza LM, Albano D, Messina C et al. (2018). How, When, Why in Magnetic Resonance Arthrography: an International Survey by the European Society of Musculoskeletal Radiology (ESSR). Eur Radiol 28 (6): 2356-2368. 8. Orlandi D, Mauri G, Lacelli F et al. (2017). Rotator Cuff Calcific Tendinopathy: Randomized Comparison of US-guided Percutaneous Treatments by Using One or Two Needles. Radiology 285: 518-527. 9. Draghi F, Robotti G, Jacob D et al. (2010). Interventional musculoskeletal ultrasonography: precautions and contraindications J Ultrasound 13 (3): 126–133. 10. Cocco G, Draghi F, Schiavone C. Ultrasonographic diagnosis and percutaneous treatment of insertional calcific tendinopathy of iliotibial band: case report. Euro Rad DOI: 10.1594/EURORAD/CASE.15881 ISSN: 1563-4086.
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Case report su una paziente affetta da Sindrome di Ehlers-Danlos
CASE REPORT SU UNA PAZIENTE AFFETTA DA SINDROME DI EHLERS-DANLOS Valter Brunella, Paola Campitelli – Fondazione Don Carlo Gnocchi Centro E. Bignamini Falconara INTRODUZIONE La sindrome di Ehlers-Danlos (SED) è una malattia rara ereditaria del tessuto connettivo, costituita da un eterogeneo gruppo di varianti, caratterizzata da un difetto nella produzione di collagene. Scopo di questo lavoro è definire gli interventi multiprofessionali e multidisciplinari nella presa in carico globale riabilitativa di una paziente LS, 62 anni, affetta da SED, variante ipermobile, diagnosticata nel 2013 in base ai criteri di Beighton, Brighton e Villefranche. Il quadro clinico è caratterizzato da manifestazioni multiorgano con particolare espressione a livello muscoloscheletrico, gastroenterologico ed urogenitale, che comportano ripercussioni negative su funzione, attività e partecipazione. Gli ambiti di intervento sono rappresentati da: – estrema astenia ed esauribilità; – dolore diffuso ed ipostenia durante la deambulazione; – scarso trofismo muscolare; – prolasso dei visceri pelvici vescicale, uterino e rettale da ipotonia della muscolatura del piano pelvi perineale; – problematiche gastrointestinali con transito rallentato (dolore, stipsi, meteorismo); – esiti interventi chirurgici per stabilizzazione della rotula (lussazioni ed instabilità articolare evidente). MATERIALI E METODI La paziente è stata sottoposta ad un protocollo di valutazione clinico-funzionale atto ad esplorare i diversi deficit in accordo con i domini ICF, in un’ottica multidisciplinare. Stesura del piano riabilitativo individuale: prevede la presa in carico globale multiprofessionale del paziente con SED e permette di individuare programmi riabilitativi idonei mirati allo specifico patologico ma che valutino globalmente le funzioni e le autonomie della paziente: 1. trattamento motorio a secco finalizzato all’incremento della stenia degli arti superiori ed inferiori e dei muscoli paravertebrali cervicodorsolombari; 2. rieducazione motoria in acqua finalizzata al controllo del dolore e al rafforzamento muscolare; 3. rieducazione del pavimento pelvico per controllare l’incontinenza urinaria, la stipsi, il dolore pelvi-perineale e la disfunzione della statica pelvica; 4. uso di ortesi (plantari a supporto della volta) e ausili (carrello deambulatore per lunghi tragitti); 5. colloqui psicologici di sostegno per implicazioni intrapsichiche ed interpersonali dovute alla patologia, compresa la sintomatologia ansioso-depressiva. ICF: Funzioni Corporee: Funzioni mentali (b126; b130; b152; b180), Dolore (b280; b289), Funzioni di tolleranza all’esercizio fisico (d455), Funzioni neuro-muscoloscheletriche e correlate al movimento (b710; b715; b730; b740; b770), Funzioni dell’apparato digerente (b525), Funzioni genitourinarie (b620); Attività e Partecipazione: Mobilità (d410; d420; d430; d449; d450; d455), Lavoro (d8502), Vita sociale (d920), Interazioni e relazioni interpersonali (d7601; d7701), Vita domestica (d6200; d640; d650), Cura della persona (d510; d530; d440). Scale di Funzione: ROM, WT6M; VAS per il dolore ed incontinenza urinaria; PC test; MESA; Criteri di Roma. Scale di Attività e Partecipazione: IIQ; P-QOL; FIM; SF-36. RISULTATI. Mantenimento della forza muscolare(F3), riduzione dell’incontinenza urinaria (PC test da 0 a 2/5), miglioramento dell’attività defecatoria (criteri di Roma) e controllo del dolore pelviperineale, miglioramento dei pattern deambulatori (FIM da 111 a 113/126). Il supporto psicologico durante il setting riabilitativo fornisce sostegno per affrontare le limitazioni imposte dalla malattia nell’ambito sociale, familiare e lavorativo e per riuscire a rielaborare un’immagine di sé più integra e a raggiungere un migliore adattamento al proprio stile di vita. CONCLUSIONI Il lavoro riabilitativo ripetuto negli anni sui sintomi fisici e psichici ha permesso di mantenere e migliorare in alcuni aspetti la qualità di vita della paziente. BIBLIOGRAFIA J Clin Gastroenterol 2019 Jan 21: Prevalence of Functional GI Diseases and Pelvic Floor Symptoms in Marfan Syndrome and EDS: National Cohort Study. Nee J, et all; Am J Med Gen et C Semin Med Genet 2017 Mar: Psychiatric and psychological aspects in the EDS. Bulbena A. M. et all; Disabil rehabit 2019 May: Cognitive emotional and behavioral considerations for chronic pain management in the EDS hypermobility-type: a narrative review. Baeza-Velasco et all.
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La gestione multidisciplinare del paziente con ictus: una necessità solo di fase acuta?
La gestione multidisciplinare del paziente con ictus: una necessità solo di fase acuta? Danilo Donati*, Lisa Galletti*, Ernesto Andreoli*°, Mariangela Taricco°, Lisa Berti* *Scuola di specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Università degli studi di Bologna °U.O. di Medicina Fisica e Riabilitazione Azienda Ospedaliera-Universitaria Sant’Orsola Malpighi, Bologna Riferimento: 34 Introduzione E’ ormai noto come la gestione del paziente con ictus debba avvenire in un ambiente dedicato ed attraverso un approccio integrato multidisciplinare, cruciale in fase acuta di malattia per ridurre la mortalità [1]. Ma l’approccio multidisciplinare del paziente colpito da evento cerebrovascolare e più in generale del paziente complesso è una necessità solo di fase acuta? L’ictus cerebrale costituisce la seconda causa di morte e la terza causa di disabilità a livello mondiale. L’ictus ischemico rappresenta la gran parte dei casi (80%) e in quest’ambito il 35% dei casi sono di natura cardioembolica [2]. Le cause di ictus ischemico cardioembolico sono varie, come la fibrillazione atriale, l’infarto miocardico recente, la cardiomiopatia dilatativa e le endocarditi. L’endocardite di Libman-Sacks [3], in particolare, è una condizione rara caratterizzata dalla deposizione di trombi sterili a livello delle valvole cardiache; può associarsi a diverse condizioni autoimmuni e clinicamente si manifesta con i sintomi della embolizzazione periferica. Materiali e Metodi Riportiamo il caso di una paziente di 50 anni, che viene ricoverata per la prima volta nel 2014 per un episodio di trombosi venosa profonda (TVP) a carico dell’arto inferiore destro, complicata da secondaria embolia polmonare. Viene quindi trattata con terapia anticoagulante orale (TAO) fino a maggio 2016, quando per la comparsa di piastrinopenia e successiva diagnosi di aplasia midollare autoimmune, si rendeva necessaria l’interruzione della terapia anticoagulante. Dal Settembre 2016, nell’arco dei successivi due anni, la paziente veniva colpita da ripetuti eventi ischemici cerebrali di origine cardioembolica, con interessamento del lobo frontale di sinistra, del territorio superficiale della arteria cerebrale media (ACM) di destra e dell’emisfero cerebellare sinistro, con disturbo di tipo atassico, afasia non fluente, grave aprassia e deficit delle funzioni esecutive. Dal primo evento cerebrovascolare assumeva terapia antibiotica per il riscontro di vegetazioni endocarditiche, che successivamente venivano classificate come sterili in un quadro di endocardite trombotica marantica di Libman-Sacks, dal momento che la dimensione non si modificava con il trattamento antibiotico e le emocolture risultavano negative. La paziente, ricoverata in un reparto di riabilitazione, è stata valutata da diversi specialisti (ematologo, infettivologo, angiologo e cardiochirurgo) allo scopo di definire la strategia dapprima diagnostica e poi terapeutica preventiva delle recidive ictali. In particolare, è stato creato un team multidisciplinare, coordinato dal medico fisiatra che aveva in carico la paziente, che attraverso lo strumento del meeting multispecialistico ha permesso di effettuare un confronto diretto delle opzioni terapeutiche, portando ad una scelta condivisa e con il miglior rapporto rischio-beneficio per la paziente. Risultati Il team multidisciplinare ha permesso di raggiungere una strategia di trattamento condivisa, che ha consentito alla paziente di evitare l’intervento cardiochirurgico e di gestire in maniera conservativa (con terapia anticoagulante ed immunosoppressiva) le lesioni endocarditiche, verosimile principale causa degli eventi ictali, che nei successivi controlli ecocardiografici sono risultate notevolmente ridotte. La paziente ha iniziato infatti un trattamento anticoagulante con eparina a basso peso molecolare (EBPM) sotto controllo dei colleghi angiologi ed un trattamento immunosoppressivo per la nota aplasia midollare autoimmune con follow-up ematologico. Dal punto di vista ecocardiografico si è assistito a notevole riduzione delle vegetazioni valvolari e ad oggi la paziente non è stata interessata da ulteriori recidive ictali. La paziente è attualmente in terapia anticoagulante con eparina e in terapia immunosoppressiva per l’aplasia midollare autoimmune; viene monitorata sia dai colleghi angiologi che ematologi con controlli ambulatoriali mensili per valutare l’efficacia della terapia, che si è dimostrata essere risolutiva nei confronti delle lesioni endocarditiche. Grazie a questa scelta conservativa è stato possibile proseguire il trattamento, sia neuromotorio che logopedico, con notevole miglioramento funzionale. Conclusioni Questo caso clinico mostra come nel paziente affetto da malattia cerebrovascolare in fase sub-acuta, che spesso è un paziente complesso anche in termini di comorbidità, la gestione multidisciplinare sia uno strumento efficace per raggiungere una soluzione terapeutica condivisa e con il miglior rapporto rischio-beneficio per il paziente. In particolare lo strumento rivelatosi necessario per raggiungere gli obiettivi prefissati è stato il meeting multispecialistico, coordinato dal medico fisiatra, che ha permesso un confronto diretto ed “in tempo reale” delle opzioni terapeutiche. Questo ha consentito alla paziente in questione di evitare i possibili ed elevati rischi legati ad un intervento cardiochirurgico in un quadro clinico già complesso e di proseguire il trattamento riabilitativo neuromotorio e logopedico nel miglior modo possibile con il raggiungimento di ottimi risultati. Bibliografia 1.An assessment of the effectiveness of comprehensive neurorehabilitation in patients after ischemic stroke . Jankowska A, Hadław-Klimaszewska O, Krukowska S, Klimkiewicz P, Limkiewicz RK, Kubsik-Gidlewska A, Janczewska K, Widłak P, Laskowska J, Szlaska N, Nowakowski T, Koszela K, Woldańska-Okońska M. 2.SPREAD–Stroke Prevention and Educational Awareness Diffusion Ictus cerebrale: Linee guida italiane di prevenzione e trattamento 3.Libman-Sacks endocarditis and embolic cerebrovascular disease. Roldan CA1, Sibbitt WL Jr, Qualls CR, Jung RE, Greene ER, Gasparovic CM, Hayek RA, Charlton GA, Crookston K.10
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Monitoraggio dei cambiamenti quantitativi e funzionali dell’arto inferiore tramite analisi bioimpedenziometrica vettoriale(BIVA) in pazienti artrosici operati per sostituzione totale protesica di anca
MONITORAGGIO DEI CAMBIAMENTI QUANTITATIVI E FUNZIONALI DELL’ARTO INFERIORE TRAMITE ANALISI VETTORIALE DI BIOIMPEDENZA IN PAZIENTI ARTROSICI OPERATI PER SOSTITUZIONE TOTALE PROTESICA DI ANCA Dr. Andrea GIORGI1, Dr. Nicola LORENZETTI1 1 Unità Operativa Complessa Recupero e Rieducazione Funzionale Azienda USL Toscana Sud Est – Area Senese Contatti: andreagiorgi4@gmail.com Introduzione E’ noto che circa la metà dei pazienti presenti nei reparti di riabilitazione è a rischio di sarcopenia, quindi è fondamentale valutare e monitorare la composizione strutturale dell’arto operato per evitare una ulteriore riduzione della componente muscolare, fattore necessario per un positivo outcome funzionale riabilitativo (Wall et a 2014). L’analisi bioimpedenziometrica della composizione corporea è una metodica non invasiva che predice lo stato dei compartimenti corporei, assumendo che l’idratazione corporea sia costante. Tuttavia, i pazienti ricoverati per esiti di intervento chirurgico di sostituzione protesica di anca possono avere uno stato di idratazione alterato (edema post intervento chirurgico, linfedema, ipoidratazione), quindi la predizione della composizione corporea può essere non corretta. Questo problema può essere superato impiegando una tecnica di analisi vettoriale della bioimpedenza (BIVA) che permette di classificare qualitativamente le alterazioni di composizione corpora grazie all’uso di normogrammi. Questa metodica permette una analisi senza i limiti potenziali delle equazioni predittive di stima dei compartimenti corporei sfruttando le variazioni del vettore di impedenza (Lukaski, 2013). L’obbiettivo di questa indagine è monitorare la componente strutturale degli arti inferiori con BIVA nei pazienti ricoverati nel reparto di riabilitazione (ex art. 26) in seguito ad intervento di sostituzione protesica di anca per coxoartrosi. Materiali e Metodi 8 persone (età: 67,1±10 anni; 50% uomini e 50% donne) operate per sostituzione di protesi totale di anca per coxoartrosi ricoverate presso il reparto ex art. 26 in regime residenziale di riabilitazione intensiva (giorni di degenza: 12,2±1,7) dove svolgevano programmi riabilitativi (6 giorni a settimana per 3 ore al giorno). L’arto controlaterale a quello operato è stato utilizzato come elemento di controllo. La valutazione antropometrica dei soggetti comprendeva peso (kg), altezza (m), circonferenza coscia (cm) e polpaccio (cm) di entrambi gli arti inferiori, mentre l’analisi dei parametri bioelettrici degli arti è stato eseguito con un misuratore di bioimpedenza vettoriale ad alta sensibilità (BIA-101 Anniversary AKERN srl , Italy) in configurazione segmentale. Sono stati registrati i parametri di resistenza elettrica specifica Rz/h (ohm/m), reattanza specifica Xc/h (ohm/m) e il loro rapporto angolo di fase PA (°). La valutazione funzionale è stata eseguita mediante applicazione dei test: Short Physical Performance Battery (SPPB), Scala di Barthel, Functional Ambulation Categories (FAC). Le valutazioni della composizione strutturale corporea e funzionali sono state svolte all’inizio (T1) e alla conclusione (T2) del trattamento riabilitativo intensivo la mattina a digiuno e a 12 ore di distanza dall’assunzione dei farmaci. Non sono state riscontrate variazioni significative dei parametri antropometrici inter arti (sano Vs operato) e nei due diversi periodi di valutazione (T1 Vs T2). Inizialmente è presente una differenza tra PA arto inferiore che non varia a fine trattamento riabilitativo intensivo (tab 1). Al termine del trattamento riabilitativo intensivo sono aumentati i punteggi delle scale di valutazione funzionale (tab2). I vettori di impedenza elettrica dell’arto inferiore operato e sano non presentano inizialmente differenze significative (Fig.1) così come al termine del trattamento riabilitativo (Fig. 2). Inoltre, sono assenti variazioni significative nell’arto sano (Fig.3) e in quello operato al termine del trattamento (Fig.4). Conclusioni Questo studio osservazionale originale è il primo che ricerca le variazioni di composizione corporea utilizzando la BIVA in pazienti ricoverati in reparto di riabilitazione intensiva ex art. 26 per esiti di intervento di sostituzione protesica di anca per coxoartosi. La lunghezza del vettore di impedenza è inversamente correlata alla quantità di fluidi, mentre l’angolo di fase (PA) è un indicatore della distribuzione intra-extracellulare dei fluidi (Lukaski 2013). I nostri pazienti presentavano inizialmente il PA dell’arto operato minore rispetto all’arto sano con un vettore di impedenza non significativamente differente e che non variava durante il trattamento riabilitativo. Da queste risposte bioelettriche tissutali, possiamo ipotizzare una riduzione di fluidi intracellulari a favore del compartimento extracellulare, probabilmente causato dal residuo edema tissutale post-intervento e dalla ridotta componente muscolare dell’arto operato. Durante il trattamento riabilitativo intensivo, le caratteristiche bioelettriche derivate dall’analisi bioimpedenziometrica, così come i parametri antropometrici degli arti inferiori non hanno subito variazioni. La riabilitazione intensiva è efficacie nel mantenimento dello stato funzionale durante la degenza, evitando la perdita di muscolo per ipocinesia , così come oggettivato dalle misure bioelettriche e dai test funzionali qui condotti. Bibliografia Wall, Benjamin T., et al. “Substantial skeletal muscle loss occurs during only 5 days of disuse.” Acta physiologica 210.3 (2014): 600-611. Lukaski, H. C. “Evolution of bioimpedance: a circuitous journey from estimation of physiological function to assessment of body composition and a return to clinical research.” European journal of clinical nutrition 67.S1 (2013): S2.
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La Danza nel Recupero Funzionale Della Persona Con Parkison
LA DANZA NEL RECUPERO FUNZIONALE DELLA PERSONA CON MALATTIA DI PARKINSON Marta Graziani, Mauro Zampolini, Anna Rita Braconi, Laura Orazi. Dipartimento di Riabilitazione, USL UMBRIA 2 Foligno – Trevi SCOPO DELLO STUDIO La malattia di Parkinson (PD) è una malattia neurodegenerativa i cui sintomi identificativi sono bradicinesia, tremore, rigidità e instabilità posturale. Studi recenti hanno considerato la Danza terapia come uno degli approcci complementari alla terapia tradizionale e il suo ruolo nella riabilitazione delle malattie neurodegenerative è stato consolidato. Sulla base di questa evidenza, il nostro studio si è concentrato su un metodo riabilitativo che fa uso della musica, associato alla danza, in pazienti con PD lieve-moderata con l’obiettivo di limitare la disabilità e favorire un processo di promozione della salute attraverso un’attività fisica strutturata in pazienti con disabilità cronica secondaria al PD. Questo determina una riduzione dei fattori additivi legati alla scarsa attività psico-fisica e all’isolamento sociale, che aggravano la disabilità di persone con PD. L’obiettivo dello studio è quello di valutare se la danza apporta reali benefici come già in parte descritto in letteratura e contribuire alla gestione della disabilità delle persona affetta da Malattia di Parkinson. MATERIALI E METODI Sono stati arruolati 15 pazienti, 8 maschi e 7 femmine, range età 53 – 78 (età media 65,3 anni). La diagnosi del morbo di Parkinson è stata sviluppata secondo i criteri dettati dall’UPDRS. Per garantire l’adeguatezza della loro inclusione nel progetto e quella del trattamento, i pazienti dovevano soddisfare dei criteri specifici di inclusione ed esclusione. Le persone considerate idonee ad entrare nel programma di Danza Terapia sono state integrate in un gruppo omogeneo di persone con disabilità. Il progetto è durato 9 mesi (6 mesi di Dance Therapy e 3 mesi per la valutazione dei risultati e aspetti organizzativi) ed ha incluso una valutazione a TO prima visita medica (reclutamento del paziente) e T1 6 mesi dopo TO, T2 follow-up dopo 2 mesi di stop. Sono stati utilizzati indicatori di menomazione, attività e partecipazione nonché una misurazione della qualità della vita dei pazienti. I dati sono stati analizzati in base al modello Rasch Politomica e al test non parametrico Wilcoxon. CONCLUSIONI In accordo con recenti studi clinici, i risultati del presente studio (considerando anche i dati ottenuti dal follow up) mostrano chiaramente come l’uso della danza, come attività integrativa, sia in grado di determinare effetti clinici significativi in pazienti con malattia di Parkinson: – Migliora l’integrazione, la socializzazione ed il benessere psicologico. – Diminuisce la sedentarietà. – Maggiore controllo della disabilità.
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Trattamento conservativo della gonartrosi di grado ≥3: valutazione dell’effetto combinato della fisioterapia al trattamento farmacologico MOR-NRI
47° CONGRESSO NAZIONALE SIMFER RI-ABILITAZIONE E DISABILITA’ ATTRAVERSO IL CICLO DELLA VITA Trattamento conservativo della gonartrosi di grado ≥3: valutazione dell’effetto combinato della fisioterapia al trattamento farmacologico MOR-NRI S.O.C. di RRF Ospedale Spoke Locri Autori: Dott. Argirò Raffaele Antonio – FT Romano Bruno Introduzione La gonartrosi è una patologia degenerativa a carico della cartilagine articolare ad evoluzione progressiva, interessante le articolazioni del ginocchio che, nel corso del tempo, causa una sintomatologia algica e disfunzionale. La degenerazione può interessare tutta l’articolazione, solo il comparto femoro-tibiale mediale o laterale (artrosi monocompartimentale) o solo l’articolazione femoro-rotulea (artrosi femoro-rotulea). La scala di Kellgren Lawrence classifica la gonartrosi in 5 gradi di gravità, ed i parametri utilizzati sono la riduzione dello spazio articolare e la presenza di osteofiti. L’esordio tipico della gonartrosi consiste in una gonalgia, inizialmente accusata dopo sforzi prolungati, poi ricorrente anche alla ripresa dell’attività dopo il riposo (alzarsi dal letto, alzarsi dalla sedia). La produzione in eccesso di liquido sinoviale da parte della capsula infiammata crea tumefazione. Gradualmente la frequenza del dolore può aumentare e cronicizzare portando limitazione articolare e zoppia. La comparsa del dolore notturno, tale da risvegliare il paziente, si associa ad un’artrosi grave. Il consumo articolare e la crescita di osteofiti si associa all’aumento dei rumori in flesso-estensione, definiti scrosci articolari. Con l’aggravarsi della malattia anche l’apparato legamentoso subisce danni con l’insorgere di sensazioni di cedimento articolare o vera e propria instabilità. A questa evoluzione si associa il passaggio da dolore acuto a dolore persistente e cronico che fisiopatologicamente si correla alle alterazioni che le vie di trasmissione e modulazione del dolore subiscono col perdurare degli input nocicettivi, Attualmente si ritiene che uno dei processi più importanti sia la sensibilizzazione centrale, che comporta a livello midollare una prevalenza degli stimoli ascendenti nocicettivi rispetto al fisiologico controllo inibitorio discendente, in particolare noradrenergico. La gonartrosi cronica ha un impatto importante sulle funzioni e sulla indipendenza della persona ed occorre considerare che è sempre più frequente che situazioni di severe gonartrosi eleggibili ad intervento chirurgico sono rilevabili in pazienti che, o perchè troppo giovani o perché troppo anziani o ad elevato rischio operatorio, rimandano o rifiutano di sottoporsi all’intervento di protesi al ginocchio; d’altro lato non sono rari, invece, i casi di pazienti che essendo eleggibili ad intervento di protesi devono invece affrontare un periodo di attesa che precede l’intervento più o meno lungo con tempi variabili da struttura a struttura ospedaliera; In ogni caso il paziente, sia in attesa di artroprotesi di ginocchio sia che per vari motivi non è eleggibile alla chirurgia protesica, non deve soffrire per lunghi periodi di dolore articolare, in quanto è ormai dimostrato la possibile evoluzione del dolore articolare infiammatorio persistente in dolore cronico neuropatico, difficile da gestire, in seguito a modificazioni funzionali e strutturali dei circuiti neuronali spinali che possono modificarsi per plasticità. La gonartrosi ha, come già evidenziato, un impatto importante sulle funzioni e sulla indipendenza della persona e quando si è orientati ad un trattamento conservativo fisioterapico, il dolore severo e persistente, associato alla limitazione funzionale, può diminuire l’aderenza al piano riabilitativo stesso. Gli obiettivi del trattamento conservativo della gonartrosi devono essere, quindi, da una parte il controllo e la riduzione del dolore dall’altra il miglioramento del tono-trofismo muscolare e della funzionalità articolare in un’ottica di riduzione della disabilità e di miglioramento della qualità di vita. Appare evidente, quindi, che un trattamento analgesico prolungato nel tempo e adeguato sia all’intensità che alla fisiopatologia mista del dolore è quindi strategico nella gestione del dolore cronico da gonartrosi. Tapentadolo è un analgesico di cui AIFA ha riconosciuto il valore innovativo nel trattamento del dolore cronico. Tapentadolo, infatti, possiede un originale e innovativo meccanismo d’azione: agonista dei recettori oppioidi μ (MOR) e inibitore della ricaptazione della noradrenalina (NRI); entrambi i meccanismi d’azione contribuiscono in modo complementare e sinergico alla sua efficacia analgesica ad ampio spettro. L’efficacia di tapentadolo è, quindi, pari a quella degli oppioidi forti (pur condividendo con questi ultimi solo una parte del meccanismo d’azione) dai quali si contraddistingue per un miglior profilo di tollerabilità, cui conseguono un rischio di abbandono del trattamento notevolmente inferiore e una migliorata qualità di vita del paziente. Inoltre, tapentadolo presenta un’elevata sicurezza in relazione al basso rischio d’interazioni farmacologiche da ricondurre al ridotto legame alle proteine plasmatiche, all’assenza d’impatto sugli enzimi CYP450, alla principale via metabolica tramite glucoronidazione e all’assenza di metaboliti attivi. Tapentadolo PR, dunque, per ampio spettro d’azione e tollerabilità potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica per i pazienti con dolore cronico da gonartrosi. Lo scopo della seguente osservazione è, quindi, quello di valutare, nel trattamento conservativo della gonartrosi (grado Kellgren Lawrence >=3), l’effetto del trattamento fisioterapico combinato al trattamento farmacologico con Tapentadolo con particolare riferimento al dolore, alla rigidità articolare, alla qualità della vita ed al ritorno all’attività quotidiana, sportiva e ricreativa (questionario KOOS). Per quanto riguarda l’eziopatogenesi possiamo distinguere la gonartrosi in: – Primitiva o idiopatica – Post-traumatica – Secondaria a uno scorretto allineamento dell’arto inferiore – Secondaria a patologie reumatologiche/infiammatorie. Materiali e metodi Studio spontaneo, osservazionale, prospettico. Sono stati arruolati 50 pazienti nell’arco di 180 giorni. Tutti sono stati trattati con Tapentadolo (PR) da 50-100-150- 200-250 mg. La dose iniziale è stata 50 mg x 2/die. E’ stato prescritto ai pazienti che se il farmaco è tollerato ma non efficace di incrementare ogni 48\72h il dosaggio di tapentadolo fino ad un soddisfacente pain relif e comunque fino a dosi giornaliere complessive non superiori a 500 mg di tapentadolo per 60 giorni di trattamento. Durante l’osservazione, non è stata consentita l’introduzione di altri trattamenti farmacologici per il dolore oggetto di studio mentre si sono effettuati trattamenti di riabilitazione o fisioterapici quali correnti Tens ed esercizio terapeutico consistente in Kinesi terapia passiva ed attiva contro minima resistenza elastica della durata di un ora ed a cadenza bisettimanale per un periodo di 180 giorni. Sono stati arruolati pazienti affetti da dolore cronico moderato severo da gonartrosi di grado >=3 della scala KL che accedono al nostro ambulatorio specialistico di fisiatria. Tapentadolo PR sarà prescritto come parte della normale pratica clinica secondo le indicazioni riportate nell’autorizzazione all’immissione in commercio in Italia L’intensità del dolore a carico\movimento dovrà risultare ≥ 5 su NRS. La duratà del dolore dovrà risultare >= ai tre mesi. Pazienti con o senza terapia farmacologica analgesica pregressa. Sono stati esclusi pazienti incapaci di seguire il protocollo di studio (a causa per esempio di deficit cognitivi, alcolismo, dipendenza da farmaci), pazienti con infezioni locali o sistemiche in atto in grado d’interferire a giudizio dello sperimentatore con la valutazione del dolore, pazienti con intossicazione acuta da alcool, ipnotici, analgesici ad azione centrale o farmaci psicoattivi,pazienti con grave compromissione renale (filtrato glomerulare inferiore a 30 mL/1.73 m2, pazienti con insufficienza epatica nota moderata (classe B Child-Pugh modificata) o grave (classe C Child-Pugh modificata), pazienti con anamnesi positiva per convulsioni o epilessia, grave depressione respiratoria con ipossia e/o ipercapnia, pazienti che nel corso dell’ultimo anno abbiamo avuto: trauma cranico lieve/moderato, tumore/metastasi cerebrali, pazienti che negli ultimi 15 anni abbiamo avuto un trauma cranico grave (contusione cerebrale, ematoma intracranico, stato d’incoscienza o amnesia post-traumatica di durata superiore alle 24 ore) o sequele tali da far ipotizzare modificazioni transitorie dello stato di coscienza, pazienti con ileo paralitico e soggetti con anamnesi positiva per gastro-enterite cronica ostruttiva (per esempio morbo di Crohn), pazienti con insufficienza cardiaca grave (per esempio classe >3 New York Heart Association, infarto miocardico da meno di 6 mesi, anamnesi positiva per bradicardia e/o angina pectoris instabile o cuore polmonare, assunzione di inibitori delle monoaminossidasi nei 14 giorni precedenti l’inizio dello studio, pazienti con pancreatite acuta o ostruzione acuta delle vie biliari, pazienti con ipotiroidismo (mixedema) o malattia di Addison, pazienti con malattie ereditarie rare quali l’intolleranza al galattosio, l’insufficienza di Lapp lattasi o il malassorbimento di glucosio-galattosio. E’ stata rilevata una valutazione di efficacia: Intensità del dolore a riposo e a carico\movimento, valutata mediante Numerical Rating Scale (NRS a 11 punti, in cui 0 corrisponde all’assenza di dolore, e 10 al peggior dolore immaginabile), Pain relief su scala da 0 (nessun sollievo) a 10 (totale sollievo), Questionario KOOS, Test “Timed up and go” x la valutazione funzionale dell’articolazione, Variazione sintomi neuropatici (su scala verbale) se presenti al basale, Forza e trofismo muscolare mediante scala verbale. Qualità del sonno mediante scala verbale a 4 punti (0=molto disturbato, 1=con frequenti risvegli, 2=buono, 3=ristoratore), Valutazione del paziente mediante Patient’s Global Impression of Change (PGIC; migliorato moltissimo, molto migliorato, minimamente migliorato, nessun cambiamento, minimamente peggiorato, molto peggiorato, peggiorato moltissimo), Dosaggio di tapentadolo PR e consumo degli altri eventuali trattamenti farmacologici associati per il controllo del dolore, Drop-out, numero pazienti e cause. E’ stata rilevata una valutazione di tollerabilità: sono state registrate tutte le reazioni avverse comparse nel corso dello studio, ed annotate tutte le caratteristiche. Sono stati esaminati i seguenti Endpoint di efficacia: Endpoint primario: -Numero pazienti responder, definiti come i soggetti che abbiano raggiunto dopo 30 giorni di terapia una riduzione dell’intensità del dolore a movimento di almeno il 30% rispetto al basale. Endpoint secondari: – Intensità del dolore a riposo – Pain relief (NRS 0-10) – Variazione sintomi neuropatici (punteggio DN4). – Qualità del sonno – Forza e trofismo muscolare – ROM ACTIVE (flessione) – Questionario KOOS – Valutazione paziente PGIC – Dosaggio di tapentadolo PR – Consumo altri analgesici già presenti al basale – Drop-out – Tollerabilità. I dati sono stati rilevati durante la visita basale di ammissione (T0) e in occasione dei successivi controlli a: T1 (visita o controllo telefonico dopo 7 giorni), T2 (visita dopo 1 mese), T3 (visita dopo 3 mesi), T4 (visita finale dopo 6 mesi). Risultati L’ obiettivo primario dello studio (Riduzione del dolore al movimento – NRS ≥50%) è stato ampiamente ottenuto. Alla prima visita di controllo – dopo 30 giorni di trattamento – sono presenti 48 pazienti dei 50 arruolati. Risultano responder 2 pazienti (4.2% – I.C. 95%: 0.0÷10.0).Considerando una riduzione del 30% sono 7 i pazienti responder (14.6% – I.C. 95%: 4.3÷24.8).I responder al dolore a riposo (NRS≥50) dopo 30 giorni risultano 2 (4.2% – I.C. 95%: 0.0÷10.0), mentre i responder con riduzione di NRS≥30% sono 10 (20.8%).Variazione scala del dolore NRS – A riposo e al Carico/Movimento. Le analisi dei valori di NRS relativi al dolore (a riposo e al carico/movimento) risultano statisticamente significative (P<0.01). Entrambi i tipi di dolore si riducono in maniera statisticamente significativa. I confronti multipli rispetto alla visita basale V0 risultano tutti altamente significativi (P<0.01).Questionario DN4: Alla visita basale tutti i 50 pazienti (100.0%) mostrano la presenza di una componente neuropatica del dolore. Alla visita 4 il dolore neuropatico scompare in 31 (67.4%) dei 46 pazienti che hanno effettuato il trattamento per tutto il periodo. Qualità del sonno: La qualità del sonno migliora durante il procedere dello studio. La qualità del sonno rispetto alla visita basale risulta significativamente migliorata in tutte le visite di controllo. In particolare V7gg vs Vbas P<0.05; V30gg vs Vbas P<0.01; V90gg vs Vbas non valutabile, in quanto si osservano soltanto miglioramenti; V180gg vs Vbas P<0.01. ROM Active. Questo parametro migliora nel tempo in maniera costante alle varie visite rispetto alla visita basale (P<0.05). Forza Muscolare: La forza muscolare non risulta mai peggiorata alle varie visite. In particolare alla visita 2 risulta migliorata in 1 solo paziente (2.1%), alla visita 3 in 13 pazienti (28.3%) e alla visita 4 in 25 pazienti (55.6%). Trofismo Muscolare: Il trofismo muscolare non risulta mai peggiorato alle varie visite. In particolare alla visita 2 risulta invariato in tutti i pazienti, alla visita 3 migliorato in 4 pazienti (8.7%) e alla visita 4 migliorato in 17 pazienti (37.8%). Pain Relief: Questo parametro non è stato ben interpretato, in alcuni casi risulta scambiato con la scala del dolore. Per tale ragione questo parametro non è stato analizzato. Andamento del dosaggio di Tapentadolo: Alla visita basale, i pazienti assumono mediamente 134 mg/die in seguito alle visite successive la dose media raggiunge circa i 180 mg/die. La dose massima e la mediana si equivalgono: 200 mg/die. Efficacia Complessiva della Terapia Analgesica: Nel complesso alle visite di controllo V2, V3 e V4 la terapia analgesica risulta Efficace/Molto efficace nel 90% dei pazienti trattati.Tempo di Esposizione al Farmaco. I pazienti sono rimasti in trattamento in media 170 giorni, con un minimo di 31 e un massimo di 191, la mediana è risultata di 182 giorni.Efficacia Complessiva della Terapia. In nessun paziente in alcuna visita la terapia è risultata inefficace. Poco efficace alla visita 1 in 16 pazienti (32.7%) alla visita 2 in 3 pazienti (6.5%), in nessun paziente alla visita 3 e in soli 2 pazienti (4.3%) alla visita 4. Efficace/Molto efficace in 33 pazienti (67.3%) alla visita 1, alla visita 2 in 43 pazienti (93.5%), alla visita 3 in 45 pazienti (100.0) e alla visita 4 in 44 pazienti (95.7%). Soddisfazione del Paziente (PGIC): Esprime, alla visita 2, un giudizio di miglioramento circa il 98% dei pazienti. Tale giudizio viene confermato anche alle visite seguenti (V3, e V4).Tollerabilità e sicurezza. Sono stati segnalati eventi avversi in 4 pazienti (8%). Questi 4 pazienti (8%) sospendono la terapia per eventi avversi. Il giudizio espresso dai pazienti, alle varie visite sulla tollerabilità del trattamento analgesico, risulta Ottima/Buona in oltre il 90% dei casi. Efficacia Complessiva della Terapia Analgesica: Nel complesso alle visite di controllo V2, V3 e V4 la terapia analgesica risulta Efficace/Molto efficace nel 90% dei pazienti trattati. Tempo di Esposizione al Farmaco: I pazienti sono rimasti in trattamento in media 170 giorni, con un minimo di 31 e un massimo di 191, la mediana è risultata di 182 giorni. Efficacia Complessiva della Terapia: In nessun paziente in alcuna visita la terapia è risultata inefficace. Poco efficace alla visita 1 in 16 pazienti (32.7%) alla visita 2 in 3 pazienti (6.5%), in nessun paziente alla visita 3 e in soli 2 pazienti (4.3%) alla visita 4. Efficace/Molto efficace in 33 pazienti (67.3%) alla visita 1, alla visita 2 in 43 pazienti (93.5%), alla visita 3 in 45 pazienti (100.0) e alla visita 4 in 44 pazienti (95.7%). Conclusioni Questo studio spontaneo, osservazionale prospettico dimostra come tapentadolo PR, grazie al suo duplice meccanismo d’azione MOR-NRI nocicettivo-neuropatico, al dosaggio variabile da 50 mg a 250 mgx2/die, associato a trattamento riabilitativo strumentale e ad esercizio fisico, rappresenti un’efficace opportunità per il trattamento del dolore misto da osteoartrosi di ginocchio, mono o tricompartimentale con un elevato profilo di tollerabilità. Bibbliografia Lange B, Sohns M, Tempero J, Elling C.Curr Med Res Opin. 2018 Dec;34(12):2113-2123. doi: 10.1080/03007995.2018.1520085. Epub 2018 Sep 17. Biondi DM, Xiang J, Etropolski M, Moskovitz B. J Opioid Manag. 2015 Sep-Oct;11(5):393-403. doi: 10.5055/jom.2015.0289. Afilalo M, Morlion B. Pain Physician. 2013 Jan;16(1):27-40. Review.
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Analisi preliminare di funzionalità e usabilità della mano artificiale Soft Hand Pro
Analisi preliminare di funzionalità e usabilità della mano artificiale SoftHand Pro Fiaschi E.1, Laddaga C.1, Dionisio V.1, Fruzzetti A.1, Baroni A.1, Mazzinghi G.1, Fanelli F.2, Tonelli F.2, Stefanini L.2, Schiavon L.3, Catalano M. G.4, Bianchi M.4, Grioli G.4, Piazza C.4, Felici F.4, Orsini P.4, Bicchi A.4. 1: Azienda USL Toscana nord ovest Dipartimento di Riabilitazione; 2: Libero Professionisti ; 3: Dipartimento di ricerca traslazionale e delle nuove tecnologia in Medicina e Chirurgia, Pisa; 4: Centro di Ricerca “E. Piaggio” Università di Pisa, Istituto Italiano di Tecnologia. INTRODUZIONE Si stima che in Italia l’incidenza di amputazione di arto superiore sia di 3500 casi ogni anno. Indagini sull’uso ed abbandono delle protesi di arto superiore evidenziano la necessità di protesi che favoriscano l’integrazione in contesti sociali, che garantiscano prestazioni elevate nelle attività di vita quotidiana, che risultino ergonomiche e facilmente adattabili al corpo in termini di vestibilità e funzionamento [1]. In Italia, come nel resto del mondo, l’utilizzo di protesi puramente cosmetiche e protesi cinematiche è molto diffuso [2]. Tra le ragioni principali di questa tendenza ci sono il costo elevato, la fragilità, la scarsa versatilità ed adattabilità delle protesi mioelettriche. La SoftHand Pro [3], sviluppata nel Progetto Europeo H2020 “SoftPro” è una mano protesica poliarticolata e polifunzionale, il cui design, basato su tecnologie robotiche «soft», la rende semplice da utilizzare, efficace e robusta. Nell’ambito del progetto è stato definito uno studio clinico multicentrico, che vede la partecipazione di: Azienda USL Toscana nord ovest – Dipartimento di Riabilitazione, Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa e Istituto Italiano di Tecnologia, con l’obiettivo di misurare e definire il livello di intuitività di utilizzo della SoftHand Pro rispetto ad alcune delle mani protesiche disponibili in commercio. Lo studio è rivolto a pazienti con disabilità motoria dell’arto superiore da amputazione o agenesia, naïve nell’utilizzo di protesi mioelettriche poliarticolate. MATERIALI E METODI Lo studio è caso-controllo (within-subject), campione previsto di 20 soggetti con amputazione transradiale in assenza di comorbidità e naïve al controllo mioelettrico di protesi. Da maggio 2019 sono stati arruolati 8 soggetti, di cui 3 hanno partecipato alle sessioni sperimentali. Le protesi utilizzate sono SoftHand Pro e come controllo i-limb access® e bebionic®. Per ogni dispositivo sono state effettuate 2 sessioni di raccolta dati intervallate da un periodo di training di 5 ore, della durata di 2 giorni per dispositivo. Sono stati eseguiti test di valutazione di overall hand functionality (Assessment of Capacity for Myoelectric Control, ACMC) e gross manual dexterity (Box and Blocks Test, BBT), somministrati a T0 e T1 (dopo 5 ore di training). Al termine di ogni sessione sperimentale per ogni dispositivo (T1) è stata valutata anche l’usabilità dei dispositivi con questionario self-rated (System Usability Scale, SUS). RISULTATI Con l’utilizzo della SoftHand Pro i soggetti hanno presentato un incremento nella overall hand functionality (ACMC) tra T0 e T1 rispetto ai dispositivi di controllo. I dispositivi di controllo hanno dato risultati migliori nei test di performance, soprattutto nella gross manual dexterity (BBT). I dati ottenuti dalla SUS non mostrano una netta preferenza tra i dispositivi. I commenti liberi dei soggetti confermano quanto già presente in letteratura [1]: le caratteristiche personali dei soggetti, la loro esperienza pregressa con la protesi ed il loro stile di vita si riflettono sui giudizi sul design meccanico ed estetico dei dispositivi testati. Tuttavia, si può notare che tutti i pazienti hanno espresso l’esigenza di un pinch grasp stabile ed efficace. I dati preliminari supportano l’ipotesi che il design innovativo della SoftHand Pro la renda particolarmente intuitiva. CONCLUSIONI I dati preliminari evidenziano una buona accettabilità del dispositivo SoftHand Pro. Dal punto di vista clinico ed ingegneristico, i risultati qualitativi e quantitativi saranno impiegati per migliorare il design della protesi utilizzando un approccio Human-Centered Design. In particolare, data l’enfasi posta dai soggetti sul pinch grasp, al termine dello studio sarà presa in considerazione una nuova iterazione del design del dispositivo per il miglioramento della manipolazione fine di oggetti. I risultati complessivi evidenziano un potenziamento della capacità di controllo mioelettrico di entrambi i dispositivi testati, nonostante i soggetti fossero naïve a tipologie di protesi e che abbiano effettuato un periodi di training di sole 5 ore. Il prossimo obiettivo sarà completare i test con l’intero campione. I risultati incoraggianti e l’interesse mostrato dai soggetti fino ad ora testati spingono ad estendere lo studio in ambiente Patient-Centered dove sarà possibile aumentare la durata del training e personalizzare lo stesso secondo le singole esigenze dei soggetti. BIBLIOGRAFIA [1] Biddiss, E. A., & Chau, T. T. (2007). Upper limb prosthesis use and abandonment: a survey of the last 25 years. Prosthetics and orthotics international, 31(3), 236-257. [2] Das, N., Nagpal, N., & Bankura, S. S. (2018). A review on the advancements in the field of upper limb prosthesis. Journal of medical engineering & technology, 42(7), 532-545. [3] Godfrey, S. B., Bianchi, M., Zhao, K., Catalano, M., Breighner, R., Theuer, A., … & Bicchi, A. (2017). The softhand pro: Translation from robotic hand to prosthetic prototype. In Converging Clinical and Engineering Research on Neurorehabilitation II (pp. 469-473). Springer, Cham.
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Visual Scanning test: un nuovo strumento neuropsicologico per la valutazione del neglect visivo extrapersonale
Introduzione: L’eminattenzione spaziale unilaterale (Unilateral Spatial Neglect – USN) è una sindrome neuropsicologica caratterizzata da una compromessa capacità del paziente di orientare l’attenzione, percepire gli eventi sensoriali e compiere azioni nello spazio controlesionale, in assenza di primario deficit sensoriale o motorio [1]. Tale compromissione, la cui manifestazione più frequente riguarda l’emicampo visivo sinistro, può verificarsi nello spazio personale del paziente, nello spazio peripersonale e/o extrapersonale. Nella pratica clinica, numerosi e diversi test neuropsicologici vengono utilizzati per la identificazione e la valutazione quantitativa del USN peripersonale, mentre solo pochi strumenti verificano la presenza del neglect extrapersonale [2]. Scopo di questo lavoro è quello di descrivere lo sviluppo e la standardizzazione di un nuovo strumento, specifico per la identificazione e la valutazione quantitativa dell’USN extrapersonale, il Visual Scanning Test (VST). Materiali e Metodi: Il VST è stato concepito per fornire una valutazione quantitativa e standardizzata dell’USN extrapersonale in pazienti con o senza deficit campimetrici e in pazienti con ricerca visiva rallentata. Il test prevede un compito di ricerca ed identificazione visiva di un target (S) tra distrattori percettivamente simili ($), proiettati nello spazio lontano. Si articola in quattro trial diversi, con progressivo sbilanciamento del carico attentivo nell’emicampo sinistro. Nel test sono inoltre previsti alcuni trial di controllo con assenza del target, al fine di rilevare la presenza di deficit frontali o di amplificazione del disturbo (ad es. simulazione). Durante l’esecuzione del compito, l’esaminatore annota i tempi di reazione e gli errori. Da questi dati è possibile ottenere degli indici informativi rispetto ai tempi di reazione, all’accuratezza, all’apprendimento implicito del progressivo spostamento a sinistra del target e, soprattutto, rispetto all’eventuale presenza di asimmetria nell’esplorazione dell’emispazio sinistro e destro. Per la standardizzazione, nel campione normativo sono stati coinvolti 86 partecipanti (63 donne), con un’età media di 53,4 anni (DS=17,5, range 25-85) e una scolarità media di 13,8 anni (DS= 5,3, range 3-31). Persone con malattie neurologiche o psichiatriche in atto o pregresse, così come soggetti con disturbi visivi gravi sono state escluse. La presenza di miopia o astigmatismo non ha rappresentato un criterio di esclusione, se corretti con l’uso di occhiali. I dati ottenuti sono stati analizzati con il software SPSS, versione 25 (SPSS Inc., Chicago, IL, USA). Risultati: è stata indagata l’esistenza di un’associazione tra gli indici informativi sopracitati e sesso, età e scolarità dei partecipanti. Sono stati poi derivati i fattori di correzione per i punteggi grezzi degli indici risultati significativamente associati ad una o più variabili sopra citate, utilizzando il metodo proposto da Capitani et al. [3]. Infine, sono stati identificati i limiti superiori, borderline ed inferiori necessari per identificare la fascia di normalità per ciascun indice. Conclusioni: Il VST è stato sviluppato per rilevare alterazioni nella ricerca visiva in pazienti neurologici, e si propone come strumento di valutazione specifica del USN extrapersonale. Il presente lavoro illustra il razionale, le modalità di somministrazione e la standardizzazione del punteggio per sesso età e scolarità. Bibliografia [1] Priftis, K., Passarini, L., Pilosio, C., Meneghello, F., & Pitteri, M. (2013). Visual scanning training, limb activation treatment, and prism adaptation for rehabilitating left neglect: who is the winner?. Frontiers in Human Neuroscience, 7, 360. [2] Appelros, P., Nydevik, I., Karlsson, G. M., Thorwalls, A., &Seiger, A. (2003). Assessing unilateral neglect: shortcomings of standard test methods. Disability and rehabilitation, 25(9), 473-479. [3] Capitani, Erminio. “Normative data and neuropsychological assessment. Common problems in clinical practice and research.” Neuropsychological Rehabilitation 7.4 (1997): 295-310.
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Trattamento integrato del paziente affetto da epicondilite laterale mediante agopuntura ed esercizio terapeutico: case report.
Trattamento integrato del paziente affetto da epicondilite laterale mediante agopuntura ed esercizio terapeutico: case reprot Cantini L., Aconstantinesei M., Codazza S. , Falcone G., Foti C., Pasquetti P. Introduzione Impiego dell’agopuntura nella gestione dell’epicondilite laterale : evidenze Introduzione L’epicondilite, tendinopatia inserzionale localizzata a carico dell’epicondilo laterale dell’omero, è una patologia piuttosto frequente con una prevalenza nella popolazione generale oscillante tra l’1 ed il 3% con insorgenza più frequente in ambo i sessi in età compresa tra i 30 ed i 55 anni. Evidenze scientifiche suggeriscono l’efficacia dell’agopuntura nella gestione del dolore post-operatorio dopo artroprotesi di ginocchio. Diversi studi hanno dimostrato l’efficacia dell’agopuntura nel trattamento del paziente affetto da epicondilite. Si tratta di una metodica in seno alle CAM (Complementary and Alternative Medicine) la cui azione terapeutica si basa su meccanismi di meccanotrasduzione a livello locale e determina l’attivazione delle aree corticali di reciproca rappresentazione delle zone trattate, con conseguente rilascio di neurotrasmettitori oppioidi endogeni che concorrono a modulare l’azione del gate control. Ne risulta un molteplice effetto antalgico, antiflogistico, immunomodulante e di rimaneggiamento tissutale. La gestione integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico appare, inoltre, aumentare l’efficacia delle terapie convenzionali favorendo una riduzione dei tempi di recupero e del ricorso a farmaci, con diminuzione dell’impatto di eventuali danni iatrogeni cagionati dall’uso dei comuni antinfiammatori. Nel trattamento con l’agopuntura si utilizzano sia agopunti locali che a distanza EZIOPATOGENESI: esercizio di movimenti ripetitivi dell’arto superiore, soprattutto in flessoestensione del gomito e pronosupionaizone del polso e della mano, con conseguenti microtraumi a carico dell’articolazione e dei tessuti molli nonchè flogosi della muscolatura dell’avambraccio soprattutto a carico dei muscoli estensori del polso alla loro origine sull’epicondilo laterale e prevalente interessamento del tendine dell’estensore radiale breve del carpo. Possono essere coinvolte anche altre strutture anatomiche attigue, quali il muscolo supinatore breve, il nervo interosseo posteriore, il legamento anulare e i legamenti collaterali ulnare e radiale. Evidenze in letteratura suggeriscono tra i fattori di rischio una correlazione con elementi psicologici, quali ansia e depressione, ed un rapporto con alterazioni del tratto gastroenterico, quali disbiosi, colite cronica, intolleranze alimentari. TRATTAMENTO: non esistono linee guida standardizzate univoche. SecondO la letteratura il paziente può essere gestito attraverso un piano riabilitativo individuale che comprenda: -esercizio terapeutico (in autogestione a domicilio previa istruzione ovvero assistito con fisiochinesiterapia, eventualmente associato a terapia con mezzi fisici, in particolare laserterapia ed termoterapia, laddove risulta particolarmente performante l’alternanza di ipertermia seguita da crioterapia nella medesima seduta. L – terapia farmacologica (controllo del tono algico e della flogosi tramite FANS o corticosteroidi per via orale o anche tramite infiltrazioni locali) Nell’ambito della Medicina Tradizionale Cinese l’epicondilite si inquadra frequentemente in una Sindrome Dolorosa Ostruttiva del gomito, le cui cause possono essere esterne (eccesso di lavoro fisico, traumatismi, esposizione a fattori climatici), ovvero interne (condizioni di Vuoto o stasi di Energia o Sangue o problemi emotivi) a cui si possono aggiungere fattori predisponenti che possono aggravare l’effetto causale dei fattori eziopatogenetici. In base alle caratteristiche della sintomatologia clinica con dolore il più delle volte acuto, intenso, localizzato e/o accompagnato da senso di tensione, la patologia può essere interpretata come una condizione di stasi responsabile di un blocco nella circolazione di energia e/o di sangue, che non riescono a raggiungere in modo continuo e costante, l’epicondilo quale distretto corporeo al quale sono destinati del trattamento. Materiali e metodi Si è effettuato un trattamento integrato costituito da 6 sedute di chimiopuntura con soluzione fisiologica (infiltrazione in punti di agopuntura locali ed a distanza: al fine di aumentare la conduttività a livello locale e ottenere un’azione meccanica di lavaggio tissutale dei metaboliti indotti dalla flogosi) di cui 3 sedute a distanza di una settimana l’una dall’altra e, a seguire, 3 sedute con cadenza quindicinale. Si è proceduto, infine, ad una visita di controllo al termine del ciclo terapeutico. All’inizio di ogni seduta è stata somministrata al paziente una scala VAS e si è provveduto alla misurazione del ROM del gomito. Al trattamento con chimiopuntura è stata associataoun programma rieducativo motorio con esercizi di rinforzo muscolare selettivo e stretching della muscolatura degli arti superiori previa applicazione di termoterapia (15’ di caldo e 5’di freddo) prima e dopo l’esercizio terapeutico. OBIETTIVI: verificare l’andamento del dolore nel trattamento integrato di un caso di epicondilite trattata con agopuntura ed esercizio terapeutico al fine di è di illustrare e rafforzare il principio che lo specialista in Medicina Fisica e Riabilitativa, che si confronta spesso con settori della medicina variegati che richiedono notevoli competenze cliniche, ha la necessità di saper associare la medicina complementare ed alternativa alla medicina convenzionale al fine di incrementare il reale beneficio per il paziente in tempi rapidi e con minor utilizzo di farmaci, alla luce delle evidenze disponibili CASO CLINICO: di un uomo di 37 anni, normopeso, sportivo, affetto da epicondilite laterale dell’omero scatenata da un periodo di intensa attività sportiva tennistica. All’atto della visita presentava, per insorgenza di algia al Conclusioni movimento attivo, un ROM ridotto a 80° in flessione, 20° in estensione, 65° in pronazione, 60° in supinazione Risultati e conclusioni Il trattamento integrato è risultato efficace nella gestione del dolore e nel rapido recupero del tono muscolare e del ROM articolare: la scala VAS alla prima seduta risultava con valore pari a 9, già alla terza seduta ridotto a 2 e azzerato a partire dalla quarta seduta. Dalla terza seduta, inoltre, si è ottenuto un recupero completo del ROM su tutti i piani ed una concomitante totale remissione della sintomatologia gastroenterica, un netto miglioramento del quadro psicologico e della qualità della vita, ed il paziente è apparso sicuramente più orientato verso il mantenimento della salute e del benessere. La nostra esperienza nel caso trattato ha confermato che la terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico appare utile al fine di ottenere una rapida risoluzione della sintomatologia algica nel paziente affetto da epicondilite con completo recupero funzionale in tre settimane per cui la scelta terapeutica di utilizzare tale approccio appare in linea con i dati presenti in letteratura. Riferimenti Bibliografici – Hongzhi Tang, Huaying Fan, Jiao Chen, Mingxiao Yang, Xuebing Yi, Guogang Dai, Junrong Chen, Liugang Tang, Haibo Rong, Junhua Wu, Fanrong Liang. Acupuncture for Lateral Epicondylitis: A Systematic Review. Evid Based Complement Alternat Med. 2015; 2015: 861849.Published online 2015 Dec 30. doi: 10.1155/2015/861849 – Aurelie Aben, MSca, Lieven De Wilde, MD, PhDa, Nadine Hollevoet, MD, PhDa, Carlos Henriquez. Tennis elbow: associated psychological factors. J Shoulder Elbow Surg (2018) 27, 387–392 – Danielle T. Alvim, Arthur S. Ferreira. Pragmatic Combinations of Acupuncture Points for Lateral Epicondylalgia are Unreliable in the Physiotherapy Setting. J Acupunct Meridian Stud 2018;11(6):367e374
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Danno infortunistico: trattamento riabilitativo e riflessi medico-legali
Danno infortunistico: trattamento riabilitativo e riflessi medico-legali. S. Verdesca*, C. Melai*, L. Pieroni*, S. Tavolucci*, C. Tonelli*, M.T. Covelli°, C. Simone°, A. Resti**, M. Paoli° * Centro di FKT INAIL di Firenze, Sovrintendenza Sanitaria Regionale INAIL ° Dirigente medico di I livello, Sovrintendenza Sanitaria regionale, Direzione Regionale INAIL Toscana ** Sovrintendente Sanitario Regionale, Direzione regionale INAIL TOSCANA La presente comunicazione si propone l’obiettivo di evidenziare gli effetti benefici indotti da un adeguato percorso riabilitativo sulla evoluzione naturale delle lesioni prodotte da un evento infortunistico e come questi interventi influenzino natura ed entità degli eventuali reliquati residuati all’atto della reimmissione al lavoro del lavoratore. E’ infatti ormai consolidato nella letteratura scientifica e nella pratica quotidiana, come l’inserimento tempestivo dell’’infortunato in un idoneo percorso riabilitativo possa condizionare ad meliora l’evoluzione naturale della fenomenologia clinica. Il raggiungimento di un apprezzabile miglioramento dei reliquati menomativi all’atto della re immissione nel circuito lavorativo dell’infortunato condizionerà ovviamente la natura dei postumi e la loro conseguente valutazione. A tal fine verranno presentati cinque casi clinici afferiti al Centro FKT INAIL di Firenze. Per ciascuno di essi verrà descritto il quadro clinico pre-trattamento FKT e la valutazione dei postumi corrispondente, quindi il programma riabilitativo somministrato al paziente, infine il quadro clinico post-trattamento e la corrispondente valutazione postumi. In conclusione dimostreremo che un precoce ed adeguato trattamento riabilitativo condurrà al raggiungimento dei seguenti obiettivi: 1. Presa in carico precoce dell’assicurato INAIL 2. Riduzione dei tempi biologici di evoluzione della/delle lesioni infortunistiche, soddisfacente recupero funzionale, restituzione tempestiva del paziente al proprio lavoro con i conseguenti benefici effetti psicologici sul lavoratore 3. Postumi ragionevolmente stabilizzati e conseguente valutazione medico-legale affidabile e fedele alla realtà biologica delle menomazioni residuate.
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STIMOLAZIONE TRANSCRANICA A CORRENTE DIRETTA (tDCS) E REALTA’ VIRTUALE: UN CASO CLINICO COMPLESSO
Stimolazione transcranica a corrente diretta (tDCS) e Realtà Virtuale: un caso clinico complesso Bianca Casale*, Paola Zappalorti, Alessia Biasella, Paola Perini, Gabriele Rossi, Alessandro Giustini, Irene Cinotti Istituto Privato di Riabilitazione “Madre della Divina Provvidenza” dei Passionisti, Arezzo. *Corresponding author: Bianca Casale Centro Arìa Istituto di Riabilitazione Madre della Divina Provvidenza di Agazzi Località Agazzi 47 52100 Arezzo, Italy. E-mail: bcasale@istitutoagazzi.it Introduzione La tDCS è una metodica di neuromodulazione comunemente associata al trattamento riabilitativo convenzionale mirato al deficit funzionale utilizzata anche in condizioni neurologiche stabilizzate [1]. In questi casi, l’esperienza e la letteratura scientifica confermano l’importanza di una metodologia incentrata su attività funzionali che includano l’utilizzo di oggetti e spazi extrapersonali ed attività complesse e strumentali, ad esempio attività ecologiche o in situazione e tecnologie avanzate come la realtà virtuale [2]. Presentiamo un caso clinico allo scopo di condividere il ragionamento sottostante e le modalità operative. Presentazione del caso Donna di 71 anni affetta da deficit attentivo, mnesico e di pianificazione, eminegligenza spaziale unilaterale sinistra come esito di emorragia temporoparietale dx 18.11.14. ed ESA frontale sin del 20.01.15. Seguita dall’età di 67 anni dall’Istituto Privato di Riabilitazione Madre della Divina Provvidenza dei Padri Passionisti, ad Agazzi (Arezzo), presso il servizio Arìa, centro specialistico di riabilitazione extraospedaliera (ex art.26). Ha effettuato trattamento riabilitativo cognitivo intensivo e poi a cicli fino al Giugno del 2016, con metodiche classiche individuali con la logopedista e la neuropsicologa ed attività funzionali in cucina. Si evidenziava un miglioramento del neglect peripersonale alle prove carta-penna ma una persistenza degli aspetti di discontrollo frontale che limitavano le autonomie globali come per esempio l’utilizzo di strategie per il neglect. A gennaio del 2018 la famiglia richiede una rivalutazione ed una presa in carico degli aspetti cognitivi per un presunto peggioramento nelle performance funzionali nella sua vita quotidiana. Alla rivalutazione il quadro cognitivo era invariato, ovvero con eminegligenza in parte compensata al barrage anche se ancora con punteggio patologico (Apple Test), importante neglect extrapersonale (test “descrizione di una stanza”), evidente disordine delle funzioni esecutive soprattutto non verbali (MFPT-Modified Five Point Test), nella norma le funzioni esecutive verbali (Fluenze verbali fonemiche, per categoria e per associazione libera) anche se qualitativamente con tendenza a pensiero rigido (Tabella 1) Materiali e Metodi Dati i risultati della rivalutazione e vista la distanza dalla lesione, si imposta un training non più carta e penna ma extrapersonale, combinando tDCS e realtà virtuale (VR) con un protocollo stabilito ad hoc che prevedeva la modulazione della corteccia dorso-ventro-postero-laterale sin (stimolazione anodica) e l’utilizzo della realtà virtuale (dispositivo VRRS-Virtual Reality Rehabilitation System Fig. 1) con compiti motori attentivi ed esecutivi (fig. 2) in uno spazio ampio ed extrapersonale oltre ad esercizi per le funzioni esecutive verbali e non verbali che promuovano il problem solving e la flessibilità cognitiva per un totale di 15 sedute. Il dispositivo di realtà virtuale VRRS è un dispositivo medicale certificato dotato di un sistema di acquisizione cinematica magnetica che si basa sul principio del feedback aumentato e dell’immaginazione motoria, attraverso esercizi in ambiente virtuale su schermo di grandi dimensioni permette di lavorare sullo spazio extrapersonale a differenza dei tradizionali esercizi carta-penna l tavolo. Parallelamente la stimolazione transcranica a corrente continua-tDCS modula temporaneamente i potenziali di membrana dei neuroni corticali e quindi, potenzialmente la funzione delle aree corticali stimolate. Risultati Alla valutazione neuropsicologica post trattamento combinato tDCS e VR i punteggi al “MFPT- Modified Five Point Test” e all’ “Apple Test” rientrano nella norma, si osserva inoltre un miglioramento al test “Descrizione di una stanza” (Tabella 1). Si registra inoltre un miglioramento significativo dell’esplorazione dello spazio extrapersonale non solo durante esercizio virtuale ma anche sugli aspetti motori con buona ricaduta sulle attività di vita quotidiana. Discussione I dati dimostrano un incremento della prestazione e sono in linea con quanto riportato in letteratura riguardo all’uso combinato tDCS e VR; ma trattasi di un caso singolo, senza l’applicazione di un reale protocollo sperimentale. Sottolineiamo l’importanza della scelta del protocollo di stimolazione in questa paziente ed in generale come approccio pratico alla metodica: la DVPL sin è un’area implicata in funzioni esecutive a particolare valenza verbale che nella nostra paziente sono conservate. Alla RMN appare una grave esito emorragico emisferica dx (temporo-parietale), ma riassorbimento dell’ESA frontale a sin. Pertanto è probabile che i miglioramenti evidenziati sul piano spaziale siano legati ad una riorganizzazione dell’emisfero sin stimolato rispetto a funzioni che normalmente sono di pertinenza del dx: percezione visuo-spaziale e attenzione visuomotoria. Inoltre, seguendo le teoria del connettoma, è importante aver stimolato un’area sana e funzionalmente connessa con network cerebrali attivati dal compito richiesto durante il trattamento. Anche gli studi tramite trattografia [4,5] confermano la validità di questo approccio innovativo. Bibliografia [1]Feng, W., Bowden, M.G. & Kautz, S. (2013) Review of Transcranial Direct Current Stimulation in Poststroke Recovery. Topics in Stroke Rehabilitation, 20:1, 68-77. [2]Fasotti, L. & Van Kessel, M. (2013) Novel insights in the rehabilitation of neglect. Frontiers in human neuroscience, 7, 780. [3]Parlatini V., Radua J., Dell’Acqua F., et al. (2017) Functional segregation and integration within fronto-parietal networks. Neuroimage, 146:367–375. [4] Forkel S.J. Catani, M. (2018) Lesion mapping in acute stroke aphasia and its implication for recovery. Neuropsychology, 115 (88-100). [5] Dell’Acqua F. & Catani M. (2012) Structural human brain networks: hot topics in diffusion tractography. Current Opinion Neurology, 25:375 – 383.
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Può una paralisi isolata del dentato anteriore essere realmente idiopatica? Case report
XLVII Congresso Nazionale SIMFER Può una paralisi isolata del dentato anteriore essere realmente idiopatica? Case report Giacomo Farì 1,2 , Adriana Granile1, Ilaria Ladisa1, Marina Marullo2, Jacopo Russo2, Danilo De Santis2, Laura Caforio3, Pietro Fiore1, Marisa Megna1 1Università degli Studi di Bari – UOC Medicina Fisica e Riabilitativa del Policlinico di Bari 2Poliambulatorio specialisitico Ri.medic 3Officine ortopediche Caforio INTRODUZIONE: la scapola gioca un ruolo fondamentale nella cinematica della spalla e del torace. I muscoli deputati a trattenerla in una posizione corretta, sia statica che dinamica, rispetto al torace sono il dentato anteriore, i romboidi e il trapezio. La scapola alata è determinata da un deficit funzionale dei suoi tiranti muscolari, e rappresenta una condizione disabilitante in quanto spesso associata a dolore e compromissione del normale ROM articolare della spalla. Il deficit muscolare può essere di natura miogena o neurogena; nella maggior parte dei casi, risulta essere conseguenza di una lesione dei rispettivi nervi motori, ossia il nervo toracico lungo per il muscolo dentato anteriore, il nervo spinale accessorio per il muscolo trapezio e il nervo dorsale scapolare per i muscoli romboidi. MATERIALI E METODI: T. D. (♂, 20 anni) è giunto ambulatorialmente alla nostra osservazione per impotenza funzionale e minimo dolore nei movimenti attivi di anteropulsione e di abduzione della spalla destra eseguiti oltre i 90°. All’esame obiettivo è stato possibile apprezzare la presenza di scapola alata mediale destra da deficit del muscolo dentato anteriore; non si apprezzavano ematomi, gonfiori, masse palpabili e dolorabilità alla palpazione del bordo mediale della scapola. (figg.1 e 2) Il paziente si era accorto del deficit motorio pochi giorni prima casualmente, in assenza di traumi o di sovraccarichi funzionali importanti nelle settimane precedenti. Non assumeva farmaci, negava recenti infezioni e patologie croniche, neurologiche o muscolari, né era presente una familiarità suggestiva in questo senso. Sono state dunque richiesti esami ematici di routine, EMG del plesso brachiale e RM spalla e rachide cervicale. RISULTATI: gli esami ematici sono risultati nella norma; la RM di spalla e rachide cervicale ha escluso avulsione traumatica e alterazioni del ventre del muscolo dentato anteriore, eventuali discopatie cervicali e anomalie anatomiche potenzialmente responsabili di neuropatie e vasculopatie compressive. L’EMG ha invece evidenziato assonotmesi del nervo toracico lungo. (figg.3-4) CONCLUSIONI: la paralisi del muscolo dentato anteriore è stata determinata da una lesione del nervo toracico lungo, in assenza tuttavia, almeno apparentemente, di chiari eventi scatenanti. La lesione di tale nervo è spesso determinata da traumi (sportivi o da incidenti stradali), e tra le altre possibili eziologie, sia pur meno frequenti, sono riportate in letteratura le seguenti condizioni: interventi chirurgici (mastectomia, dissezione linfonodale etc.), anestesia locale e generale, infezioni, radicolopatie cervicali, amiotrofia neurologica, osteocondromi, coste accessorie, esposizione a freddo intenso, utilizzo prolungato di stampelle. Talvolta non è possibile risalire ad una causa per cui si parla di paralisi idiopatica del muscolo dentato anteriore (15% dei casi totali), e il caso in questione sembra esserne un esempio. Tuttavia il meccanismo di danno neuronale potrebbe essere stato determinato da microtraumi ricorrenti non riconducibili ad eventi causali specifici, ricordando che il nervo toracico lungo è maggiormente vulnerabile a lesioni da trazione o compressione rispetto ad altri nervi per il suo decorso superficiale. Non è da escludere in effetti che il nostro paziente sia stato esposto a microtraumi nello svolgimento della propria attività lavorativa (operaio in stamperia, con mansione di magazziniere addetto alla movimentazioni di scatoloni) o sportiva (saltuariamente praticava pesistica leggera ed esercizi a corpo libero). Peraltro in letteratura sono descritti casi rarissimi (1,5% del totale), nei quali si è ipotizzato che la causa della lesione del nervo possa essere l’assunzione di errate posture nel riposo notturno. In conclusione, per quanto non sia possibile individuare una causa francamente riconducibile alla neuropatia in analisi e in linea con le più recenti ricerche, riteniamo di escluderne la natura idiopatica e restiamo convinti che la causa vada ricercata in attività e posture scorrette, peraltro facilmente modificabili con opportuna prevenzione. BIBLIOGRAFIA: • Anatomy, Etiology, and Management of ScapularWinging (Jacob T. Didesch, MD, Peter Tang, MD, MPH) J HandSurgAm. 2019 Apr;44(4):321-330 • Etiologic factors in isolated paralysis of the serratus anterior muscle:A report of 197 cases (MarttiVastamaki, MD, and Leena I. Kauppda, MD, Helsinki, Finland) Journal of Shoulder and Elbow SurgeryVolume 2, Issue 5, September–October 1993 • Scapular Winging (Gooding BW, Geoghegan JM, Wallace WA, Manning PA) Shoulder Elbow. 2014 Jan;6(1):4-11
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Trattamento rieducativo respiratorio nel paziente sottoposto a chirurgia polmonare: da un pdta a una presa in carico a 360°
Trattamento rieducativo respiratorio nel paziente sottoposto a chirurgia polmonare : da un pdta a una presa in carico a 360°. Dott. Andrea Pasquini, Dr.ssa Sara Sverzellati, Dr. Francesco Fichera, Dr.ssa Amelia Zannino, Dr. Romeo Bocchi. (Azienda Unità Sanitaria Locale di Piacenza). Introduzione Il sospetto clinico di neoplasia polmonare inizia con il riscontro di uno o più sintomi di allarme, come emottisi, tosse, dolore alle spalle e al torace, dispnea, calo ponderale, finger clubbing, segni suggestivi di metastasi da carcinoma polmonare ( cerebrali, scheletriche, epatiche o cutanee), linfoadenopatia cervicale o sovraclavicolare. Il sospetto radiologico può derivare dal riscontro occasionale alla radiografia del torace di reperti suggestivi di malattia, come noduli e riscontro di aree di ateletassia polmonare. Ogni paziente deve completare l’iter diagnostico e stadiativo ed essere avviato alle terapie del caso entra 30 giorni dall’attivazione del percorso stesso. Il trattamento rieducativo nel paziente sottoposto a chirurgia toracica è finalizzato alla prevenzione di complicanze post operatorie, soprattutto polmonari, causa di morbilità e mortalità. Tra le complicanze generali vanno ricordate la stasi circolatoria con rischio di TVP, la tromboembolia, le alterazioni dell’articolarità e del trofismo muscolare. Tra quelle polmonari una sostanziale modificazione della funzionalità polmonare fino all’insufficienza respiratoria ( riduzione dei volumi polmonari, alterazioni della distribuzione e del regime ventilatorio, ingombro delle vie aeree, infezioni. Gli obiettivi del trattamento rieducativo sono la preparazione del paziente all’intervento chirurgico, la riduzione delle complicanze post operatorie e infine il miglioramento della funzionalità respiratoria post operatoria. Materiali e metodi Gli interventi per raggiungere tali obiettivi si articolano in varie fasi : una valutazione pre operatoria con un trattamento pre-operatorio, una valutazione post-operatoria con trattamento post operatorio e infine indicazioni per il riallenamento graduale allo sforzo e stesura di programmi da effettuare a domicilio e follow up. Strumenti : schede di valutazione pre e post operatoria, diario del terapista, opuscolo informativo con esercizi di autotrattamento da consegnare al paziente nella fase pre operatoria, con esemplificazioni sino al proseguimento domiciliare. Materiali utilizzati : bottiglie, tubi, boccagli e raccordi mono-paziente per PEP, incentivatori di volume, ausili specifici del paziente, saturimetro. Vengono inviati al trattamento riabilitativo i pazienti candidati a interventi di chirurgia toracica maggiore ( intervento per pneumotorace, lobectomia, pneumonectomia, timectomia), chirurgia addominale superiore ( esofagectomia).Il medico dell’ U.O. di chirurgia generale dell’azienda ospedaliera di Piacenza richiede ‘’ Valutazione e trattamento fisioterapico’’ attraverso apposita modulistica e registra in cartella clinica l’avvenuta richiesta prima dell’intervento chirurgico. Qualora il paziente si trovi in condizioni cliniche tali da prevedere un più complesso e prolungato intervento riabilitativo post-operatorio, la richiesta da parte del medico di chirurgia toracica avviene con largo anticipo, in modo da poter programmare le sedute di trattamento pre-operatorio.Il fisioterapista, per tutta la durata della presa in carico, mantiene raccordo informativo con il personale medico e di assistenza dell’ UO di Chirurgia Generale di Piacenza, affinchè l’intervento fisioterapico sia integrato con il piano assistenziale del paziente. Risultati I risultati di questo percorso diagnostico terapeutico integrato permetteranno di valutare in pazienti affetti da neoplasie polmonari gli effetti una riabilitazione iniziata già nella fase pre-operatoria, consentendo una partecipazione attiva e consapevole del paziente a tutto il percorso riabilitativo, fornendo inoltre informazioni sugli aspetti rieducativi rivolti alla parete toracica e al polmone. Ciascun paziente imparerà come mantenere una ventilazione adeguata, riespandere le zone atelettasiche, eliminare le secrezioni bronchiali, riottenere una ottimale escursione articolare, riprendere precocemente la deambulazione e le attività della vita quotidiana. Conclusioni Il nostro PDTA permetterà una gestione del paziente affetto da neoplasia polmonare a 360°, garantendo un approccio multidisciplinare a questa patologia, che contempli sia gli aspetti più strettamente clinici delle problematiche riabilitative tipiche di questo tipo di malattia, sia lo sviluppo di un programma informativo per il paziente e i famigliari, unemdo al trattamento riabilitativo un adeguato trattamento educazionale. Bibliografia 1)Effects of Breathing Exercises on Patients With Lung Cancer. Liu X, Wang YQ, Xie J. Oncol Nurs Forum. 2019 May 1;46(3):303-317. 2) Impact of breathing exercises in subjects with lung cancer undergoing surgical resection: A systematic review and meta-analysis. Wang YQ, Liu X, Jia Y, Xie J. J Clin Nurs. 2019 Mar;28(5-6):717-732. 3) Preoperative exercise training for patients with non-small cell lung cancer. Cavalheri V, Granger C. Cochrane Database Syst Rev. 2017 Jun 7;6:CD012020
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Livelli di vitamina D e performance cognitive nei pazienti over 65 anni: studio di popolazione
Livelli di Vitamina D e performance cognitive nei pazienti over 65 anni: studio di popolazione E. Cellura, L. Giudice, G. Tabbi, R. Cafà, A. Gambino U.O. Medica Fisica e Riabilitativa-Presidio Ospedaliero San Giacomo d’Altopasso-Licata Introduzione La vitamina D è nota per il suo ruolo nell’omeostasi del calcio e nella salute delle ossa, tuttavia le recenti scoperte hanno evidenziato che altri organi, incluso il sistema nervoso, hanno recettori della vitamina D. L’espressione dei recettori specifici della vitamina D in corteccia prefrontale, giro cingolato, talamo, ipotalamo, cervelletto, amigdala, ippocampo e substantia nigra suggerisce un possibile ruolo chiave nella fisiopatologia dei disturbi psichici e neurocognitivi. Alcuni studi inoltre hanno dimostrato la correlazione tra bassi valori di vitamina D e rischio di Deterioramento cognitivo inclusa la Demenza di Alzheimer. Il fattore età inoltre incide sia nella carenza di vitamina D che nel deficit cognitivo. Obiettivi dello studio L’obiettivo dello studio è analizzare le caratteristiche demografiche, la presenza di ipovitaminosi D e le funzioni cognitive nei pazienti over 65 anni ricoverati presso la nostra UOC di Medicina Fisica e Riabilitativa. Materiali e Metodi Pazienti over 65 anni ricoverati presso l’UOC di Medicina Fisica e Riabilitativa del Presidio Ospedaliero dell’Ospedale di Licata. Tutti i pazienti sono stati sottoposti al test cognitivo Mini Mentale State Examination (MMSE) che rappresenta un test di screening per i deficit cognitivi nei pazienti over 65 anni. Sono stati considerati i seguenti cut off: test MMSE ≥ 26 nella norma; punteggio tra 20-25 deficit cognitivo lieve; punteggio tra 10-20 deficit cognitivo moderato; < 10 deficit cognitivo grave. Sono stati dosati la vitamina D, la calcemia e il paratormone (PTH). E’ stato considerato i seguenti cut off per il dosaggio di vitamina D: sufficienza>30 ng/ml; deficit moderato 20-30 ng/ml; deficit 10-20 ng/ml; grave<10 deficit. I valori normativi del PTH è 15-65 pg/ml; i valori normativi della calcemia 8,4-10,4 mg/dl. Risultati Abbiamo studiato le caratteristiche demografiche di 50 pazienti ricoverati presso la nostra UO di Medicina Fisica e Riabilitativa. Il rapporto M:F è pari a 0.35. Le donne rappresentano il 74.1% dei pazienti, mentre gli uomini il 25.1%. L’età media è pari a 74,78 anni (DS +/-5.74). I pazienti inoltre sono stati sottoposti a test MMSE per valutare le funzioni cognitive. Il punteggio è stato corretto per età e livello di istruzione. In base al punteggio ottenuto al test MMSE i pazienti sono stati suddivisi in deficit di grado moderato (3.85%), nella norma (38,46%) e deficit di grado lieve (57.69%) (Grafico 1). I pazienti sono stati suddivisi in base ai livelli ematici di vitamina D (ng/ml): deficit severo nel 26.9%, deficit nel 38,5%, deficit moderato nel 26,9% e dosaggio sufficiente nel 7.7% dei casi (Grafico 2). La media del dosaggio di vitamina D è pari a 16.3 ng/ml (DS ± 9,8) e il punteggio medio del test MMSE è pari a 25,6/30 (DS ± 2,5). Il dosaggio medio della calcemia è pari 8.7 mg/dl (DS ± 0,5) . Il dosaggio medio del PTH è pari 61,6 pg/ml (DS ± 30,5). La correlazione tra vitamina D e funzioni cognitive con metodo di Pearson, mostra una correlazione significativa (> 0,3) (Grafico 3). Tale significatività aumenta se si correla il deficit cognitivo valutato con test MMSE (punteggio <26) con l’ipovitaminosi D con valori inferiori ai 20 ng/ml (0,6). (Grafico 4). Conclusioni I dati del nostro studio dimostrano che il 92.30% dei pazienti ricoverati presenta una ipovitaminosi D e il 61,54% un deficit delle funzioni cognitive al test MMSE. Abbiamo trovato una correlazione significativa tra performance cognitive e ipovitaminosi D, che aumenta se consideriamo i pazienti con deficit cognitivo con test MMSE < 26 e li correliamo con l’ipovitaminosi D con valori inferiori a < 20ng/ml. Le prospettive future dello studio sono sicuramente aumentare il campione di studio e studiare altre variabili potenzialmente reversibili come il deficit di vitamina B12, folati, TSH per intervenire precocemente con terapie supplementari nei pazienti geriatrici ai fini del mantenimento delle performance cognitive. Bibliografia Holick MF. Vitamin D deficiency. N Engl J Med 2007; 357: 266-8 Prufer K, Veenstra TD, Jirikowski GF et al. Distribution of 1.25 dihydroxyvitamin D3 receptor immunoreactivity in the rat brain and spinal cord. J Chem Neuroanalomy 1999;. Lukaszyk E, Bien-Barkowska K and Bien B. Cognitive functioning of geriatric patientis: is hypovitaminosis D the Next Marker of Cognitive Dysfunction and Dementia?Nutrients2018.
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La riabilitazione del paziente con fratture vertebrali da fragilità: compliance ad un protocollo domiciliare
La Riabilitazione del paziente con Fratture vertebrali da Fragilità: Compliance ad un protocollo domiciliare Notarstefano C. Falossi F. Menconi A. Raffaetà G. Sezione Dipartimentale di Riabilitazione Ortopedica AOUP INTRODUZIONE Le fratture vertebrali da osteoporosi sono un problema emergente di sanità pubblica e si associano a un peggioramento della Qualità di Vita (QoL). Molteplici studi evidenziano come il trattamento fisioterapico, eseguito in ambito ambulatoriale o domiciliare, determini un significativo miglioramento del controllo del dolore, dell’autonomia e della QoL. Tuttavia, l’aderenza ai protocolli fisioterapici rappresenta uno dei principali ostacoli al raggiungimento degli obiettivi riabilitativi. Scopo dello studio: Valutare la compliance a un protocollo riabilitativo domiciliare in pazienti con fratture da fragilità seguiti presso il nostro ambulatorio multidisciplinare “Diagnosi, cura e Riabilitazione delle fratture vertebrali da fragilità”. L’obiettivo secondario è analizzare l’impatto della riabilitazione domiciliare sugli outcomes funzionali dei pazienti inclusi nello studio. MATERIALI E METODI Abbiamo selezionato 35 pazienti con fratture vertebrali seguiti presso l’ambulatorio multidisciplinare “Diagnosi, cura e Riabilitazione delle fratture vertebrali da fragilità” della AUOP. Criteri di esclusione •-pazienti non cooperativi •-pazienti con fratture recenti ( <3 mesi) o portatori di busto •- pazienti con gravi difficoltà alla deambulazione Alla prima visita (T0), tutti i pazienti hanno ricevuto, insieme alla terapia farmacologica, un protocollo riabilitativo domiciliare da eseguire 3 volte alla settimana per una durata di 30 minuti a sessione. Al controllo a 6 mesi (T1), è stato somministrato un questionario per investigare: Compliance, cause di mancata aderenza e caratteristiche del protocollo riabilitativo eseguito. Ad ogni controllo sono stati registrati i seguenti outcomes funzionali: • Altezza, • Distanza occipite-muro • Test del cammino in 20 metri, • Dolore (scala VAS) e • QoL tramite questionario EuroQuol-5D (EQ5D) Analisi statistica Le differenze degli outcomes funzionali tra il tempo T1 e T0 in ciascuno dei 2 gruppi individuati sono state valutate mediante test di Wilcoxon RISULTATI Il 63,9% dei pazienti ha aderito al protocollo mentre il 36,1% è risultato non-compliant. Le cause di mancata compliance sono risultate: nel 61,5% “l’assenza di supervisione”, nel 30,8% “la scarsità di tempo”, nel 7,7% “insufficiente motivazione”. In base al questionario, i pazienti sono stati suddivisi in 2 gruppi: pazienti che hanno aderito al trattamento (Gruppo C) e pazienti non Complianti (Gruppo NC). Nel gruppo C, il 54.5% dei soggetti riferiva di aver aderito al protocollo con la frequenza raccomandata (almeno 3 sessioni/settimana). Il 9.1% aveva eseguito gli esercizi riabilitativi solo una volta alla settimana. Esaminando la durata delle singole sessioni di esercizio, il 59,1% del gruppo C riportava di aver eseguito il protocollo per almeno 30 minuti consecutivi. L’analisi degli outcomes del Gruppo C ha evidenziato una significativa riduzione del VAS (p-value=0.011) e della distanza occipite-muro (p-value=0.02), un significativo miglioramento nel test del cammino a 20 metri (p-value=0.003) e della QOL (p-value=0.001). Nei pazienti del gruppo NC si rilevava una significativa riduzione dell’altezza (p-value=0.044) tra la prima visita e il controllo a 6 mesi. CONCLUSIONI I risultati suggeriscono che l’esecuzione di un protocollo riabilitativo autogestito dal paziente al proprio domicilio è utile nel controllo del dolore, della deformità e nel miglioramento della QoL dei pazienti con fratture vertebrali da fragilità. Tuttavia, la casistica evidenzia che una considerevole percentuale di pazienti non ha aderito al protocollo fisioterapico domiciliare. In particolare, la causa più comune di scarsa aderenza è risultata la mancanza di supervisione da parte del personale sanitario. In futuro, ci proponiamo di individuare i fattori personali che favoriscano l’aderenza ai percorsi riabilitativi domiciliari e di mettere in atto delle strategie mirate a implementare la compliance in questi pazienti, permettendo quindi una gestione terapeutica personalizzata nel pazienti con fratture vertebrali da fragilità. BIBLIOGRAFIA 1.Hernlund E, Svedbom A, Ivergård M, et al. Osteoporosis in the European Union: medical management, epidemiology and economic burden. A report prepared in collaboration with the International Osteoporosis Foundation (IOF) and the European Federation of Pharmaceutical Industry Associations (EFPIA). Arch Osteoporos. 2013 2.Gold DT, Shipp KM, Pieper CF, Duncan PW, Martinez S, Lyles KW. Group treatment improves trunk strength and psychological status in older women with vertebral fractures: results of a randomized clinical trial. J Am Geriatr Soc. 2004 3.Holden, M. A., Haywood, K. L., Potia, T. A., Gee, M., & McLean, S. Recommendations for exercise adherence measures in musculoskeletal settings: A systematic review and consensus meeting (protocol). Systems Review, 3, 10. 2014
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La presa in carico precoce della donna operata al seno per carcinoma mammario
La presa in carico precoce della donna operata al seno per carcinoma mammario Falossi F, Pomini E, Silvestri C, Bianchini S, Raffaetà G, Roncella M (Pisa) Introduzione Il tumore al seno è una malattia estremamente diffusa nel mondo occidentale. In Italia il carcinoma mammario colpisce 1 donna su 8 e grazie all’efficacia dei trattamenti è molto rilevante il numero di pazienti che sopravvivono alla malattia nel lungo termine. Tutto questo ha spostato l’attenzione della comunità scientifica sugli esiti che possono persistere ed impattare negativamente sulla qualità di vita e sulle tecniche con le quali prevenire queste complicanze. Anche la riabilitazione ha seguito questi cambiamenti ed oggi è attenta a garantire una presa in carico globale della donna offrendo risposte a tutti i bisogni riabilitativi che possono sopraggiungere durante il percorso terapeutico affrontato dalla donna. Nella presa in carico riabilitativa un aspetto fondamentale è legato all’educazione della paziente. Per ridurre al minimo le conseguenze dell’intervento e delle terapie la presa in carico deve essere precoce e attenta ad individuare i segni e sintomi precoci che possono insorgere e deve fornire indicazioni precise e chiare alle pazienti. Per questo già dalla fase di ricovero è indispensabile la presenza di un team di fisioterapisti che accompagni e guidi le pazienti operate. In questo studio abbiamo riportato l’esperienza di una Breast Unit nella gestione precoce delle complicanze riabilitative della donna operata al seno Materiali e Metodi Il Centro Senologico della AOUP esegue più di 1150 interventi/anno (dato 2017) per patologia mammaria, in gran parte per neoplasia maligna, con 650 nuovi casi l’anno. Un team di fisioterapisti è disponibile già nel peri e post-operatorio per affrontare precocemente le complicanze riabilitative. In particolare oltre all’attività di educazione terapeutica che viene eseguita durante il ricovero ordinario, i fisioterapisti sono disponibili anche durante tutto l’iter delle medicazioni per continuare con l’educazione terapeutica o svolgere piccoli interventi fisioterapici in stretto contatto coi chirurghi ed infermieri della senologia. Abbiamo effettuato uno studio osservazionale retrospettivo con l’ obiettivo di valutare il bisogno riabilitativo della donna operata al seno in fase precoce. Sono state prese in esame tutte le pazienti sottoposte ad intervento chirurgico, in ricovero ordinario, dal 31.12.2018 al 01.03.19. Per ogni paziente sono stati rilevati i seguenti parametri: età, tipo di intervento chirurgico, eventuali terapie neoadiuvanti, comorbidità, numero di medicazioni eseguite nel post-intervento, numero di accessi all’ambulatorio fisioterapico, problematica riabilitativa individuata (dolore, funzionalità della spalla, edema seno e arto superiore, problematiche cicatriziali), attivazione del percorso riabilitativo ambulatoriale. Il periodo di osservazione ha avuto durata di 6 mesi. Risultati Dal 31.12.18 al 01.03.19 sono stati eseguiti 159 interventi in ricovero ordinario. L’età media del campione è di 58,3 anni (min 32, max 89). Sono stati eseguiti 76 interventi di quadrantectomia, 59 mastectomie di cui 45 con ricostruzione, 6 interventi di ricostruzione con lembo autologo, 21 secondi tempi chirurgici. 21 pazienti hanno eseguito chemioterapia neodiuvante. Nel posto operatorio il numero medio di medicazioni a paziente è stato 3,3 (min 1, max 21). La permanenza media del drenaggio oltre il ricovero è stata di 12,7 gg (min 2 max 30). La problematica principale a medicazione è stata il sieroma (27,7%), seguito da ritardi di guarigione della ferita e più raramente da infezioni. Delle 159 pazienti, 88 (55,3%) hanno necessitato di intervento fisioterapico durante l’iter delle medicazioni. L’età media di queste pazienti è risultata lievemente inferiore a quella del campione (56,8 aa). Il numero medio di sedute a paziente è stato di 2,75 con un minimo di 1 ad un massimo di 8. Le principali problematiche come mostrato da grafico sono state la limitazione funzionale della spalla (62 pz), la linfosclerosi (20 pz) e il sieroma (19 pz). Per quanto riguarda la linfosclerosi , l’età media delle pazienti affetta è risultata sensibilmente più bassa rispetto a quella di tutto il campione (51 aa). Delle pazienti affette da linfosclerosi, il 72% erano state sottoposte ad intervento di linfoadenenctomia, il 18% a biopsia del linfonodo sentinella. Nella tabella seguente sono riportate le percentuali di pazienti che hanno necessitato di intervento fisioterapico in base alla tipologia di intervento chirurgico e alle terapie neodiuvanti eseguite. Gli interventi chirurgici che maggiormente hanno richiesto un intervento fisioterapico sono stati: la ricostruzione con lembo di gran dorsale e le mastectomie. Inoltre la linfoadenectomia ascellare e la chemioterapia neoadiuvante appaiono essere, come già noto, fattori predisponenti all’insorgere di complicanze riabilitative nel post operatorio. Del campione di 159 pazienti, ad un periodo di osservazione di 6 mesi, solo 7 pazienti hanno necessitato di eseguire un trattamento riabilitativo ambulatoriale, sottolineando quindi l’importanza di una presa in carico precoce della donna operata per carcinoma mammario. Conclusioni Le complicanze riabilitative precoci della paziente sottoposta a chirurgia mammaria sono frequenti e necessitano di un’attenta e adeguata presa in carico in fase precoce per ridurre al minimo le sequele funzionali nel lungo termine e garantire cosi la migliore qualità di vita alla donna. Bibliografia An De Groef, Marijke Van Kampen, Evi Dieltjens, Marie-Rose Christiaens, Patrick Neven, Inge Geraerts, Nele Devoogdt. Effectiveness of postoperative physical therapy for upper-limb impairments after breast cancer treatment: a systematic review. Archieves of Physical Medicine and Rehabilitatio, 2015 96:1140-1153. Yang A, Sokolof J, Gulati A. The effect of preoperative exercise on upper extremity recovery following breast cancer surgery: a systematic review. Int J Rehabil Res 2018 Sep;41(3):189-196.
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La frattura del femore nell’anziano: uno studio esplorativo sull’efficacia di un training focalizzato sulla regolazione emotiva
LA FRATTURA DEL FEMORE NELL’ANZIANO: UNO STUDIO ESPLORATIVO SULL’EFFICACIA DI UN TRAINING FOCALIZZATO SULLA REGOLAZIONE EMOTIVA. Dr Alessandro Tomba, Dr Antonello Valerio Caserta, Dr Lorenzo Panella – ASST Gaetano Pini- CTO -Polo Riabilitativo Fanny Finzi Ottolenghi – Milano Dott.sse Stefania Balzarotti, Marta Balzan, Federica Biassoni, Paola Iannello e Debora Manfredi. Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica – Milano INTRODUZIONE: obiettivo dello studio è testare l’efficacia di un intervento di potenziamento dell’autoefficacia percepita e del benessere emotivo attraverso l’utilizzo della narrazione autobiografica come strumento di supporto nella valutazione da parte dell’anziano dell’evento accaduto e della propria esperienza emotiva a riguardo. MATERIALI E METODI: il campione iniziale selezionato è stato di 55 pazienti ricoverati in reparto di riabilitazione in seguito a intervento di frattura femore: sono stati esclusi i pazienti affetti da deterioramento cognitivo e patologie psichiatriche: del campione iniziale 26 soggetti hanno rifiutato di effettuare il training, 5 sono drop out ( di questi 31 pazienti 10 sono stati comunque sottoposti alla valutazione iniziale); i pazienti selezionati sono stati suddivisi in due gruppi: il gruppo sperimentale (16 soggetti) sottoposto al protocollo di training narrativo e il gruppo di controllo (8 soggetti) a cui sono state proposte semplici attività di svago. Il gruppo sperimentale è stato sottoposto a un programma di 6 incontri individuali finalizzati a indagare il loro vissuto in relazione alla frattura ed esplorare le personali strategie cognitive di regolazione emotiva allo scopo di promuovere quelle funzionali al benessere del soggetto. Ai soggetti sono stati somministrati 4 questionari di valutazione (Cognitive Emotion Regulation Questionnaire 1- Geriatric Depression Scale2 – General self efficacy scale – Flourishing scale) in fase pre-training e in fase post -training. A tutti i partecipanti è stato somministrata richiesta di consenso informato allo studio . RISULTATI: Alla valutazione pre-training non sono emerse differenze fra i due grupp ma si è osservato un ridotto utilizzo della strategia di pianificazione nei soggetti che non hanno voluto proseguire il trattamento.La strategia di accettazione è stata utilizzata da tutti i gruppi in misura maggiore rispetto alle altre strategie di regolazione emotiva ( valutazione con Cognitive Emotion Regulation Questionnaire). Al confronto fra pre e post-training alla Geriatric Depression Scale l’indice di stato depressivo si riduce nel gruppo sperimentale ma senza significatività statistica: il grado di benessere psicologico valutato con la Flourishing scale incrementa significativamente nel gruppo sperimentale; in entrambi i gruppi i punteggi di autoefficacia (General self efficacy scale) sono maggiori alla valutazione post-training con significatività statistica. CONCLUSIONI: in un’ottica di valutazione multidimensionale dell’ outcome funzionale della riabilitazione del paziente anziano ricoverato per frattura di femore questo studio preliminare ha mostrato risultati suggestivi: attraverso l’intervento di un team specialistico si è evidenziata la possibilità di promuovere la percezione personale del paziente di avere le risorse per riuscire a superare l’evento traumatico allontanando il rischio di insorgenza di sintomi depressivi e al contrario aiutandolo a potenziare strategie emotive funzionali al recupero del proprio benessere. E’ previsto un follow up attraverso somministrazione telefonica dei questionari a 45 giorni dalla dimissione ed è auspicabile un ampliamento dello studio per migliorare la significatività di questi risultati preliminari. BIBLIOGRAFIA: 1.Garnefski N., Kraaij V., and Spinhoven P.: Negative life events, cognitive emotion regulation and emotional problems. Personality and Individual Differences 2001; 30: pp. 1311-1327 2.Givens JL1, Sanft TB, Marcantonio ER.Functional recovery after hip fracture: the combined effects of depressive symptoms, cognitive impairment, and delirium.J Am Geriatr Soc. 2008 Jun;56(6):1075-9. doi: 10.1111/j.1532-5415.2008.01711.x. Epub 2008 Apr 18
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Balance impairment e fratture vertebrali da osteoporosi: studio preliminare
Balance impairment e fratture vertebrali da osteoporosi: studio preliminare Falossi Francesca, Menconi Agnese, Pelagatti Alessio, Raffaetà Gloria (Pisa) Introduzione Le fratture vertebrali da fragilità, complicanze temibili e spesso sottostimate dell’osteoporosi, sono responsabili di numerose conseguenze sotto il profilo clinico e funzionale. Fra le conseguenze più temibili, le alterazioni del controllo posturale, meritano particolare attenzione in quanto responsabili di alterazioni dell’equilibrio con conseguente rischio di caduta ed eventuale nuova frattura. Molti fattori influiscono sul controllo posturale, come il dolore, l’età, la scarsa mobilità. Alcuni studi in letteratura eseguiti su pazienti anziani affetti da osteoporosi hanno sottolineato come la presenza stessa della frattura vertebrale sia in grado di influire sul controllo posturale. Purtroppo ancora oggi poco si conosce sui meccanismi responsabili delle alterazioni del controllo posturale in questa tipologia di pazienti. Scopo dello studio: individuare quale variabile, legata alla frattura vertebrale da fragilità, sia maggiormente responsabile delle alterazioni del controllo posturale. Le variabili prese in esame sono: numero di fratture, indice di gravità di frattura e postura flessa. Materiali e Metodi Abbiamo selezionato un campione di pazienti affetti da frattura vertebrale da fragilità afferenti all’ambulatorio multidisciplinare “Diagnosi Cura e Riabilitazione delle Fratture Vertebrali da Osteoporosi” della AOUP. Variabili analizzate: Numero di fratture vertebrali (N° VF) Spinal Deformity index per gravità di frattura (SDI) Distanza occipite muro (D-OM) per la postura flessa Esame stabilometrico statico EuroQuol-5D per qualità di vita (EQ 5D GH, EQ 5D index) Scala Barthel Geriatric Depression Scale (GDS) Scala Vas dorsale e lombare Test del cammino in 20 m Criteri di esclusione: presenza di frattura vertebrale recente (<3 mesi) o fratture in altri siti scheletrici, alterazioni della mobilità legate a patologie ortopediche o neurologiche processi infettivi o patologie sintomatiche del rachide (stenosi del canale, disciti, ernia discale), alterazioni del sistema visivo e del sistema vestibolare Risultati Il campione in esame è risultato composto da 60 femmine e 4 maschi, con età media di 71 anni (min 48, max 88). I risultati dell’analisi statistica condotta non hanno evidenziato una chiara relazione fra le variabili delle fratture vertebrali prese in esame (numero e gravità di fratture vertebrali e postura flessa) e i parametri stabilometrici. La postura flessa appare avere una correlazione significativa con età, dolore lombare, test del cammino in 20 m e scala Barthel. Alcuni parametri stabilometrici risultano correlati con età, Geriatric Depression Scale e scala Barthel. Limiti dello studio: Lo studio ha natura retrospettiva e coinvolge solo un numero limitato di pazienti. Il campione è eterogeneo dal punto di vista della distanza dalla prima frattura vertebrale e la visita, le alterazioni dell’equilibrio sono state analizzate con indagini strumentali solo in statica. Saranno necessarie ulteriori ricerche per comprendere i meccanismi alla base delle alterazioni dell’equilibrio nei pazienti con frattura vertebrale da osteoporosi. Conclusioni Le alterazioni dell’equilibrio nel paziente osteoporotico ed in particolare nel paziente con fratture vertebrali da fragilità sono fra le conseguenze più temibili. Dal nostro studio non è stato possibile identificare le variabili maggiormente responsabili di queste alterazioni, sottolineando una genesi complessa e multifattoriale. Il controllo posturale e la sua adeguata valutazione nel paziente con fratture vertebrali da fragilità sono un aspetto fondamentale e , come già sottolineato in letteratura, è importante indagarli nella pratica clinica sia con test clinici che con esami strumentali. Bibliografia Giannotti S1, Carmassi F, Bottai V, Dell’Osso G, Gazzarri F, Guido G. Comparison of 50 vertebral compression fractures treated with surgical(kyphoplasty) or nonsurgical approach. Clin Cases Miner Bone Metab. 2012 Sep;9(3):184-6. Epub 2012 Dec 20. - Balzini L, Vannucchi L, Benvenuti F, Benucci, Monni M, Cappozzo A, Stanhope SJ. (2003). Clinical characteristics of flexed posture in elderly women. American Geriatrics society, 1419-1426 - Briggs AM, Greig AM, Bennell KL, Hodges PW. (2007). Paraspinal muscle control in people with osteoporotic vertebral fracture. Eur Spine J, 1137-44 - Radebold A, Cholewicki J, Polzhofer GK, Greene HS. (2001). Impaired postural control of the lumbar spine is associated with delayed muscle response times in patients with chronic idiopathic low back pain. Spine, 724-730 - Carpenter MG1, Frank JS, Silcher CP, Peysar GW. The influence of postural threat on the control of upright stance. Exp Brain Res. 2001 May;138(2):210-8. - Greig, A., Bennell, K., Briggs, A., Wark, J., & Hodges, P. (2007). Balance impairment is related to vertebral fracture rather than thoracic Kyphosis in individuals with osteoporosis. OsteoporosInt, 543-551. - Gerdhem, P. (2013). Osteoporosis and fragility fractures. Best Practice & Clinical Rheumatology , 743-755. - Katzmann WB, Vittinghoff E, Kado DM ( 2011) . Age-related hyperkyphosis, independent of spinal osteoporosis is associated with impaired mobility in older community-dwelling women. OsteoporosInt; 22: 85-90. - Ishikawa Y, Miyakoshi N, Kasukawa Y, Hongo M, Shimada Y. (2009). Spinal curvature and postural balance in patients with osteoporosis. Osteoporosis Int , 2049-53. - Balestroni, G., & Bertolotti, G. (2012). L'EuroQol-5D (EQ-5D): uno strumento per la misura della qualità della vita. Monaldi Arch Chest Dis , 155-159. - Mahoney, F., & Barthel, D. (1965). Functional evaluation. The Barthel Index. Md State Med J , 1-65. - Sheikh, J., &Yesavage, J. (1986). Geriatric depression scale (GDS): Recent evidence and development of a shorter version. Clinical Gerontology , 165-173. - Greig AM, Briggs AM, Bennell KL, Hodges PW (2014). Trunk muscle activity is modified in osteoporotic vertebral fracture and thoracic kyphosis with potentioal consequences for vertebral health. PLoS One - Gerdhem P, Ringsberg KA, Akesson K (2006). The relation between previous fractures and physical performance in elderly women. Arch Phys Med Reahbil; 87: 914-917 - Lynn SG, Sinaki M, Westerlind KC (1997) Balance characteristics of persons with osteoporosis. Arch Phys Med Rehabil 1997; 78:273-7 - Antonelli-Incalzi R, Pedone C, Cesari M, Di Iorio A, Bandinelli S, Ferrucci L. Relationship between the occiput-wall distance and physical performance in the elderly: a cross sectional study. Aging ClinExp Res 2007; 19: 207-212 - Sinaki M, Brey RH, Hughes CA, Larson DR, Kaufman KR. Balance disorder and increased risk of falls in osteoporosis and kyphosis: significance of kyphotic posture and muscle strength. OsteoporosInt 2005; 16: 1004-1010
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Valutazione dell’assetto posturale in pazienti con frenulo linguale corto: studio preliminare
Valutazione dell’assetto posturale in pazienti con frenulo linguale corto: studio preliminare G. Palattella, F. Falossi, A. Menconi, G. Raffaetà Introduzione Tra il sistema stomatognatico ed il sistema posturale esiste una connessione di tipo biomeccanico, realizzata dal sistema muscolo-connettivale che mette in continuità la struttura cranio-mandibolare con quella cervicale (fig.1). A livello del sistema stomatognatico esiste inoltre un importante bagaglio informazionale rappresentato dalle afferenze propriocettive che originano dai fusi neuromuscolari dei muscoli masticatori e linguali, dai propriocettori tendinei, dai meccanocettori articolari e dai pressocettori alveolari e paradontali. Tutte queste informazioni raggiungono il sistema nervoso centrale e sono fondamentali per la regolazione dell’apparato stomatognatico e dell’assetto posturale generale. La lingua, all’interno di questo sistema, riveste un ruolo di primaria importanza. Diversi autori sostengono che una disfunzione della deglutizione possa portare ad un’alterazione dell’assetto posturale: in particolare in letteratura è descritto come soggetti con un accorciamento del frenulo linguale (fig. 2) presentino un’anteriorizzazione sul piano sagittale della testa e una tensione della muscolatura anteriore che può incidere sull’assetto del rachide e conseguentemente alterare l’assetto posturale generale Lo scopo di questo studio è quello di valutare l’eventuale correlazione tra la brevità del frenulo, l’ assetto posturale e l’ appoggio del piede in soggetti in età evolutiva, al fine di approfondire le conoscenze inerenti il sistema posturale e migliorare l’eventuale trattamento di rieducazione posturale. Materiali e Metodi In questo studio sono stati reclutati 49 soggetti volontari, di età compresa tra 8 e 17 anni. I partecipanti allo studio sono stati sottoposti a visita clinica posturale, misurazione dell’impronta podalica, valutazione posturografica con pedana baropodometrica e stabilometrica, valutazione del frenulo linguale. All’interno della visita clinica sono stati misurati inoltre i rapporti tra la posizione del capo, del piano scapolare e del piano gluteo sul piano sagittale; attraverso la misurazione dell’istmo e calcagno su podoscopio è stata eseguita la classificazione dell’impronta podalica; la valutazione con pedana di forza è stata effettuata in posizione bipede statica per la rilevazione di diversi parametri tra cui del centro di massa corporea, la percentuale di carico e la distribuzione retro-avampodalica, la distribuzione del carico dei due piedi, il punto di massima pressione; per quanto riguarda il frenulo linguale è stata effettuata una misurazione mediante il protocollo Marchesan con l’utilizzo calibro digitale. Risultati In base alla lunghezza del frenulo il campione è stato diviso in due gruppi rispettivamente: gruppo A, composto da 26 soggetti con frenulo linguale normale ed indice di Marchesan compreso tra 52% e 81%, gruppo B, composto da 23 soggetti con frenulo linguale corto e indice di Marchesan compreso tra 25% e 50% (fig 10). Nei soggetti del gruppo B con frenulo linguale corto, si è riscontrata una maggiore anteriorizzazione del capo sul piano sagittale (2,04 cm) rispetto ai pazienti del gruppo A (1,63 cm) ed anche una maggiore anteriorizzazione del piano occipitale nel gruppo B (5,70 cm) rispetto a gruppo A (4,45 cm) (fig. 9 , fig 10); questi dati sono in accordo con la letteratura. Sempre nel gruppo B abbiamo riscontrato inoltre una maggiore percentuale di soggetti con piede cavo (58,7 %),rispetto al gruppo A (23%) (fig. 9 , fig 10) ; non abbiamo invece rilevato nessuna differenza significativa della distribuzione dei carichi tra avampiede e retropiede fra i due gruppi all’esame baropodometrico statico (fig.10). Conclusioni I risultati dello studio mettono in evidenza, in accordo con la letteratura, che alterazioni del sistema stomatognatico, in particolare la brevità del frenulo linguale, possono alterare l’assetto posturale, soprattutto sul piano sagittale (fig 11), e l’appoggio podalico (fig 8). Sono comunque necessari ulteriori ricerche per comprendere più nel dettaglio i meccanismi attraverso i quali una masticazione e una deglutizione scorretta influenzano la postura. Questo studio vuole essere uno stimolo all’approfondimento della correlazione tra le varie componenti del sistema posturale, per una migliore comprensione dei meccanismi che regolano l’assetto posturale e il conseguente utilizzo di rieducazioni ed interventi riabilitativi mirati, specifici e multidimensionali. Bibliografia 1 Lumbau A., Schinocca L., Chessa G., “Influence of posture on swallowing”, European Journal of Paediatric Dentistry, 2011, Sep, 12(3):171-4. 2 Lee J.H., “Effects of forward head posture on static and dynamic balance control”, Journal of Physical Therap Science, 2016, Jan, 28(1):274-7. 3 Alghadir A.H., Zafar H., Iqbal Z.A., “Effect of tongue position on postural stability during quiet standing in healthy young males”, Somatosensory & Motor Rsearch, 2015, Sep, 32(3):183-6
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Stimolazione transcranica con corrente diretta prefrontale associata a training in un caso di limb-kinetic apraxia da degenerazione cortico-basale (CBD)
Stimolazione transcranica con corrente diretta prefrontale associata a training in un caso di limb-kinetic apraxia da degenerazione cortico-basale(CBD). INTRODUZIONE L’aprassia consiste nell’incapacità di compiere movimenti finalizzati ad uno scopo in assenza di deficit motori sensitivi o di coordinazione. La degenerazione corticobasale (CBD) è una taupatia che si ascrive allo spettro dei parkinsonismi atipici. Tra i sintomi di questa patologia l’aprassia è uno dei più caratterizzanti. L’approccio riabilitativo rimane al momento l’unica risorsa disponibile (Marsili et al, 2015) per questo deficit altamente invalidante. Classificazione delle aprassie: • Aprassia ideativa: Incapacità di rappresentare mentalmente il programma dell’azione del gesto da compiere • Aprassia ideomotoria: Deficit nell’attivazione della corretta sequenza motoria per effettuare il movimento (rappresentazione mentale integra) • Aprassia buccofacciale: Deficit nella riproduzione di espressioni facciali e suoni • Limb kinetic apraxia: Deficit nei movimenti delle dita e della postura delle mani, con interessamento maggiore di un arto ed un’alterazione di tutti i tipi di movimento (transitivi ed intransitivi) indifferentemente dalla modalità con cui sono evocati (visiva, verbale, tattile) OBIETTIVI Case report per valutare l’efficacia di un trattamento riabilitativo combinato alla stimolazione cerebrale tramite tDCS che si sta rivelando una tecnica molto promettente nella facilitazione del recupero in ambito riabilitativo. MATERIALI E METODI Caso: donna di 73 anni, casalinga Anamnesi Patologica: nel 2015 esordio di impaccio nell’uso delle mani progressivamente interessante i quattro arti ed il distretto buccofacciale. Eseguite indagini strumentali e neurochimiche risultate compatibili con diagnosi di possibile CBD. Obiettività neurologica: ipertono di tipo extrapiramidale ai 4 arti e grave aprassia prevalente agli arti superiori classificabile come limb kinetic apraxia. Scale di valutazione: test di aprassia ideomotoria (Bartolo et al. 2008), matrici di Raven 47 colorate Ciclo riabilitativo eseguito: Un ciclo di 10 sedute della durata di 1 ora e mezza, 2 volte a settimana, caratterizzate da tre fasi; 1. una seduta di circa 20 minuti di esercizi di attivazione della motilità fine delle dita; 2. 20 minuti di training mediante motor imagery (visione di gesti funzionali quali impugnare un bicchiere, una forchetta e un cucchiaio contemporaneamente ad una stimolazione a 2mA con tDCS anodica in regione prefrontale dorso-laterale sinistra e catodica in regione frontale destra. 3. addestramento all’uso delle posate durante il pasto. RISULTATI E’migliorato il punteggio riguardante l’imitazione di gesti transitivi che si sono mantenuti tuttavia al di sotto del cut-off di normalità. E’ migliorato il punteggio al test di Raven, con persistenza di errori di integrazione percettiva ma diminuzione delle perseverazioni. CONCLUSIONI • Il caso da noi presentato è una forma di aprassia che può essere classificata come limb-kinetic apraxia (LKA) dato che, rispetto alla AIM, la valutazione testale ha evidenziato che i gesti transitivi e intransitivi sono colpiti in uguale maniera e indipendentemente dalla modalità di valutazione (verbale, visiva, tattile) (Leiguarda et al, 2003). Inoltre gli errori eseguiti dalla paziente riguardano soprattutto la singolarizzazione delle dita e si accompagnano a anomalie posturali come la distonia (Leiguarda et al, 2003). • Dato che nella LKA il circuito neurale compromesso si ritiene sia quello livello frontoparietale deputato alla manipolazione ed al grasping , corrispondente alla parte più rostrale della corteccia premotoria ventrale ( F5) insieme a ad un deficit nell’inibizione corticale (Leiguarda et al, 2003), la stimolazione anodica in regione prefrontale dorso –laterale(PFDL) è giustificata e spiega il miglioramento ottenuto. A riprova che la stimolazione di PFDL è stata efficacie sta il miglioramento al test PM47. • In letteratura non sono presenti studi di modulazione prefrontale nella CBD. L’unico lavoro parzialmente confrontabile è stato effettuato stimolando con la tDCS la corteccia parietale inferiore sinistra (Bianchi et al, 2015), ma in soggetti affetti da AIM in CBD. • Il miglioramento dei punteggi del test di aprassia nella sottocategoria dei gesti transitivi è coerente con il tipo di gesti allenati. Inoltre, nel contesto ecologico si è osservata una maggior sicurezza e fluidità del gesto che hanno reso più efficace l’utilizzo delle posate e permesso una maggior indipendenza nell’alimentazione. In conclusione questo risultato può essere considerato incoraggiante e costituire il punto di partenza di un progetto pilota che dovrà coinvolgere un adeguato numero di soggetti e considerare un gruppo di controllo. BIBLIOGRAFIA: 1. Criteria for the diagnosis of corticobasal degeneration. MJ Armstrong et al. Neurology, 80, 2013 2. Limb-Kinetic Apraxia in Corticobasal Degeneration: Clinical and Kinematic Features. RC Leiguarda et al. Movement Disorders, 18.1, 2003. 3. Left parietal cortex transcranial direct current stimulation enhances gesture processing in corticobasal syndrome. M. Bianchi et al. European Journal of Neurology 2015. 4. Therapeutic interventions in Parkinsonism: Corticobasal degeneration. L. Marsili et al. Parkinsonism and related disorders 22, 2016.
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Traduzione e validazione transculturale della scala di valutazione Fugl-Meyer in lingua italiana
Introduzione La Fugl-Meyer (FMA) è una scala di valutazione standardizzata, specifica per i pazienti post -ictus con esiti di emiplegia e gold standard per la valutazione del grado di compromissione sensitiva e motoria del paziente emiplegico [1]. Esistono attualmente studi di validazione culturale in inglese, danese, norvegese, spagnolo, francese, ma non esiste una versione ufficiale validata in italiano. Obiettivo dello studio è la validazione culturale della versione italiana su di un gruppo di pazienti post-stroke, ricoverati presso la SOR Neurologica Fondazione Don Gnocchi ONLUS IRCCS, condivisa con l’Università di Göteborg (detentore dei diritti d’autore). Tramite questo studio, sono state identificate le incongruenze linguistiche e concettuali in grado di influenzare il punteggio, la comprensione, l’interpretazione e l’equivalenza culturale della scala, in modo da fornire una versione ufficiale italiana della scala. Materiali e Metodi: La traduzione e validazione culturale ha seguito un protocollo di traduzione standardizzato, approvato dall’Università di Göteborg: 1) la forward translation; 2) la revisione multidisciplinare eseguita da un team esperto; 3) la backward translation;4) la revisione finale per determinare la validità e l’applicabilità versione italiana. Sono stati arruolati complessivamente 10 pazienti post-ictus. Criteri di inclusione: età 18-90, insorgenza stroke 15 prima dell’arruolamento; stabilità clinica. Criteri di esclusione: disturbi del visus e/o dell’udito, amputazione di un arto (sup. o inf.), ictus cerebellare; pregresso ictus, declino cognitivo (MMSE<21). Per ogni paziente reclutato, due operatori hanno somministrato la scala allo stesso paziente per due giorni consecutivi, al fine di valutarne la ripetibilità. Analisi statistica: L’analisi di affidabilità inter ed intra operatore è stata effettuata utilizzando il metodo di Svensson sviluppato per dati appaiati, ordinali e categorici [2]. Il livello di consenso tra la prima e la seconda osservazione (per ciascun operatore) e tra i due diversi operatori, è stato stimato per ogni singolo item che compone la scala. In accordo con i riferimenti di letteratura, un livello di consenso ≥70% è stato ritenuto soddisfacente [3]. Utilizzando il metodo di Svensson è stato possibile calcolare indici descrittivi del livello di consenso tra le due valutazioni, per ciascuno dei quali sono stati calcolati anche gli intervalli di confidenza al 95%. Nei casi in cui gli intervalli di confidenza non includevano al loro interno il valore 0, la differenza tra le due valutazioni, sulla base dell’indice considerato, è stata considerata statisticamente significativa. Risultati: Sulla base dei risultati emersi, è stata evidenziata nei livelli di accordo inter- ed intra-rater , una variazione fra il 60 e il 100% sia nella sezione per l’arto superiore che in quella per l’arto inferiore. La maggior parte degli elementi ha invece dimostrato un alto livello di accordo con valori superiori al 70%. I punti in cui sono stati evidenziati livelli discordanti, sono stati rivisti dal team multidisciplinare, riconducendo tali incongruenze ad una variabile operatore-dipendente e, di conseguenza, non influenzanti in modo significativo la somministrazione. E’ stato dunque evidenziato un basso livello di discrepanza tra i giudizi apportati dai diversi operatori e un livello di accordo ben al di sopra del valore considerato soddisfacente nella maggior parte degli items. Conclusioni: Gli aggiustamenti finali, concordati all’interno del team multidisciplinare e sottoposti all’attenzione e supervisione dei ricercatori dell’Università di Göteborg, hanno permesso di giungere alla stesura della Versione Finale italiana definitiva. Tramite questo lavoro, quindi, è stato possibile ottenere uno strumento di valutazione affidabile, riproducibile, sensibile e culturalmente appropriato, così da presentarsi sia al paziente che al terapista in modo chiaro e con livelli di interpretazione operatore-dipendente limitati. In conclusione, clinici e i ricercatori italiani hanno così la possibilità di avere a disposizione uno strumento, considerato gold standard per la valutazione del paziente emiplegico, in una versione ufficiale e validata in lingua italiana. Bibliografia 1. Fugl-Meyer AR, Jaasko L, Leyman I, et al. The post-stroke hemiplegic patient. 1. A method for evaluation of physical performance. Scand J Rehabil Med. 1975;7:13–31; 2); 2. Nubia E. et al (2018): Translation and cultural validation of clinical observational scales the Fugl-Meyer assessment for post stroke sensorimotor function in Colombian Spanish, Disability and Rehabilitation; 3. Svensson, E., & Svensson, E. (1997). A coefficient of agreement adjusted for bias in paired ordered categorical data. Biometrical Journal, 39(6), 643-657.
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Modificazioni elastiche, morfologiche e circolatorie a livello del tendine d’Achille dopo l’applicazione di diatermia in soggetti sani: studio pilota
Modificazioni elastiche, morfologiche e circolatorie a livello del tendine d’Achille dopo l’applicazione di diatermia in soggetti sani: studio pilota Munari Daniele (1), Caramori Alberto (2), Leonardelli Arianna (3), Guerrini Andrea (1), Angela Modenese (2), Chemello Elena (1), Guerrazzi Flavio (4), Bertoldi Andrea (5), Smania Nicola (1, 2), Picelli Alessandro (1). 1. U.O.C. Neuroriabilitazione AOUI Verona; 2. Centro di Ricerca in Riabilitazione Neuromotoria e Cognitiva, Dipartimento di Scienze Neurologiche, Neuropsicologiche, Morfologiche e Motorie, Università degli Studi di Verona; 3 C.d.L. Fisioterapia, Università degli Studi di Verona 4. U.O.C. Recupero e Rieducazione Funzionale, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona; 5. U.O.C. Recupero e Rieducazione Funzionale, Ospedale Mater Salutis di Legnaco Introduzione Negli ultimi anni, nella pratica clinica quotidiana, si è assistito ad una rapida diffusione dell’utilizzo di dispositivi basati sulla diatermia che sfruttano il principio della produzione di calore endogeno per il trattamento di disturbi muscolo-scheletrici. Allo stato attuale, non sono ben noti gli effetti terapeutici e in letteratura non esistono studi che ne provano l’efficacia (1, 2). L’obiettivo del presente studio è stato quello di indagare gli effetti di applicazione di diatermia sulle modificazioni elastiche, morfologiche e circolatorie a livello del tendine d’Achille in soggetti sani. Materiali e Metodi E’ stato condotto uno studio pilota sperimentale su soggetti sani volontari valutati presso il “Centro di ricerca in riabilitazione neuromotoria e cognitiva” (CRRNC) dell’Università degli Studi di Verona. I criteri di inclusione sono stati: svolgere un’attività fisica regolare in modo autonomo, avere un’età compresa tra i 20 e 40 anni. I criteri di esclusione sono stati: avere una storia di allenamenti ad alta intensità o aver praticato sport a livello professionistico; avere una storia di dolore o infiammazione al tendine di Achille che li abbia costretti a sottoporsi ad un trattamento medico o ad un intervento chirurgico; avere controindicazioni all’applicazione di terapie fisiche. Ai soggetti sono stati sottoposti a 3 sedute di diatermia della durata di 14 minuti ciascuna (7 minuti in modalità capacitiva e 7 minuti in modalità resistiva) a livello del tendine di Achille dell’arto inferiore destro attraverso lo strumento I-TECHAR (I.A.C.E.R. srl. Martellago (Ve)) per due settimane consecutive per un totale di 6 sedute. Prima dell’inizio (T0) e alla fine (T1) del trattamento i soggetti sono stati sottoposti ad una valutazione ecografia al tendine d’Achille ad entrambi gli arti inferiori e sono stati rilevati i seguenti parametri: percentuale di durezza del tendine (%HRD), Cross Sectional Area (CSA), spessore e microcircolazione del tendine (3). Risultati Nello studio sono stati inseriti 15 soggetti con un età media di 29 ± 2,9 anni (range 22- 34 anni). Il rapporto tra maschi e femmine è di 2:1 (10 maschi 66% e 5 femmine 33%). Dai risultati preliminari si è dimostrato un miglioramento significativo della %HRD (p<0.001) dopo il trattamento nella zona sottoposta alla stimolazione attraverso la diatermia rispetto alla zona non trattata. Conclusioni Lo studio pilota condotto su soggetti sani ha dimostrato come un trattamento con diatermia al tendine d’Achille può̀ apportare modificazioni significative a livello strutturali. Tali cambiamenti possono essere oggetto trial clinici per indagare gli effetti di tale terapia nel trattamento di pazienti affetti da disturbi muscolo-scheletrici. Bibliografia 1. Durmus D, Ulus Y, Alayli G, et al. Does microwave diathermy have an effect on clinical parameters in chronic low back pain? A randomized-controlled trial. J Back Musculoskelet Rehabil 2014;27(4):435-443. 2. Chang YP, Chiang H, Shih KS, Ma HL, Lin LC, Hsu WL, Huang YC, Wang HK. Effects of Therapeutic Physical Agents on Achilles Tendon Microcirculation. J Orthop Sports Phys Ther. 2015 Jul;45(7):563-9; 3. Picelli A, Marchina E, Gajofatto F, Pontillo A, Vangelista A, Filippini R, Baricich A, Cisari C, Smania N. Sonographic and clinical effects of botulinum toxin Type A combined with extracorporeal shock wave therapy on spastic muscles of children with cerebral palsy. Dev Neurorehabil. 2016 Feb 18:1-5.
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Gestione del paziente affetto da Sindrome Fibromialgica: aspetti clinici e medico-legali
Gestione del paziente affetto da s. fibromialgica: aspetti clinici e medico-legali Cantini L., Falcone G., Pasquetti P. OBIETTIVO: 1) CONOSCERE LO STATO DELL’ARTE SULLA PATOLOGIA IN ITALIA per il corretto inquadramento medico-legale 2) VALUTARE le evienze in telleratura sull’utilizzo dell’agopuntura quale terapia antalgica che, secondo quanto indicato nelle stesse Canadian Guidelines versione anno 2011 pare essere una metodica cui ricorre il 90% dei pazienti affetti a scopo antalgico. MATERIALI E METODI: Disamina delle linee guida internazionali e degli assetti normativi nazionali a partire dal 1990 ad oggi sulla patologia Risultati PubMed – keyword “fibromyalgia” : 1981 – 4 articoli, 2016 – 423 articoli; 2019 – 10947 nel 2019 Motore di ricerca Google – chiave di ricerca “fibromyalgia”: nel 2009 circa 7.990.000 vs 18.100.000 nel gennaio 2017 Criteri diagnostici: 1. Conferenza Stato Regioni del 10 febbraio 2011: Piano Ministeriale di Indirizzo per la Riabilitazione suggerisce l’AFA (attività fisica adattata) come attività non rientrante tra le prestazioni sanitarie col compito di ricondizionare al termine della riabilitazione, combattere l’ipomobilità, favorire la socializzazione e promuovere stili di vita più corretti (prevenzione) introdotta sperimentazione AFA nella programmazione nazionale e regionale. 2. Consiglio Superiore di Sanitá – primo parere il 20 settembre 2011: proposta di una Consesus Conference multidisciplinare sul tema – secondo parere 14 settembre 2015, concluso con la proposta di non inserire la fibromialgia nell’elenco delle malattie croniche (allegato al Decreto Ministeriale n.329 del 1999), fino a quando non saranno definiti e validati i criteri e cut-off per l’identificazione delle forme più gravi e invalidanti, potenzialmente candidabili per l’inclusione nell’elenco ministeriale. PRESA IN CARICO DEL PAZIENTE AFFETTO DA S. FIBROMIALGICA – SITUAZIONE REGIONI ITALIANE Provincie Autonome di Bolzano e Trento: riconosciuta ESENZIONE dalla compartecipazione alla spesa sanitaria (Trento – Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari. Percorso diagnostico terapeutico per fibromialgia. Ottobre 2012) Valle d’Aosta e Veneto hanno riconosciuto la patologia, ma non l’esenzione Lombardia, Piemonte, e Toscana: approvata da parte dei rispettivi Consigli regionali una mozione che impegna la Giunta al riconoscimento della fibromialgia tra le malattie croniche ed invalidanti – in corso gruppi di lavoro Emilia-Romagna: q2016 istituito gruppo Marche: prima regione a dotarsi di un centro di riferimento per la Fibromialgia, istituito presso l’ospedale ‘Carlo Urbani’ di Jesi con Legge Regionale approvata nel dicembre 2017. tecnico di lavoro multidisciplinare La Sindrome Fibromialgica è una patologia frequente: – prevalenza tra il 2 ed il 4 per cento nella popolazione generale – maggior rappresentazione nel sesso femminile Diagnosi: CRITERI DELL’AMERICAN COLLEGE OF RHEUMATOLOGY(1990 e successive revisioni) 1. ALGIE DIFFUSE 2. dolorabilità in 11 o più di 18 possibili “tender points” 3. sondaggio self-report Sintomi di accompagnamento: rigidità articolare e contratture muscolari, turbe umore/sonno Il dolore muscoloscheletrico cronico si accompagna ad astenia e senso di fatica muscolare nonché intolleranza all’esercizio. Il dolore si presenta solitamente diffuso o multifocale, spesso di intensità altalenante, frequentemente migratorio, associato in genere a disestesia o parestesie di qualità apparentemente neuropatica con dolore di tipo urente, sensazioni di intorpidimento e fastidio al tatto o nell’indossare indumenti stretti nonché storia di algie diffuse ad altri distretti corporei in precedenza ed iperreatività sensoriale globale. (Determinazione Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare n.10928 del 8 luglio 2016) q2018 attivati progetti sperimentali per il trattamento delle persone affette da fibromialgia presso Ausl di Bologna e ne ha previsto il trattamento con l’agopuntura nell’Ausl di Bologna e Ausl Reggio Emilia q05.02.18 emesso le linee di indirizzo sulla gestione della fibromialgia che hanno individuato i criteri diagnostici e suggeriscono per la terapia l’AFA sia in acqua termale che a secco dieta gluten free e ad alto contenuto di antiossidanti ed elementi di excitotoxin eliminatio, terapia farmacologica con FANS, SSRI, SNRI, Amitriptilina, Gabapentin e Pregabalin, Oppioidi, Cannabinoid, trattamento non farmacologico con 1. algie diffuse da almeno tre mesi Attività fisica, Approccio Cognitivo Comportamentale, agopuntura e CAMs Non esiste terapia eziopatogenetica. Utile: -approccio integrato con TEAM MULTIDISCIPLINARE: FISIATRA, PSICHIATRA, FISIOTERAPISTA, -TERAPIE DI MEDICINA NON CONVENZIONALE, in particolare AGOPUNTURA, OMEOPATIA E FITOTERAPIA – ESERCIZIo terapeutico assistito o IN AUTOGESTIONE PREVIA ISTRUZIONE – DIETA, soprattutto a basso contenuto di glutine, lieviti e lattosio. – La presa in carico del paziente solitamente avviene tramite specialista algologo, reumatologo o fisiatra che effettua la diagnosi. -Agopuntura: poche evidenze (Sistematic Review di De Silva et al.): effetto positivo su contenimento rapido del dolore e potenziamento effetto antalgico antidepressivi triciclici; -commistione delle terapie fisiche con ginnastiche dolci quali Tai Chi e Qigong. tecniche di respirazione e meditazione. -trattamenti chiropratici: in particolare le manipolazioni hanno dimostrato efficacia nel contenimento del dolore soprattutto alla colonna lombare. L’idrochinesiterapia e la terapia con acqua termale o la talassoterapia sembrano aver prodotto un sollievo della sintomatologia algica Conclusioni La gestione del paziente affetto da S. Fibromialgica presenta numerose criticitá dal punto di vista clinico e medicolegale allo stato attuale per l’assenza di norme e linee guida di carattere nazionale che possano uniformare la diagnostica, il trattamento ed il follow up di questi pazienti a fronte di una patologia che presenta un alto impatto socioeconomico e certamente una notevole disabilitá per i pazienti affetti soprattutto a causa dell’elevato ritardo diagnostico per scarsa conoscenza delle linee guida internazionali, fenomeni di overdiagnosis della fibromialgia primaria e difficoltá nell’approfondimento eziopatogenetico nei casi di fibromialgia secondaria. Appare pertanto utile ed urgente a nostro avviso suggerire ulteriori studi in materia soprattutto relativamente alla gestione del dolore cronico e dei sintomi accessori, nonché della conseguente inabilitá lavorativa. Riferimenti Bibliografici – M. A. Fitzcharles, P. A. Ste-Marie, D. L. Goldenberg et al., “2012 Canadian Guidelines for the diagnosis and management of Fibromyalgia syndrome: executive summary,” Pain Research & Management, vol. 18, no. 3, pp. 119–126, 2013. – Kia, S.; Choy, E. Update on treatment guideline in fibromyalgia syndrome with focus on pharmacology. Biomedicines 2017, 5, 20. – Jacob Ablin, Mary-Ann Fitzcharles, et al., “Treatment of Fibromyalgia Syndrome: Recommendations of Recent Evidence-Based Interdisciplinary Guidelines with Special Emphasis on Complementary and Alternative Therapies” Hindawi Publishing Corporation Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine Volume 2013, Article ID 485272, 7 pages http://dx.doi.org/10.1155/2013/485272
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Sarcopenia: prevalenza e fattori di rischio nei pazienti over 65. L’esperienza della Riabilitazione Ortopedica di Padova
Sarcopenia: prevalenza e fattori di rischio nei pazienti over 65 Esperienza della Riabilitazione Ortopedica Università degli Studi di Padova Marta Rossella Valente, Simone Lovadina, Anna Chiara Frigo, Stefano Masiero UOC Riabilitazione Ortopedica – Università degli studi di Padova INTRODUZIONE La sarcopenia è una sindrome caratterizzata da una progressiva e generalizzata perdita di massa e di forza muscolare associata ad un elevato rischio di eventi avversi come disabilità fisica, ridotta qualità di vita, cadute, depressione, ospedalizzazione e morte. Attualmente è riconosciuta come una patologia muscolare indipendente, con un codice diagnostico nella International Classification of Disease – 10th Revision, Clinical Modification (ICD-10-CM). Nel 2018 l’European Working Group on Sacropenia in Older People (EWGSOP2) ha aggiornato l’algoritmo per la determinazione dei casi, la diagnosi e la severità della sarcopenia. Se la forza muscolare risulta ridotta è probabile che il soggetto sia sarcopenico per cui si procede a misurare la quantità o qualità della massa muscolare. Nel caso in cui anche questa risulti inferiore ai valori soglia stabiliti la diagnosi è confermata e per determinarne la severità si valuta la performance fisica. Per quanto riguarda la forza muscolare solitamente si utilizza un dinamometro palmare per misurare la forza di presa della mano sinistra. La quantità di massa muscolare scheletrica totale (SMM) o appendicolare (ASMM) può essere stimata indirettamente con la bioimpedenziometria (BIA) attraverso la conduttività elettrica dell’intero corpo. Questo strumento di indagine ha il vantaggio di essere sicuro, economico, portatile, veloce, semplice da utilizzare, ampiamente disponibile e non invasivo, perciò estremamente vantaggioso nella pratica clinica. La velocità del cammino dei 4 metri è una metodica che consente di valutare la performance fisica. I cut-off della sarcopenia per quanto riguarda la forza muscolare, misurata attraverso la grip strenght, sono: < 27 kg per i maschi e <16 kg per le femmine. I valori soglia per la quantità di massa muscolare sono: ASM < 20 kg nei maschi e <15 kg nelle femmine o ASM/altezza 2 <7.0 kg/m2 per i maschi e <6.0 Kg/m2 per le femmine. La velocità del cammino  0,8 m/s è un indicatore di sarcopenia severa. Con l’invecchiamento della popolazione si è stimato che la prevalenza complessiva dei soggetti tra 65 e 100 anni con sarcopenia in Europa aumenterà del 72.4% nei prossimi 40 anni. Di conseguenza questo comporterà un aumento dei costi per l’assistenza sanitaria. Riconoscere tempestivamente i pz a rischio di sarcopenia e quelli sarcopenici permetterà di limitare le risorse economiche da investire per il trattamento delle problematiche correlate a questa patologia. Lo studio in corso si prefigge di analizzare la prevalenza della sarcopenia nei soggetti che accedono al servizio di Riabilitazione Ortopedica dell’Azienda Ospedaliera - Università degli Studi di Padova e di valutare le loro caratteristiche antropometriche, la loro condizione di salute generale (sia fisica che psichica), lo stato nutrizionale, l’autonomia nelle attività di vita quotidiana e la disabilità funzionale di eventuali comorbidità, al fine di individuare i principali fattori di rischio e quindi di attuare delle strategie diagnostiche e terapeutiche mirate al contenimento di tale condizione. MATERIALI E METODI Sono finora stati selezionati i pazienti reclutati dal 1 marzo al 31 agosto 2019 con uno Short Portable Mental Status Questionarie (SPMSQ) > 5, in assenza di disabilità totale alla deambulazione e di controindicazioni all’esecuzione della bioimpedenziometria (BIA). La forza di presa della mano sinistra è stata misurata utilizzando un dinamometro palmare, la velocità del cammino è stata calcolata tramite il test del cammino dei 4 metri, in cronometraggio manuale, e la BIA ha permesso di stimare la Massa Muscolare Scheletrica totale (SMM) e Appendicolare (ASM). Sono stati inoltre raccolti i seguenti valori antropometrici: peso, altezza, circonferenza a metà braccio e circonferenza del polpaccio e sono stati somministrati i seguenti questionari: EuroQol – 5 Dimention – 5 Level (EQ-5D-5L), Mini Nutritional Assessment (MNA), 12-Item Short-Form Health Survey (SF-12), Activities of Daily Living (ADL), Cumulative Illness Rating Scale (CIRS), Physical Activity Scale for the Elderly (PASE). RISULTATI Sono stati reclutati 103 pazienti, 40 maschi e 63 femmine. La prevalenza della sarcopenia, nella popolazione studiata, è risultata pari al 7,8% (0,97% nei maschi e 6,7% nelle femmine), mentre quella della sarcopenia grave del 5,8%. E’risultata una differenza statisticamente significativa, con un intervallo di confidenza del 95%, tra i sarcopenici e i non sarcopenici per quanto riguarda il BMI e la nutrizione valutata attraverso il questionario MNA. Non si è evidenziata, invece, una differenza statisticamente significativa tra questi due gruppi di pazienti per quanto riguarda l’attività fisica valutata attraverso il questionario PASE, il quale stima l’attività fisica svolta, ma non differenzia tra i vari tipi di esercizio fisico. Come evidenziato in letteratura la prevalenza della saracopenia è compresa tra 1-33%, tale variabilità è legata alle diverse popolazioni studiate; è maggiore nei pazienti più anziani, più complessi e gravi. E’ descritto un aumentato rischio di sarcopenia nei pazienti malnutriti o a rischio di malnutrizione. Per quanto riguarda l’attività fisica la letteratura sottolinea l’importanza dell’allenamento contro resistenza per favorire l’aumento della sintesi di proteine contrattili, della massa magra, della forza muscolare e della resistenza organica con positivi effetti in termini di prevenzione delle cadute. CONCLUSIONE La sarcopenia è una sindrome multifattoriale; il trattamento di tale condizione non potrà quindi che essere integrato, strutturato in base di un programma personalizzato di attività motoria adattata contro resistenza abbinato ad un corretto approccio alimentare. BIBLIOGRAFIA J. Cruz-Jentoft et al., “Sarcopenia: revised European consensus on definition and diagnosis EUROPEAN WORKING GROUP ON SARCOPENIA IN OLDER PEOPLE 2 (EWGSOP2), AND THE EXTENDED GROUP FOR EWGSOP2,” Age Ageing, vol. 48, pp. 16–31, 2019. F. Giallauria, A. Cittadini, N. A. Smart, and C. Vigorito, “Resistance training and sarcopenia,” Monaldi Arch. Chest Dis. – Card. Ser., vol. 84, no. 1–2, p. 738, Jun. 2015. Laviano, C. Gori, and S. Rianda, “Sarcopenia and Nutrition,” 2014, pp. 101–136.
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Afasia Sottocorticale da emorragia nucleo lenticolare sx: Case Report e revisione della letteratura
Afasia Sottocorticale da emorragia nucleo lenticolare sx: Case Report e revisione della letteratura A.Celia, F. Meneguzzi, S. Del Tin, S. Finotto, F.Lenarduzzi, V.Bit, L.Fedele S.C. Riabilitazione – Ospedale S. Maria degli Angeli Pordenone – AAS 5 Friuli Occidentale Introduzione L’afasia viene tradizionalmente definita come una disfunzione “corticale”. In letteratura si descrive che circa il 30% dei pazienti con lesioni sottocorticali presentano disturbi afasici. In questo lavoro illustriamo il caso di un paziente di 53 anni, ricoverato per una vasta emorragia intra-assiale a livello del nucleo lenticolare di sinistra che si presentava all’ingresso con un’emisindrome destra (emiplegia flaccida), un eloquio incomprensibile, fluente, con compromissione di denominazione e ripetizione ed esecuzione di ordini semplici solo su imitazione. Materiali e metodi Alla valutazione fisiatrica eseguita in seconda giornata si prevedeva una presa in carico riabilitativa mediante l’attività del personale di reparto per l’igiene posturale a letto, del fisioterapista per la mobilizzazione e il progressivo recupero della stazione seduta a letto e in poltrona e per l’incentivazione della stimolazione senso motoria dell’ emisoma plegico con progressivo tentativo di ripresa dei trasferimenti. Veniva attivata la Logopedista per la presa in carico delle competenze comunicative. Alla prima valutazione formale del linguaggio emergeva un quadro di afasia fluente di entità moderata, inquadrabile come afasia sottocorticale con correlato corticale del tipo Wernike. Si evidenziava una compromissione della comprensione morfosintattica semplice e complessa e della produzione verbale per destrutturazione nella micro pianificazione linguistica a livello lessicale semantico e nella rappresentazione e seriazione fonologica di output. Era inoltre presente sovraccarico cognitivo che si manifestava attraverso calo attentivo e aumento degli errori linguistici che compromettevano ulteriormente le performance linguistiche. Si segnalava inoltre possibile deficit visivo per difficoltà nell’esplorazione dell’emicampo destro e la perimetria statica cinetica (sec Goldmann) confermava la presenza di una quadrantopsia laterale destra. L’audiometria aveva evidenziato una lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale in caduta sui toni acuti, leggermente peggiore a destra. Per l’esplorazione delle funzioni cognitive è stata utilizzata una batteria di 20 test neuropsicologici da cui si confermava un deficit di alcune funzioni esecutive: velocità psico-motoria, attenzione, pianificazione e memoria di lavoro, che compromettevano la memoria verbale a lungo termine. Presenti anche aprassia ideomotoria, dislessia fonologica, disgrafia centrale, anaritmetria. Veniva quindi incentivato il personale e i caregiver a implementare la comprensione verbale attraverso il canale visivo e gestuale, la ripetizione della richiesta mantenendo la stessa struttura linguistica, incentivare il rispetto dei turni conversazionali interrompendo qualsiasi attività verbale ai primi segni di stanchezza. Dopo 7 giorni veniva elaborato Il Progetto riabilitativo individuale che prevedeva il trasferimento nel reparto di riabilitazione intensiva dello stesso presidio Ospedaliero con programmi di riabilitazione motoria, cognitiva e logopedica. Discussione Il ruolo specifico delle strutture sottocorticali nel linguaggio appare ancora controverso e poco discusso. E’ noto che i gangli della base intervengano nelle funzioni di elaborazione e processazione motoria, compresa l’articolazione della parola e che il talamo intervenga in alcune funzioni linguistiche inclusa la memoria verbale. Esistono pochi studi in letteratura che correlano lesioni isolate del nucleo lenticolare (putamen e globo pallido) con disfunzioni del linguaggio e cognitive. Da essi vengono descritti quadri di afasia fluente o non fluente correlabili al volume dell’ematoma (> 20 ml difficoltà di ripetizione; > 40 ml peggiore fluenza verbale). Secondo alcuni autori le lesioni limitate al putamen e al nucleo caudato producono solo una leggera anomia, mentre vi è una correlazione più elevata fra l’estensione della lesione alla sostanza bianca e il quadro afasico. Secondo altri le afasie osservate in seguito a lesioni sottocorticali sono dovute ad un ipometabolismo corticale e non alla lesione in sé. Conclusioni La prognosi delle afasie sottocorticali spesso presenta un recupero rapido. Nei casi cronici si rilevano lievi deficit di tipo semantico-lessicale; si ritiene quindi che il talamo e i nuclei della base partecipino, assieme ad altre aree corticali, all’organizzazione semantico-lessicale del linguaggio. Il pattern clinico del nostro caso correla con la letteratura che corrobora con la partecipazione attiva delle strutture sottocorticali nelle funzioni cognitive superiori (elaborazione e processazione motoria, compresa l’articolazione della parola e in alcune funzioni linguistiche inclusa la memoria verbale). Bibliografia J Stroke Cerebrovasc Dis. 2015 Sep;24(9):1978-85. Executive Dysfunction in Patients with Putaminal Hemorrhage. Kokubo K, Suzuki K, Hattori N, Miyai I, Mori E. J Stroke Cerebrovasc Dis. 2013 Feb;22(2):132-42 Recovery process and prognosis of aphasic patients with left putaminal hemorrhage: relationship between hematoma type and language modalities. Komiya K, Sakai Y, Horikoshi T, Naganuma H. Eur Neurol. 2018;79(1-2):33-37 Aphasia Following Left Putaminal Hemorrhage at a Rehabilitation Hospital. Maeshima S, Okamoto S, Okazaki H, Funahashi R, Hiraoka S, Hori H, Yagihashi K, Fuse I, Tanaka S, Asano N, Sonoda S.
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Studio dell’attività elettromiografica nei muscoli ischio-crurali dei soggetti sani durante la valutazione del tono muscolare
L’ipertono velocità-dipendente è uno dei segni clinici positivi della sindrome del motoneurone superiore. E’ dovuto alla presenza del riflesso tonico da stiramento, facilmente registrabile utilizzando l’elettromiografia di superficie (s-EMG). Il riflesso da stiramento si divide in due tipi sulla base della velocità di allungamento imposta passivamente al muscolo esaminato: il riflesso da stiramento fasico e il riflesso da stiramento tonico. Il riflesso da stiramento fasico è evocato da allungamenti muscolari rapidi (> 200°/secondo), come quelli che si ottengono percuotendo col martelletto il tendine muscolare (riflessi osteo-tendinei) ed è evocabile anche nel soggetto sano. Il riflesso tonico, invece, si ottiene con allungamenti passivi più lenti, come quelli che vengono effettuati nel corso della valutazione del tono muscolare ed è un riflesso patologico che causa ipertono velocità dipendente nel soggetto affetto da sindrome del motoneurone superiore. Il soggetto affetto da ipertono velocità-dipendente può essere in grado di rilassare completamente il muscolo prima del suo allungamento passivo (tale condizione prende il nome di spasticità.) Altre volte, invece, il soggetto non è in grado di rilassare il muscolo a comando, che pertanto rimane tonicamente attivo anche prima dell’allungamento passivamente imposto (tale condizione prende il nome di distonia spastica.) (Marinelli et al., 2017: Trompetto et al., 2019). Questa ricerca è stata fatta per confermare l’effettiva assenza di attività EMG nel muscolo del soggetto sano, in condizione di rilassamento, durante la valutazione del tono muscolare. Nel nostro centro di neuro-riabilitazione, il riflesso tonico da stiramento viene comunemente utilizzato per misurare l’ipertono velocità-dipendente e quindi risulta fondamentale conoscere bene il comportamento di questo parametro nei soggetti sani.
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Gli effetti della dismetria degli arti inferiori sulla distribuzione dei carichi in ortostasi in una popolazione di soggetti sani
GLI EFFETTI DELLA DISMETRIA DEGLI ARTI INFERIORI SULLA DISTRIBUZIONE DEI CARICHI IN ORTOSTASI IN UNA POPOLAZIONE DI SOGGETTI SANI Farì Giacomo1, Carbotta Noemi1, Liaci Emanuele1, Mennuni Catia1, Oliva Maria Carmela1, Ribatti Palmira1, Santagati Dario1, Caforio Laura2, Pietro Fiore1, Marisa Megna1. 1 U.O. Medicina Fisica e Riabilitativa – Università degli Studi di Bari 2 Officine Ortopediche Caforio INTRODUZIONE: La dismetria degli arti inferiori (Leg Length Discrepancy, LLD) è distinguibile in anatomica, secondaria a una reale asimmetria ossea, e funzionale, dovuta ad anomalie biomeccaniche della funzione articolare e muscolare. La prevalenza di LLD, calcolata utilizzando le misure radiografiche, è del 90% nella popolazione normale; di questi la maggioranza dei casi può essere classificata come lieve dato che la differenza tra i due arti è inferiore a 1 cm [1]. Una serie di studi dimostra che la LLD è associata a cambiamenti posturali e funzionali, che possono essere correlati a patologie muscoloscheletriche. Tuttavia, il grado di LLD richiesto per causarle o contribuirvi rimane controverso [2]. Lo scopo di questo studio è di indagare sull’effetto in posizione statica della dismetria degli arti inferiori in termini di variazioni di carico su ciascun arto. MATERIALI E METODI: Abbiamo analizzato una popolazione di 48 soggetti volontari sani, di età compresa tra 20 e 30 anni, con arti inferiori della medesima lunghezza, misurata clinicamente come distanza tra la spina iliaca anteriore superiore e il malleolo tibiale. Per ciascun soggetto sono state eseguite 5 rilevazioni posturali statiche utilizzando un’apposita pedana baropodometrica (EcoFoot 4.0). E’ stato eseguito un esame posturale standard (soggetto scalzo, in posizione eretta statica), poi ripetuto con l’aggiunta di rialzi in poliuretano di 1 e 2 cm di spessore, alternativamente a destra e a sinistra (1 cm a dx, 2 cm a dx, 1 cm a sin, 2 cm a sin), simulando una dismetria degli arti. Sono state quindi rilevate le percentuali di carico per singolo piede per ciascuna rilevazione, sapendo che in condizioni normali il peso corporeo viene equamente suddiviso tra i due arti (con un range di oscillazione fisiologica pari a 50 ±3%). L’analisi statistica è stata eseguita con test T di student per dati appaiati e con test dei ranghi con segno di Wilcoxon. Per tutti i test è stato considerato significativo un valore di p<0,05. RISULTATI: Dall'analisi dei dati abbiamo ottenuto che la percentuale di carico che grava sul piede destro in condizioni normali (Carico dx normale: 52,9±5,6% (range: 39,5 – 65,7)) aumenta in maniera statisticamente significativa aggiungendo il rialzo di 1 cm dallo stesso lato (54,5±6,8%; z=2,1; p=0,038), tale tendenza si consolida e si conferma portando il rialzo a 2 cm a destra (55,3±7,5%; t=2,1; p=0,039). Consensualmente, la percentuale del peso corporeo che insiste sul piede destro in condizioni normali si riduce progressivamente aggiungendo a sinistra il rialzo di 1 cm (49,7±7,4%; z=4,3; p=0,000) e di 2 cm (49,3±8,1%; z=3,2; p=0,001). Analogamente abbiamo riscontrato che la percentuale di carico che grava sul piede sinistro in condizioni normali (Carico sn normale: 47,1±5,6 (range: 34,3 – 60,5)) aumenta in maniera statisticamente significativa aggiungendo il rialzo di 1 cm dallo stesso lato (50,3±7,4%; z=4,3; p=0,000), tale tendenza si consolida e si conferma portando il rialzo a 2 cm a sinistra (50,7±8,1%; t=3,2; p=0,001). Consensualmente, la percentuale del peso corporeo che insiste sul piede sinistro in condizioni normali si riduce progressivamente aggiungendo a destra il rialzo di 1 cm (45,5±6,8%; z=2,1; p=0,038) e di 2 cm (44,7±7,5%; t=2,1; p=0,039). CONCLUSIONI: Stando ai nostri risultati, la dismetria degli arti inferiori produce un aumento del carico sull’arto inferiore più lungo, che si comporterebbe dunque come una stampella anatomica. Peraltro il carico aumenta al crescere della dismetria. In letteratura esistono dati contraddittori su quale sia l’arto chiamato a sopportare una percentuale di peso corporeo maggiore in presenza di LLD, sia in statica che in dinamica, e il numero di soggetti analizzato è spesso esiguo, dunque difficilmente generalizzabile [3]. Una recente review sistematica suggerisce che la presenza di LLD anatomico comporti un carico asimmetrico per gli arti inferiori con conseguenti alterazioni dell'andatura; esse si verificano con discrepanze > 1 cm, con un impatto maggiore all’aumentare della dismetria [1]. Dato che l’eccesso di carico è un noto fattore predisponente dell’osteoartrosi di anca, ginocchio e colonna vertebrale, analizzarne l’entità potrebbe essere rilevante ai fini clinici [2]. È dimostrata anche una correlazione positiva tra il grado di LLD e l’incidenza di scoliosi funzionale, con convessità della curva prevalentemente dal lato della gamba più corta, e delle fratture da stress monolaterali di tibia, metatarso e femore, che si verificano nel 73% dei casi nella gamba più lunga [2]. Ancora controversa risulta invece la relazione tra LLD e Low Back Pain [2]. Pertanto, conoscere la reale distribuzione dei carichi in presenza di LLD consente di effettuare scelte terapeutiche consapevoli al fine di prevenirne eventuali complicanze. È auspicabile che in futuro nuovi studi, su campioni più ampi, analizzino le modifiche dei carichi, sia in fase statica che in fase dinamica, e ne approfondiscano gli effetti clinici correlati a specifiche patologie muscoloscheletriche. BIBLIOGRAFIA: 1] S. Khamis, E. Carmeli, Relationship and significance of gait deviations associated with limb length discrepancy: a systematic review, Gait Posture. 2017;57: 115–123. 2] Ahmed A K. Leg Length Discrepancy: Assessment and Secondary Effects. Ortho & Rheum Open Access. 2017; 6(1): 555678. 3] Nurul Azira Azizan, Khairul Salleh Basaruddin, Ahmad Faizal Salleh. The Effects of Leg Length Discrepancy on Stability and Kinematics-Kinetics Deviations: A Systematic Review. Applied Bionics and Biomechanics. 2018; 1-22
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Frattura di femore: studio della correlazione tra indicatori di fragilità e indicatori di outcome funzionale
FRATTURA DI FEMORE: STUDIO DELLA CORRELAZIONE TRA INDICATORI DI FRAGILITA’ E INDICATORI DI OUTCOME FUNZIONALE E. Sordoni, A.R. Cingolani, S. Pierani, V. Brunella, G. Poggianti Fondazione Don Carlo Gnocchi Presidio Emilia – Marche – Centro E. Bignamini Falconara Marittima (AN) INTRODUZIONE Sulla base degli studi presenti in letteratura, le fratture di femore nell’anziano sembrano essere favorite da quadri di comorbilità e fragilità tipici dell’età senile. Tali quadri condizionano la prognosi di recupero funzionale, aumentando il rischio di outcomes sfavorevoli (morbilità, disabilità, istituzionalizzazione, mortalità). OBIETTIVI Lo scopo dello studio è quello di valutare la correlazione tra indicatori di fragilità e indicatori di recupero funzionale, al fine di verificare l’efficacia della predittività degli strumenti di misura utilizzati nel reparto di Riabilitazione Intensiva Extraospedaliera. MATERIALI E METODI POPOLAZIONE: sono stati reclutati soggetti affetti da esiti di frattura prossimale di femore trattata chirurgicamente afferiti consecutivamente presso il Reparto di Riabilitazione Intensiva da gennaio 2017 a maggio 2019. Sono stati esclusi i pazienti affetti da esiti di frattura periprotesica e politrauma. INTERVENTO: i pazienti sono stati sottoposti a intervento riabilitativo pluriquotidiano (individuale e di gruppo, FKT, TO, assistenza alla persona, nursing riabilitativo, addestramento dei familiari, prescrizione di ausili e ortesi) e a presa in carico sociale per la continuità assistenziale territoriale. VALUTAZIONE: all’ ingresso (T0) e alla dimissione (T1) tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazione multidisciplinare comprensiva di: – Variabili esplicative. In ingresso: dati clinico-demografici: età, genere, tipo di intervento chirurgico, rischio di lesioni da pressione (Scala di Braden), rischio caduta (scala di Conley), rischio tromboembolismo venoso (rischio TEV), indice di comorbilità (CIRS), giorni di latenza tra intervento e ammissione in reparto, presenza di facilitatori e barriere nell’ambiente di vita, grado di autonomia premorbosa, profilo cognitivo (MMSE). – Misure di outcome. All’ingresso e alla dimissione sono state applicate le seguenti scale di valutazione: Indice di Hauser, FIM, BIM, NRS. RISULTATI Sono stati considerati eleggibili per il nostro studio 127 soggetti, 7 sono stati esclusi poiché presentavano fratture periprotesiche o politraumi. Sono quindi stati studiati 120 pazienti che presentavano a T0 le seguenti caratteristiche: (TABELLA) Dall’analisi dei risultati emerge una differenza statisticamente significativa tra BIM T1 e BIM T0 (p<.0001; Z=8.901). Appare statisticamente significativa la variazione tra FIM alla dimissione e la FIM all’ingresso (p<.0001; Z=9.187). Statisticamente significativa anche la riduzione del dolore valutata con NRS a T0 e T1 (p<.0001; Z= 8.49). Sono stati utilizzati indici compositi: Absolute Functional Gain (AFG = BIM alla dimissione – BIM all’ingresso) e Rehabilitation Effectiveness Index (REI: AFG/ durata del ricovero). I cut offs richiesti per definire i miglioramenti clinicamente rilevanti sono > 20 punti per AFG e > 0.5 per REI. Sono stati utilizzati questi cut off per definire l’efficacia riabilitativa. E’ stata studiata la correlazione tra outcome funzionali e variabili esplicative. REI correla positvamente con il punteggio della scala Braden (p <0,0143; R=0,053) e con il punteggio MMSE (p< 0,0013; R=0,092) all’ingresso. Il successo riabilitativo è maggiore nei pazienti con autonomia premorbosa completa (p< 0,0018). La FIM gain (FIM alla dimissione – FIM all’ingresso) correla negativamente con il punteggio alla scala Conley all’ingresso ( p< 0,027, R=0,042). Statisticamente significativa la correlazione tra FIM gain e punteggio scala Braden all’ingresso (p< 0,0025; R=0,079) e tra FIM gain e punteggio MMSE (p <0,001; R =0,15): il «guadagno riabilitativo» è maggiore nei pazienti con basso rischio di lesioni da pressione e con un profilo cognitivo migliore. E’ stata studiata la FIM efficiency = FIM gain/ giorni di ricovero. Sono statisticamente significative le correlazioni positive tra FIM efficiency (RER) e punteggio BIM all’ingresso (p < 0,004; R= 0,071), tra RER e il punteggio Braden all’ingresso (p < 0,001, R=0,160), tra RER e il punteggio MMSE all’ingresso (p <0,00033; R=0,112). Statisticamente significativa è la correlazione tra FIM efficiency e CIRS comorbility index (p < 0,0003; R=0,33): maggiore è l’ indice di comorbilità, minore è l’efficienza riabilitativa. Dall’analisi il punteggio MMSE (p < 0.01) e il punteggio Scala di Braden (p < 0.03) risultano predittori indipendenti di efficacia riabilitativa (FIM efficacy). CONCLUSIONI I risultati descritti confermano la correlazione tra indicatori di outcome funzionali ed indici di fragilità che condizionano la prognosi di recupero e dei quali è necessario tener conto nella definizione del progetto riabilitativo. BIBLIOGRAFIA 1. Functional and clinical outcomes of patients aged younger and older than 85 years after rehabilitation post-hip fracture surgery in a co-managed orthogeriatric unit. Mazzola P. et al. Geriatr Gerontol Int. 2018 Aug;18(8):1194-1199. doi:10.1111/ggi.13440. Epub 2018 May 22. 2. Three measures of physical rehabilitation effectiveness in elderly patients: a prospective, longitudinal, comparative analysis. Sánchez-Rodríguez D, et al. BMC Geriatr. 2015 Oct 29;15:142. doi: 10.1186/s12877-015-0138-5.
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Efficacia del trattamento robotizzato degli arti inferiori nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla: Risultati preliminari
Efficacia del trattamento robotizzato degli arti inferiori nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla: Risultati preliminari. Rocco Salvatore Calabrò1, Margherita Russo1, Antonino Cannavò1, Maria Grazia Maggio1, Tina Balletta1, Maria Accorinti1, Edoardo Sessa1, Simona Portaro1, Antonino Naro1, Placido Bramanti1 1 IRCCS Centro Neurolesi Bonino-Pulejo, Messina, Italy Risultati Tutti i pazienti (6 maschi e 4 femmine; età media 45±9) hanno effettuato un training riabilitativo intensivo specifico (45 minuti al giorno di training Results mediante GEO SYSTEM, per 5 volte/settimana per 4 settimane). I dati sono stati analizzati considerando un valore p <0.05 come statisticamente significativo. I risultati hanno evidenziato differenze tra il pre (T0) ed il post trattamento (T1) statisticamente significative nelle scale cliniche validate che permettono di valutare la motilità e la marcia (10 Meter Walking p=0.004; Fugl Meyer Assessment p=0.008), e nell’equilibrio (Tinetti p=0.008). E’ inoltre stato evidenziato un miglioramento delle condizioni psicologiche e delle funzioni sociali valutate tramite FIM e SF12p=0.004. Introduzione I disturbi della marcia e dell’equilibrio sono estremamente rappresentati nella Sclerosi Multipla (SM) e incidono fortemente sulla qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti. Pertanto la conservazione dell’autonomia nella deambulazione e nell’equilibrio rappresenta un aspetto fondamentale nella gestione del paziente SM. I trattamenti etiopatogenetici e sintomatici ad oggi a disposizione non incidono in maniera rilevante su tali disturbi, anche se è stato dimostrato che il training riabilitativo aerobico multidisciplinare influenzi in qualche maniera la progressione sindromica della patologia. In questo panorama un ruolo importante pur se controverso è stato attribuito alla riabilitazione robotizzata. La neuroriabilitazione robotica infatti è in grado di potenziare meccanismi di recupero funzionale e stimolare fenomeni di neuroplasticità corticale. Tutto ciò grazie alla possibilità di esercitare un’azione che abbia caratteristiche costanti di: intensità, ripetitività e capacità di svolgere esercizi strettamente orientati al compito prefissato. Materiali e Metodi lo studio è stato effettuato su pazienti affetti da Sclerosi Multipla secondariamente progressiva diagnosticata secondo i criteri di Thompson 2017 con EDSS non superiore a 6. Lo studio è stato effettuato presso il Laboratorio di Robotica dell’IRCCS Centro Neurolesi Bonino-Pulejo di Messina. Il protocollo è stato approvato dal Comitato Etico dello stesso IRCCS. Dieci pazienti che presentavano disturbi della marcia sono stati sottoposti ad un ciclo di riabilitazione robotizzata mediante GEO-SYSTEM (Sistema End Effector robotizzato con sostegno e scarico del paziente, per la riabilitazione del passo in persone con deficit motori degli arti inferiori). Discussione In letteratura ad oggi è noto il ruolo della riabilitazione robotizzata nella sclerosi multipla, poco è presente sugli end effector. I nostri dati evidenziano come vi sia stata nel nostro campione un’ottima tolleranza al trattamento ed un miglioramento statisticamente significativo della resistenza durante la marcia e dell’equilibrio. Migliorate appaiono anche le funzioni sociali e psicologiche probabilmente in relazione ad un miglioramento delle strategie di coping, così come dimostrato per la riabilitazione robotizzata nello stroke. Bibliografia Calabrò RS, Cacciola A, Bertè F, Manuli A, Leo A, Bramanti A, Naro A, Milardi D, Bramanti P. Robotic gait rehabilitation and substitution devices in neurological disorders: where are we now? Neurol Sci. 2016;37:503-14. Russo M, Dattola V, Logiudice AL, Ciurleo R, Sessa E, De Luca R, Bramanti P, Bramanti A, Naro A, Calabrò RS. The role of Sativex in robotic rehabilitation in individuals with multiple sclerosis: Rationale, study design, and methodology. Medicine (Baltimore). 2017;96:e8826. Picelli A, Melotti C, Origano F, Waldner A, Gimigliano R, Smania N. Does robotic gait training improve balance in Parkinson's disease? A randomizedcontrolled trial. Parkinsonism Relat Disord. 2012;18:990-3.
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Possibili effetti benefici di un integratore naturale sulla sarcopenia uremica
POSSIBILI EFFETTI BENEFICI DI UN INTEGRATORE NATURALE SULLA SARCOPENIA UREMICA Manuela Di Lauro1, Silvia Urciuoli2, Giulia Marrone1,3, Francesca Di Daniele1, Caterina Gola1, Annalisa Romani2, Annalisa Noce1 1Divisione di Medicina Interna, Centro per l’Ipertensione e Servizio di Nefrologia, Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università degli studi di Roma, Tor Vergata 2PHYTOLAB (Pharmaceutical, Cosmetic, Food supplement Technology and Analysis)-DiSIA, Università degli Studi di Firenze 3Scuola di Dottorato in Scienze Medico- Chirurgiche Applicate, Sezione di Nutrizione Clinica e Nutrigenomica, Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione, Università degli Studi di Roma Tor Vergata SCOPO DELLO STUDIO: Lo studio si pone l’obiettivo di dimostrare la possibile efficacia terapeutica di un integratore naturale (IN) a base di estratti di capsico, garcinia, carciofo, centella asiatica ed ippocastano, nel ritardare la progressione della malattia renale cronica. Sono stati caratterizzati e quantificati i metaboliti secondari presenti e valutate le attività antiossidante e detossificante dell’IN, tramite il monitoraggio di due biomarcatori ematici quali l’albumina ossidata (HSAox) e la glutatione transferasi eritrocitaria (e-GST), ed è stato valutato il possibile impatto dell’IN sulla sarcopenia uremica mediante la valutazione della composizione corporea nei diversi tempi dello studio. DISEGNO SPERIMENTALE: in vitro: caratterizzazione chimica dell’IN (Fig. 1) con determinazione della quantità di polifenoli totali e capacità antiossidante totale, mediante metodo Folin-Ciocalteu e dell’attività antiradicalica, mediante DPPH test. Sono state poi condotte analisi HPLC/DAD per la determinazione quali-quantitativa delle diverse sottoclassi di metaboliti secondari. In vivo: sono stati reclutati 30 pazienti affetti da malattia renale cronica (stadio I-V secondo le linee guida K-DIGO) e 6 soggetti sani (gruppo di controllo) a cui è stato fornito l’integratore da assumere secondo la modalità di 3 cps/die. Settimanalmente, in 5 tempi consecutivi (T0-T4), sono stati valutati, i parametri di composizione corporea mediante BIA, gli esami ematochimici e urinari per la valutazione della funzione renale ed i biomarcatori HSAox e e-GST . RISULTATI: I risultati HPLC/DAD hanno evidenziato un contenuto di acidi fenolici totali pari a 2,31 mg/cps, cumarine 0,42 mg/cps e flavonoidi 0,38 mg/cps, capacità antiossidante totale espressa in GAE pari a 7.28 ed attività antiradicalica percentuale pari all’85,87 %. L’IPAQ ed il PREDIMED non hanno evidenziato variazioni statisticamente significative tra l’inizio e la fine dello studio. La somministrazione dell’IN ha indotto nei nefropatici un miglioramento significativo dell’eGFR (p=0,021) (Fig 3). Si è osservata una riduzione significativa della resistenza (p=0.025), un aumento dell’acqua corporea totale in valore % (p=0,047), un riduzione significativa della Fat Mass (p=0,035) (Fig 4) e un incremento della Fat Free Mass (p=0,037) (Fig 5). Si è notato, inoltre, un trend nella riduzione dello stress ossidativo e della tossicità ematica, grazie al monitoraggio della HSAox e della e-GST, anche se questi due parametri non sono risultati statisticamente significativi. CONCLUSIONI: L’identificazione di un IN con tali caratteristiche terapeutiche nei nefropatici permetterebbe sia di ritardare l’evoluzione del danno renale e, allo stesso tempo, di migliorare la composizione corporea in quanto incrementa la massa magra, divenendo un possibile strumento terapeutico per contrastare l’insorgenza della sarcopenia uremica. Ciò risulterebbe di notevole rilevanza clinica in quanto allo stato attuale le strategie terapeutiche atte a contrastare la sindrome uremica sono limitate. I dati di questo studio dovranno comunque essere confermati con un ulteriore trial clinico randomizzato condotto su un più ampio numero di pazienti.
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Valutazione dell’effetto del trattamento riabilitativo sul muscolo diaframma tramite metodica ecografica nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva moderato/severa
“Valutazione dell’effetto del trattamento riabilitativo sul muscolo diaframma tramite metodica ecografica nei pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva moderata-severa”. Studio Clinico Randomizzato Controllato 1Giannandrea N., 2Paolucci T., 1Centra M.A., 1Pezzi L., 3Spacone A., 3Prosperi P., 4Villano C., 2Saggini R. 1Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa Università «G. d’Annunzio» Chieti – Pescara 2Unità di Medicina Fisica e Riabilitativa, dipartimento di scienze mediche orali e biotecnologiche, Università «G. d’Annunzio» Chieti – Pescara 3UOC Pneumologia Ospedale Civile di Pescara 4UOS Ecografia Internistica Ospedale Civile di Pescara Materiali e Metodi Studio randomizzato controllato svolto presso l’unità operativa di Riabilitazione dell’Università G. d’Annunzio di Chieti-Pescara in collaborazione con l’U.O.C. di Pneumologia e fisiopatologia respiratoria del presidio ospedaliero “S. Spirito” Pescara Sono stati arruolati 47 pazienti randomizzati in modo casuale (1:1) in due gruppi: § Gruppo trattato: ricondizionamento muscolare e ginnastica respiratoria (N=20) § Gruppo controllo: in waiting list (N=20) Tempi di valutazione: T0= prima visita, T1= controllo ad un mese Misure di Outcome: COPD assesment test (CAT-test), BORG, Medical Research Council modificata (mMRC). Indagini strumentali aggiuntive: spirometria, 6min walking test, misure antropometriche, Hand grip Strenght. Calcolo dell’escursione diaframmatica Introduzione La broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) rappresenta la terza causa di morte a la quinta causa di morbilità al mondo. Nei pazienti con BPCO è presente una disfunzione dei muscoli respiratori sia primari come il diaframma sia accessori. Ridotta capacità/ difficoltà respiratoria Decadimento muscolare generalizzato Riduzione delle attività Obiettivo della ricerca Indagare l’effetto dell’intervento riabilitativo specifico di ginnastica respiratoria rispetto alle modificazioni della performance nel paziente con BPCO di grado moderato-severo. Valutazione ecografica del diaframma Calcolo dello spessore diaframmatico in espirazione ed inspirazione Il protocollo riabilitativo prevede nel gruppo trattato 3 sedute a settimana per un mese di esercizi di ricondizionamento muscolare e di ginnastica respiratoria secondo la buona pratica clinica. Risultati Il gruppo trattato ha mostrato un miglioramento dei parametri respiratori e della performance fisica in generale in maniera statisticamente significativa rispetto al gruppo controllo nei due tempi di valutazione per le scale di BORG (T0=6,4 a T1=4,5 nel gruppo trattato), CAT-test (T0=16 a T1=11), 6MWT (+ 15% al T1) e le valutazioni delle massime pressioni inspiratorie MIP (+9% al T1) ed espiratorie MEP (+11% al T1). La valutazione ecografica dello spessore diaframmatico non ha mostrato differenze statisticamente significate (p>0.05) tra i gruppi mentre, l’escursione diaframmatica, ha mostrato un incremento statisticamente significativo nel gruppo trattato (p<0.05). I Dati del follow-up sono tuttora in corso. Conclusioni La valutazione ecografica del diaframma ha evidenziato che, nei pazienti con BPCO di durata >10 anni, il diaframma ha un alterato rilasciamento nella fase espiratoria. I risultati hanno inoltre evidenziato come gli esercizi a domicilio con mobilizzazione diaframmatica hanno migliorato la qualità di vita dei pazienti determinando un aumento della performance respiratoria. Tuttavia, lo spessore del muscolo diaframma, è rimasto invariato nel tempo nei due gruppi mentre è migliorata la sua escursione e la sua capacità contrattile nel gruppo trattato rispetto a quello controllo. Bibliografia Ottenheijm AC, Heunks LM, Dekhuijzen R. Diaphragm adaptations in patients with COPD. Respir Res 2008 Zambon M, Greco M, Bocchino S, Cabrini L, Beccaria P.F., Zangrillo A,”Assessment of diaphragmatic dysfunction in the critically ill patient with ultrasound: a systematic review”. Intensive Care Med (2017) 43:29–38 Marchioni A., Casteniere I., Tonelli R, et al. Ultrasound-assessed diaphragmatic impairment is a predictor of outcomes in patients with acute excaerbation of chronic obstructive pulmonary disease undergoing noninvasive ventilation. Critical Care 2018; 22; 109-119
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Infiltrazione ecoguidata con Ossigeno-Ozono nella sindrome della faccetta articolare. CASE REPORT
Infiltrazione ecoguidata con Ossigeno-Ozono nella sindrome della faccetta articolare Case Report Giannandrea N1, Centra M1, Palermo T1, Pezzi L1, Paolucci T2, Saggini R2, Bellomo R.G3 1Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa Università «G. d’Annunzio» Chieti – Pescara 2Unità di Medicina Fisica e Riabilitativa, dipartimento di scienze mediche orali e biotecnologiche, Università «G. d’Annunzio» Chieti – Pescara 3Scienze motorie, Università Carlo Bo Urbino Introduzione Il dolore lombare è il disturbo muscoloscheletrico più frequente e causa di disabilità nella popolazione. Riconosce diverse condizioni morbose alla base della sintomatologia che non sempre sono di facile inquadramento diagnostico. La sindrome della faccetta articolare, rappresenta una causa comune e colpisce circa l’80% delle persone che soffrono di lombalgia. LOW-BACK PAIN (LBP) Eziologia Patologie del disco intervertebrale Stenosi del canale lombare Dismorfismi del rachide Sindrome della faccetta articolare Disturbo intervertebrale minore Dolore dell’articolazione sacro-iliaca Fratture (traumatiche, da stress, osteoporosi) Lesioni muscolari Spondiloartro-entesopatie ALTRO (neoplasie, malattie infettive, malattie autoimmuni) Case Report: trattamento mini-invasivo ecoguidato con Ossigeno- Ozono nella sindrome della faccetta articolare. VALUTAZIONE FISIATRICA INIZIALE Misure di outcome Numeric Rating Scale (NRS) Oswestry Disability Index (ODI) Brief Pain Inventory (BPI) ITER DIAGNOSTICO ITER TERAPEUTICO • Paziente donna di 72 anni con diagnosi di lombalgia acuta in sindrome della faccetta articolare L5-S1 a sinistra. Non responsiva al trattamento farmacologico orale con analgesici oppioidi. • focolaio algogeno in sede della trasversa di L5-S1, • risonanza magnetica lombare: “cisti sinoviale ed edema della faccetta articolare di L5-S1 a sinistra”. • infiltrazioni selettive sotto guida ecografica da parte di due fisiatri esperti + percorso riabilitativo in ambiente microgravitario acquatico a partire dalla seconda settimana di trattamento (2 volte a settimana per un mese). Tempi di valutazione T0= prima vistia T1= a due settimane dall’inizio del trattamento T2= a un mese dall’ultima iniezione T3= a 3 mesi dall’ultima iniezione T4= a 6 mesi dall’ultima iniezione Trattamento infiltrativo con Ossigeno-Ozono 5 sedute (1 a settimana) con Ozono 20 mcg /mL per un totale di 20 cc per ciascuna iniezione, in sede paravertebrale lombare bilaterale sotto guida ecografica. T0 vs T4 Risultati NRS movimento (T0=7, T4=0) BPI dolore (T0=7, T4=0) BPI lavoro (T0= 9, T4= 3) ODI (T0= 54, T4=16) 1. Dopo la prima seduta di ozono riduzione dell’uso dei farmaci analgesici con cessazione completa alla quarta seduta infiltrativa (quarta settimana) 2. Follow-up: assenza di dolore a tre e a sei mesi dall’ultima iniezione 3. Risonanza magnetica: a T4 riduzione della cisti, dell’edema osseo e del versamento articolare Conclusioni • Risoluzione del dolore lombare dopo infiltrazione ecoguidata con Ossigeno-Ozono alla fine del trattamento mantenuto al follow-up • Miglioramento nelle autonomie della vita quotidiana rispetto alla ODI scale • Il progetto riabilitativo rigenerativo individuale integrato dalle metodiche interventistiche mini-invasive, consente una migliore risoluzione di quadri acuti e una riduzione delle recidive Bibliografia Zach M. Beresford, Richard W. Kendall, and Stuart E. Willick, “Lumbar Facet Syndromes “, Current Sports Medicine Reports Vol. 9 n. 1 2010. O. Seyam, N.L. Smith, I. Reid, J. Gandhi, W. Jiang, S. Ali Khan, “Clinical utility of ozone therapy for musculoskeletal disorders”, Med Gas Res. 2018 Jul-Sep; 8(3): 103–110. Lin T.L, Chung C.T, Lan H.C, Sheen H.M, “Ultrasound-guided facet joint injection to treat a spinal cyst”, Journal of the Chinese Medical Association 77 (2014) 213e216
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Le fratture vertebrali da fragilità determinano disordini dell’equilibrio? Valutazione posturale
Le fratture vertebrali da fragilità determinano disordini dell’equilibrio? Valutazione Posturale F. Martines, D. Scaturro, S. Rizzo, V. Sanfilippo, L. Lauricella, G. Letizia Mauro INTRODUZIONE In letteratura è noto che nei pazienti con fratture vertebrali dorso-lombari da fragilitá vi sia un’alterazione dell’equilibrio. Lo scopo del nostro studio è valutare l’attività posturale statica e dinamica in soggetti affetti da osteoporosi con almeno 2 fratture vertebrali da fragilità in pregresso carcinoma mammario o prostatico in corso di blocco ormonale. MATERIALI E METODI Su una popolazione di 39 pazienti (38 donne e 1 uomo) e 44 esclusi si é effettuata una valutazione T0, T1 (10 sedute) e T2 (20 sedute) mediante visita fisiatrica, DEXA Lombare e Femorale, RX rachide dorso-lombare in 2 P con conta morfometrica di Genant ± RMN, esami ematochimici del metabolismo osseo, scale di valutazione (NRS, DHI-I, SF-36, Mini Osteoporosis QoL), valutazione posturologica con pedana baropodometrica (FreeMed®Dynamic con Software FreeStep®), visita audiologica. RISULTATI L’analisi preliminare dei dati ha dimostrato un’oggettiva efficacia del trattamento riabilitativo sull’equilibrio e sulla stabilità posturale, sul dolore e sulla qualità della vita in entrambi i gruppi ma con valori statisticamente significativi per il gruppo B. Un dato interessante è il recupero del Range of Motion della colonna vertebrale dorso-lombare nonché un miglioramento dello stato emotivo in termini di stress ed ansia. CONCLUSIONI Seppur in maniera preliminare possiamo affermare che il trattamento riabilitativo comporta un significativo miglioramento delle condizioni cliniche del paziente in termini di mantenimento della corretta postura ed equilibrio, riduzione del livello di dolore, miglioramento del Range of Motion e della qualitá della vita Bibliografia: • “Evaluation with stabilometric platform of balance disorders in osteoporosis patients. A proposal for diagnostic protocol” Cultrera P. et al, Clinical Cases, Mineral and Bone Metabolism (2010) 7 (2) :123-125; • “Posture and equilibrium in orthopedic and reumatologic diseases” Missaoui B., et al. Clinical Neurophysiology (2008) 38 447-457; • “Effects pf osteoporosis on posture”, www.npionline.org
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Linfomi e salute dell’osso: è possibile migliorare la qualità di vita?
LINFOMI E SALUTE DELL’OSSO: E’ POSSIBILE MIGLIORARE LA QUALITA’ DI VITA? I linfomi sono neoplasie del sistema immunitario che originano dai linfociti B e/o T/NK in diverse fasi della loro differenziazione [1]. In letteratura è noto l’effetto osteopenizzante dei glucocorticoidi [2], somministrati in dosi elevate in pazienti affetti da Linfoma di Hodgkin (LH) e Linfoma Non Hodgkin (LNH). L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da una diminuzione della resistenza ossea che predispone ad un aumentato rischio di frattura [3]. Scopo dello studio è valutare il rischio di osteoporosi in termini di outcomes clinici (fratture da fragilità), funzionali (svolgimento delle ADL e IADL) e strumentali (RX del rachide con morfometria e DEXA femorale e lombare); analizzare le associazioni tra i markers del metabolismo osseo e le caratteristiche clinico-strumentali della popolazione studiata. MATERIALI E METODI Sono stati arruolati 29 pazienti in un periodo compreso tra Dicembre 2017 e Marzo 2019, (19 maschi e 10 femmine, di cui 26 con LNH e 3 con LH). I criteri di inclusione sono stati: età compresa tra 16-90 anni, precedente diagnosi di Linfoma e precedenti cicli di chemio e/o radioterapia e/o corticosteroidi per un periodo maggiore di 3 mesi. I criteri di esclusione, invece, prevedevano: presenza di gravi disabilità motorie, concomitanti forme neoplastiche e pazienti non collaboranti. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione fisiatrica, nonché a valutazione strumentale (RX dorsolombare e lombosacrale con conta morfometrica secondo Genant e DEXA femorale e lombare) e ad esami ematochimici e urinari del metabolismo osseo pre (T0) e post trattamento farmacologico-riabilitativo (T1). Sono state, inoltre, somministrate le seguenti scale di valutazione CIRS, Sarc-F scale, scala di Tinetti, Mini-Osteoporosis Quality of Life scale. Inoltre è stata impostata una terapia farmacologica con Bifosfonati / Denosumab+Vit D. RISULTATI Dall’analisi preliminare dei dati si evince che 19 pazienti presentano fratture vertebrali, di cui 9 in numero superiore a 3. 24 presentano una marcata ipovitaminosi D, di cui 2 in stato carenziale (<10 ng/ml) e 22 con Vit D insufficiente (11-30 ng/ml), mentre solo 5 pazienti presentano valori normali di Vit D >31 ng/ml. Questi risultati riflettono i valori di DEXA femorale e lombare dei pazienti, di cui 10 presentano un valore francamente osteopenico con T-score femorale totale < -1 e ≥ -2.5, 4 pazienti presentano invece un T-score femorale totale <2.5 e 15 pazienti con valori normali di T-score <1. Sono emerse inoltre relazioni statisticamente significative tra le variabili antropometriche e cliniche di ciascun paziente e i valori di PTH che risultano essere significativamente aumentati in relazioni a fattori quali età, precedente terapia cortisonica, presenza di fratture vertebrali. CONCLUSIONI I nostri risultati preliminari forniscono evidenze dell’effetto osteopenizzante di terapie prolungate con glucocorticoidi e ripetuti cicli di chemio e/o radioterapia nei pazienti con Linfoma e suggeriscono l’importanza del dosaggio del PTH in quanto sembra essere correlato a un maggior rischio di fratture. Una valutazione fisiatrica precoce permette di identificare i pazienti ad alto rischio di malattia osteoporotica, al fine di prevenire l’evoluzione, in termini di insorgenza di fratture da fragilità, nonché garantire il miglioramento della qualità di vita e degli outcomes. Bibliografia: 1. Linee Guida AIOM, 2018 2. Linee Guida SIOMMS, 2016 3. WHO, 2017.
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Efficacia a lungo termine del trattamento con tossina botulinica nella sciallorea nel morbo di Parkinson
EFFICACIA A LUNGO TERMINE DEL TRATTAMENTO CON TOSSINA BOTULINICA NELLA SCIALORREA NEL MORBO DI PARKINSON Introduzione G. Ianieri, R. Marvulli, P.Lanzilotta, G.Gallo, F.Marra, P.Fiore, M.Megna Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitazione ed USU –Università degli Studi di Bari “Aldo Moro” Uno dei sintomi molto comuni e invalidanti nel morbo di Parkinson è la scialorrea. Il trattamento può essere conservativo (terapia medica con farmaci anticolinergici) o più invasivo (escissione delle ghiandole salivari o legatura /trasposizione del dotto); il trattamento chirurgico è definitivo ma pericoloso. La terapia radiante non è usata per gli importanti effetti collaterali e per il rischio cancerogeno potenziale. Un trattamento non invasivo ed efficace è l’iniezione di tossina botulinica A (BTX-A) nelle ghiandole salivari. Scopo di questo studio è quello di valutare l’efficacia a lungo termine (4-6 mesi) e la sicurezza dell’inoculazione di BTX-A nella scialorrea causata dal morbo di Parkinson Materiali e Metodi Lo studio è stato condotto su 25 pazienti con scialorrea causata dal morbo di Parkinson (età media 78,8+/-4,3). Criteri di inclusione: diagnosi confermata di PD, Imaging diagnostico di disfagia da fibrolaringoscopia (nessuno paziente era portatore di PEG), nessun effetto alla precedente terapia medica con Amitriptilina (LAROXYL® 7 gocce / die). Criteri di esclusione: nessuna diagnosi confermata di PD; Disfagia assente o grave (con PEG) da FLS, efficacia della terapia medica con Amitriptilina (LAROXYL® 7 gocce / die). La Incobotulinumtoxin A (XEOMIN®), ricostituita con acqua salina, è stata iniettata sotto guida ecografica. Abbiamo inoculato in due punti la ghiandola parotide e in un punto la ghiandola sottomandibolare. La dose media del farmaco somministrato bilateralmente nella ghiandola parotide era 15,7 +/- 3,9 U, nella ghiandola sottomandibolare era 11,2 +/- 2,5 U. I dati sono stati raccolti a t0 (preinoculazione), t1 (30 giorni dopo), t2 (90 giorni dopo), t3 ( 120 giorni dopo), t4 (150 giorni dopo) e t5 (180 giorni dopo) Valuazioni Tutti i pazienti sono stati sottoposti a accurata anamnesi ed esame medico, con attenzione alla deglutizione; tutti i pazienti hanno firmato il consenso informato in forma scritta. I criteri di valutazione erano tre, uno soggettivo e due oggettivi: – Visual Analogue Scale (VAS): i pazienti dovevano stimare il livello di salivazione (1 era lo stato migliore e 10 lo stato peggiore) – La prova di Garza: abbiamo calcolato l’aumento del peso di un pezzo di garza dopo un minuto (generalmente la garza assorbe 0,12 g/min di saliva) -Test della zolletta di zucchero: abbiamo valutato il tempo necessario allo scioglimento di una zolletta di zucchero di 1 grammo posta sotto la lingua. I dati sono stati notati in questi tempi: t0 (preinoculazione), t1 (30 giorni dopo), t2 (90 giorni dopo), t3 ( 120 giorni dopo), t4 (150 giorni dopo) e t5 (180 giorni dopo). Analisi Statistica: il metodo statistico usato è stato l’ANOVA TWO WAY Risultati Dopo l’analisi di entrambi i test oggettivi (garza e zolletta di zucchero), abbiamo dimostrato che l’efficacia del trattamento è migliore dopo 30 giorni (t1), quando si ottiene una riduzione di oltre il 50% di saliva (test della garza t0=1,8±0,5, t1=0, 7±0,2; test della zolletta di zucchero t0=28,7±3,2, t1=69,7±11,1). Dopo t1 vi è una riduzione lenta e graduale dell’effetto, che risulta dimezzato in t4 (test della garza t4=1±0,2 test della zolletta di zucchero t4=55,3±11,3) e finito 30 giorni dopo (test della garza t5=1,76±1,2, test della zolletta di zucchero t5=29,3,1±6,66), con p<0,05. Confrontando questi dati con quelli della VAS, abbiamo dimostrato una efficacia oggettiva coerente con i risultati dei test; infatti i dati sono statisticamente diminuiti fino a t4 (t0=9, 6±0,3, t1=2,7±0,6, t4=5,4±0,3 e t5=8,7±0,8), con p < 0,05 Discussioni Il trattamento con Incobotulinumtoxin A riduce la scialorrea nei pazienti con Parkinson per circa 6 mesi. Questa efficacia è stata ottenuta con un trattamento non invasivo e un metodo di somministrazione che grazie alla guida ecografica riduce al minimo il rischio di lesioni iatrogene, come il danno del nervo facciale. I pazienti non hanno * mostrato effetti collaterali durante lo studio. Infatti, nessun paziente ha riferito un * * * importante peggioramento della disfagia causato dal trattamento o paralisi del nervo facciale o xerostomia. Circa il 30% dei pazienti ha riportato un diverso pattern di saliva; dopo il trattamento hanno segnalato la presenza di saliva più mucosa causata dalla interruzione temporanea dell'attività parotidea (secrezione acquosa) e alla predominanza sottomandibolare e sublinguale (secrezione mucosa). Il cambiamento di saliva non ha causato alcun problema clinico a questi pazienti; alcuni di essi anzi riportavano una riduzione della sensazione di soffocamento (specialmente di notte). I vantaggi per i pazienti sottoposti a questi trattamenti terapeutici sono importanti per una minore incidenza di polmonite da aspirazione, macerazioni, ragadi e ragadi nella regione periorale (quindi infezioni) e perché riducono l'emarginazione e l'imbarazzo in ambito sociale. L'obiettivo del trattamento è di fornire sempre un minimo di saliva nei pazienti; infatti la secchezza della cavità orale può causare l'insorgenza di altre complicanze (ragadi, carie dentaria, ecc.) che non sono facili da migliorare in questi pazienti. Anche i caregiver traggono beneficio dal trattamento perché la scialorrea può richiedere un'assistenza sanitaria continua, quindi un disagio per il paziente e per chi si prende cura di lui Conclusioni Secondo la letteratura internazionale, nonostante il piccolo numero di pazienti, il nostro studio conclude che la risorsa terapeutica con tossina botulinica A è un'opzione di trattamento efficace per la scialorrea nei pazienti con malattia di Parkinson. * * * Table 1. Test di Garza: miglioramento statistico fino a 150 giorni dopo infiltrazione (p <0,05 ) Table 2. Test della zolletta di zucchero: miglioramento statistico fino a 150 giorni dopo l’ infiltration (p<0,05) * Table 3. VAS test: i pazienti riferiscono un miglioramento oggettivo fino a 150 giorni dopo l'infiltrazione (p <0,05) Bibliografia 1) Karakoc M, Yon MI, Cakmakli GY, Ulusoy EK, Gulunay A, et al. (2016) Pathophysiology underlying drooling in Parkinson's disease: Oropharyngeal bradykinesia. Neurol Sci: 1987- 1991. 2) Jost WH The option of sonographic guidance in Botulinum toxin injection for drooling in Parkinson’s disease. J Neural Transm (2016) 123: 51-55. 3) Andy W, Revan Kumar J, Jörgen E, Doron A, Anne Marie Lynge P, et al. (2017) A guide to medications inducing salivary gland dysfunction, xerostomia and subjective sialorrhea: A systematic review sponsored by the world workshop on oral medicine VI. Drugs RD: 1-28. * * * *
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La riabilitazione delle problematiche motorie tramite realtà virtuale in un gruppo di adolescenti affetti da atassia cerebrale secondaria a lesione cerebrale acquisita: uno studio pilota
Motor improvement in adolescents affected by ataxia secondary to acquired brain injury: a pilot study Elisabetta Peri, Daniele Panzeri , Elena Beretta, Gianluigi Reni, Sandra Strazzer, Emilia Biffi Scientific Institute, IRCCS E. Medea, Bosisio Parini (LC), Italy BACKGROUND AND AIM Children and teens can show clinical conditions of ataxia as consequence of acquired brain injuries. In this case they can exhibit neurological signs resulting in coordination deficits, dysmetria, tremors and hypotonia that can affects balance control and locomotion ability, with a significant impact on quality of daily life. In the last years, the advent of advanced technologies in rehabilitation and, specifically, of Virtual Reality (VR)-based devices, has unfold new possibilities in the world of rehabilitation. Our aim is to assess changes in locomotion and balance in adolescents affected by ataxia secondary to acquired brain injury after a rehabilitation treatment with the Gait Real-time Analysis Interactive Lab (GRAIL), an immersive virtual reality (IVR) platform, and physiotherapy. MATERIALS AND METHODS 11 ataxic adolescents (16(5) years old, 4.7(6.7) years from injury) underwent 20 sessions of 45 minutes with GRAIL plus 20 sessions of 45 minutes of physiotherapy in one month. The GRAIL system integrates IVR with an instrumented treadmill and a motion capture system, that can be used for rehabilitation and assessment purposes. It includes a semicircular screen where the virtual reality environment is projected and a dual-belt treadmill which integrates two force platforms. Beside treadmill motion the platform moves (pitch and sway) accordingly to the projected scenario. Patients were assessed before (T0) and after (T1) rehabilitation with functional scales and three-dimensional multiple-step gait analysis. Demographic data Age (y) 16.0 (5.0) Gender (M/F) 6/5 Time from injury (y) 4.7 (6.7) Etiology (tumor/AVM/TBI) 9/1/1 GMFCS 0/11/0 FIG.1 (A) The GRAIL system. (B) Example of balance training exercise: the subject performs a slalom on the snow by shifting the body weight left and right. (C) Example of exercise to train locomotion and gait pattern: the kinetics and kinematics of joints during walking are projected in real time as feedback. Table 1 Demographic data Data are reported as median (interquartile ranges). M: male, F: female; y: years.; AVM: arteriovenous malformation, TBI: Traumatic Brain Injury; GMFCS: Gross Motor Function Classification System. RESULTS Results showed significant improvements in ataxia score assessed by the Scale for the Assessment and Rating of Ataxia, in dimension D and E of Gross Motor Function Measure, in walking endurance and in balance abilities. Moreover, the training fostered significant changes at hip, knee and ankle joints, and the decrease of gait variability, toward healthy references. Results of functional scales before (T0) and after (T1) training T0 T1 P-value SARA 10.5 (4.5) 8.5 (2.8) 0.012 GMFM 97.0 (4.0) 98.0 (2.5) 0.004 GMFM (D) 92.0 (4.0) 97.0 (3.5) 0.008 GMFM (E) 90.0 (14.0) 94.0 (7.5) 0.001 6MWT 500 (96) 548 (100) 0.005 BBS 53.0 (3.5) 54.0 (2.0) 0.016 Selection of significant data from Kinematic and Kinetics analysis p-val T0 T1 Healthy T0 vs T1 p-val T0 vs healthy p-val T1 vs healthy Stance% 69.4 (1.7) 69.1 (2.1 ) 67 (2.5 ) 0.123 0.001 0.008 CV% 4 (1.6) 3 (1.8 ) 2.1 (1.3 ) 0.175 0.013 0.094 Step length [cm] 36.6 (2.5 ) 42.7 (8 ) 42.1 (10 ) 0.001 0.019 0.863 CV% 12 (3.6 ) 9.4 (3.4 ) 7.5 (2.3 ) 0.001 0.004 0.225 Step width [cm] 18.9 (7 ) 16.6 (4.1 ) 15 (5 ) 0.206 0.190 0.387 CV% 16.9 (6.2 ) 19.6 (8.9 ) 14 (5 ) 0.147 0.226 0.132 Gait speed [cm/s] 66.9 (10.7) 78.1 (12.1 ) 88.4 (24.9 ) 0.001 0.000 0.057 CV% 10.2 (4.8) 8.5 (3.2 ) 5.4 (1.1 ) 0.019 0.000 0.000 Max ankle power [W] 0.9 (0.2 ) 1.3 (0.5 ) 1.3 (1.3 ) 0.020 0.008 0.477 CV% 31.5 (15 ) 24.1 (8.5 ) 28.2 (12.4 ) 0.002 0.215 0.692 Max knee flex [°] 57 (6.8 ) 59 (5.2 ) 63.2 (5 ) 0.032 0.001 0.005 CV% 6.2 (2.9 ) 6.2 (2.2 ) 3.8 (1.7 ) 0.240 0.004 0.007 Max knee ext [°] -3.1 (3.4 ) -3 (4.3 ) 0.1 (4.4 ) 0.966 0.025 0.051 SD* 2.2 (0.5 ) 1.9 (0.8 ) 1.5 (1.1 ) 0.966 0.160 0.289 ROM hip abd [°] 9.2 (4.3 ) 11.9 (4 ) 11.7 (4 ) 0.001 0.145 0.863 CV% 16.9 (7.9 ) 17 (3.9 ) 15.3 (1.9 ) 0.365 0.097 0.287 ROM pelvic tilt [°] 4.9 (0.9 ) 5.2 (1.8 ) 4.2 (1.2 ) 0.102 0.022 0.005 CV% 30.2 (4.5 ) 28.7 (3.1 ) 26 (6.2 ) 0.240 0.040 0.174 ROM pelvic ob [°] 5.7 (2.1 ) 6.4 (1.9 ) 6.6 (2.4 ) 0.413 0.604 0.980 CV% 23.7 (4.8 ) 18.3 (7.2 ) 17.7 (4.8 ) 0.010 0.006 0.415 Table. 3 – Kinematic and Kinetics analysis Data are reported as median (interquartile ranges); CV: Coefficient of Variation; SD: Standard Deviations; ROM: Range of Motion; flex: flexion; ext: extension; p-val: p values. P values refer to the non- parametric paired Wilcoxon test in column “T0 vs T1”, while they refer to the non-parametric Mann-Whitney U-test in column “T0 vs healthy” and “T1 vs healthy”. Table. 2 – Functional scales. Data are reported as median (interquartile ranges). p-values refer to the non- parametric paired Wilcoxon test. SARA: Scale for the assessment and rating of ataxia; GMFM: Gross Motor Function Measure expressed as percentage, Dimension D (Standing) and E (walking); 6MWT: six minute walking test; BBS: Berg Balance Scale. CONCLUSIONS Although the pilot nature of the study, data suggest that a training with immersive IVR and physiotherapy is a promising approach for ataxic gait rehabilitation, even in chronic conditions. Data confirmed the improvement in step length, speed, kinematics and kinetics. Finally, another main aspect of the present work is that we exploited the GRAIL technology to quantitatively analyze the variability of the locomotion, which is a crucial aspect of ataxic patients. Their high gait irregularity prevents from obtaining reliable results by using standard gait analysis, during which the user usually selects one or few steps that should represent the gait pattern of a single patient. Due to the specificity of ataxia, it is mandatory to use a multistep approach to quantify ataxic locomotion. Our results, based on the multistep gait analysis available through GRAIL, give encouraging evidence of reduction of step variability, toward the pattern of healthy individuals. REFERENCES 1. Ilg W, Golla H, Thier P, Giese MA. Specific influences of cerebellar dysfunctions on gait. Brain. 2007;130(3):786–798. 2. Buckley E, Mazzà C, McNeill A. A systematic review of the gait characteristics associated with Cerebellar Ataxia. Gait & Posture. 2018;60:154–163. 3. Morton SM, Bastian AJ. Mechanisms of cerebellar gait ataxia. The cerebellum. 2007;6:76–86. 4. Marquer A, Barbieri G, Pérennou D. The assessment and treatment of postural disorders in cerebellar ataxia: A systematic review. Annals of Physical and Rehabilitation Medicine. 2014;57(2):67–78. 5. Ilg W, Synofzik M, Brötz D, Burkard S, Giese MA, Schöls L. Intensive coordinative training improves motor performance in degenerative cerebellar disease. Neurology. 2009;73(22):1823–30. 6. Marsden J, Harris C. Cerebellar ataxia: pathophysiology and rehabilitation. Clinical Rehabilitation. 2011;25(3):195–216. 7. Booth ATC, Buizer AI, Harlaar J, Steenbrink F, van der Krogt MM. Immediate effects of immersive biofeedback on gait in children with cerebral palsy. Archives of Physical Medicine and Rehabilitation. 2018. 8. Ilg W, Timmann D. Gait ataxia-specific cerebellar influences and their rehabilitation. Movement Disorders. 2013;28(11):1566–1575. 9. Biffi E, Beretta E, Diella E, Panzeri D, Maghini C, Turconi AC, Strazzer S, Reni G. Gait rehabilitation with a high tech platform based on virtual reality conveys improvements in walking ability of children suffering from acquired brain injury. In: 2015 37th Annual International Conference of the IEEE Engineering in Medicine and Biology Society (EMBC).Vol 2015. IEEE; 2015:7406–7409. 10. Küper M, Döring K, Spangenberg C, Konczak J, Gizewski ER, Schoch B, Timmann D. Location and Restoration of Function after Cerebellar Tumor Removal—A Longitudinal Study of Children and Adolescents. The Cerebellum. 2013;12(1):48–58. CONTACTS: Daniele Panzeri; daniele.panzeri@lanostrafamiglia.it *This work is currently in publication on the journal BioMed Research International
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IL GRIP TEST QUALE INDICATORE DI RECUPERO FUNZIONALE NEI PAZIENTI CON FRATTURA DI FEMORE CHIRURGICAMENTE TRATTATA. Risultati preliminari
Le fratture di femore, ed il relativo trattamento chirurgico, rappresentano uno dei principali problemi nella popolazione anziana, con conseguenze importanti in termini di mortalità, morbilità e disabilità. Lo scopo di questo lavoro è correlare il recupero funzionale dei pazienti sottoposti a protesi d’anca con il valore della forza massima di contrazione isometrica dei muscoli della mano (Hand Grip Strength Test) valutato all’ingresso con dinamometro, assumendo un significato predittivo dell’outcome finale.
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La riabilitazione post-intervento combinato di transfer tendineo e neurotizzazione dell’arto superiore: CASE-REPORT di un paziente tetraplegico
La chirurgia funzionale dell’arto superiore ha un importante ruolo della riabilitazione dei pazienti con tetraplegia. Molti studi evidenziano come l’obiettivo più richiesto da tali pazienti sia il recupero della funzionalità dell’arto superiore per poter svolgere attività di vita quotidiana, quali scrivere, lavarsi, vestirsi, mangiare, guidare e lavorare. Scopo della chirurgia funzionale è quello di migliorare la motilità e di conseguenza raggiungere il massimo grado di autonomia possibile. La scelta del trattamento chirurgico dipende dal livello neurologico della lesione midollare e viene pianificata in base alla forza dei muscoli residui. Per i pazienti con livello neurologico C5-C7 l’obiettivo chirurgico consiste solitamente nel recupero dell’estensione di gomito e della funzione di presa della mano. Fino a poco tempo fa si riteneva che il trattamento chirurgico dovesse essere eseguito solo dopo il raggiungimento della stabilità della lesione neurologica, ovvero ad almeno 1 anno dalla lesione. Recentemente gli interventi di chirurgia funzionale classica con transfer tendinei sono stati affiancati dagli interventi di reinnervazione, i quali richiedono un timing più precoce, prima che subentri l’atrofia da non uso dei muscoli riceventi. Tali interventi possono essere complementari ai transfer tendinei ed essere eseguiti insieme a quest’ultimi anche in un unico tempo chirurgico. Obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere l’iter riabilitativo, analizzare i risultati clinici e funzionali e grado di soddisfazione di un paziente tetraplegico sottoposto a chirurgia funzionale combinata dell’arto superiore per il recupero dell’estensione di gomito.
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Impatto del diabete mellito e dell’obesità grave sulla biomeccanica del cammino
Impatto del diabete mellito e dell’obesità grave sulla biomeccanica del cammino. M. Cafalli1, C. Tramonti1, E. Iacopi2, A. Piaggesi2, C. Chisari1 1S.D. Neuroriabilitazione – Dipartimento di Ricerca traslazionale delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia – Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana 2 U.O. Malattie Metaboliche e Diabetologia – Dipartimento di Area Medica – Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana Introduzione È ben noto in letteratura che in pazienti con diabete mellito di tipo II, alterazioni della postura e del cammino sono riscontrabili già nelle fasi iniziali di malattia anche in assenza di segni di neuropatia periferica, e divengono sempre più evidenti col progredire di tale disordine [1]. Ad oggi pochi studi chinesiologici del cammino sono stati eseguiti su pazienti con obesità, ma dai dati a disposizione emerge che le alterazioni deambulatorie riscontrate sono essenzialmente dovute ad un adattamento dei biomeccanismi del passo al sovraccarico dato dall’eccessivo peso corporeo [2]. Di nostro interesse è la stima del peso relativo di diabete mellito e obesità sul pattern del cammino, per valutare se le due condizioni morbose agiscono a livelli diversi o se al contrario si amplificano a vicenda nel determinare alterazioni deambulatorie. Materiali e Metodi Per questo studio sono stati reclutati: 1. 23 pazienti con DM tipo 2 da almeno 5 anni e BMI compreso tra 38 e 47 kg/m2 (DM-O: 10 F, 13 M; età media 48,310,9); 2. 23 pazienti non diabetici con BMI compreso tra 38 e 47 kg/m2 (O: 15 F, 8 M; età media 45,48,5); 3. 23 pazienti con DM tipo 2 da almeno 5 anni e BMI <26 kg/m2 (DM: 7 F, 16 M; età media 56,24,4); 4. Gruppo di controllo costituito da 23 soggetti con assenza di DM e BMI<26 kg/m2 (C: 10 F, 13 M; età media 36,510,6). Tutti i soggetti sono stati valutati tramite Gait Analysis con sistema BTS® durante prove di standing e di cammino, con misurazione dei parametri spaziotemporali e cinematici, utilizzando il protocollo Davis. I dati ottenuti sono quindi stati analizzati per ricercare sia alterazioni del pattern deambulatorio dei gruppi patologici vs i controlli, sia differenze e similitudini tra i gruppi patologici. Risultati Alla valutazione dei parametri spazio-temporali (S-T), rispetto al gruppo C tutti i gruppi patologici presentano riduzione di velocità media, lunghezza di step e stride. I pazienti O e DM-O presentano inoltre incremento della larghezza dello step (rispettivamente p=0,006 e p=0,000) e riduzione del ROM del ginocchio (rispettivamente p=0,000 e p=0,000). Nei pazienti con DM si osserva incremento del tempo di swing (p=0,009) e riduzione della cadenza del passo (p=0,01) e del ROM della caviglia (p=0,04). I pazienti DM-O presentano, rispetto ai DM, riduzione della lunghezza dello stride (p=0,009), incremento della larghezza dello step (p=0,000) [tab. 1]. Presente inoltre riduzione del ROM del ginocchio (p=0,003). Rispetto ai pazienti O, i pazienti DM-O presentano riduzione della velocità media (p=0,01), della cadenza del passo (p=0,03) e del ROM del ginocchio (p=0,02). Per quanto riguarda i parametri cinematici sul piano sagittale rispetto al gruppo C: i pazienti O presentano una ridotta flessione del ginocchio in fase di volo (p=0,000); i pazienti DM presentano deficit del push-off (p=0,004) e una ridotta dorsiflessione della caviglia in fase di volo (p=0,03); i pazienti DM-O presentano deficit della plantiflessione di caviglia al push-off (p=0,03) e della flessione del ginocchio in fase di volo (p=0,000). Nel confronto dei parametri cinematici tra gruppi patologici, i pazienti DM-O presentano minor escursione articolare dinamica della caviglia con deficit della plantiflessione in fase di push-off rispetto ai pazienti O (p=0,04) [Fig. 1], mentre rispetto ai pazienti DM presentano deficit della flessione del ginocchio in fase di risposta al carico (p=0,04) e in fase di volo (p=0,005) [Fig. 2]. Conclusioni Dal nostro studio emerge che le modifiche della biomeccanica del cammino descritte nei pazienti con DM e nei pazienti O si vanno a sommare determinando le alterazioni deambulatorie dei pazienti DM-O, soprattutto per quanto riguarda la cinematica segmentale. Analogamente a quanto avviene nei pazienti con DM, l’escursione dinamica dell’articolazione tibio-tarsica si riduce, con deficit della plantiflessione in fase di propulsione, aspetto che va a inficiare il corretto avanzamento dell’arto. Similmente ai pazienti O, i DM-O presentano riduzione dell’escursione dinamica del ginocchio con deficitaria flessione in fase di volo, presumibilmente dovuta a meccanismi compensatori sul sovraccarico ponderale a cui è sottoposto tale distretto articolare. L’ampliamento delle conoscenze riguardo la biomeccanica della deambulazione in soggetti diabetici e in soggetti obesi si rende necessario per pianificare protocolli riabilitativi specifici che, se attuati in fase precoce, potrebbero contribuire a migliorare il pattern deambulatorio di tali pazienti, aspetto che permetterebbe non solo di prevenire complicanze a livello osteoarticolare e cutaneo, ma anche di ridurre il rischio di cadute e migliorare quindi la qualità di vita di tali pazienti. Bibliografia [1] Lamola G et al., Quantitative assessment of early biomechanical modifications in diabetic foot patients: the role of foot kinematics and step width. Journal of NeuroEngineering and Rehabilitation 2015, 12:98. [2] De Souza S. A. et al., Gait Cinematic Analysis in Morbidly Obese Patients. Obesity Surgery, 2005, 15(9), 1238–1242.
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Flow blood restriction (BFR) nella gonartrosi
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA CATTEDRA DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA U.O.C. DI “RIABILITAZIONE” DIRETTORE: PROF. GIULIA LETIZIA MAURO Titolo: Blood flow restriction (BFR) nella gonartrosi Autori: A. Calderone, L. Lauricella, G. Letizia Mauro Introduzione Con l’allungamento della vita media è divenuto necessario l’intervento di semplici ed efficaci metodi per la gestione della sintomatologia algica nella gonartrosi. L’ipotonotrofia è un fattore primario che contribuisce al dolore e alla limitazione funzionale dell’arto inferiore, inoltre è un fattore predisponente a lesioni tendinee, legamentose ed ossee. La perdita di massa muscolare e di densità minerale ossea che sopravvengono con l’avanzare dell’età determinano la perdita della funzione fisica. L’esercizio di resistenza ad alto carico è il metodo più riconosciuto per migliorare il tonotrofismo muscolare ed una maggiore forza del muscolo quadricipite femorale è stata collegata a riduzione del dolore. Questo studio propone l’esercizio terapeutico Flow Blood Restriction (BFR) ai pazienti affetti da gonartrosi di tipo I e II sec. Kellgren-Lawrence, determinando un miglioramento del recupero del tonotrofismo, della forza, del reclutamento muscolare; è stata utilizza un’intensità di allenamento pari al 20-30 % del carico massimo possibile per ciascuno soggetto. Materiali e Metodi Presso l’U.O.C. di “Riabilitazione” dell’A.O.U.P. P. Giaccone di Palermo sono stati selezionati 20 soggetti che hanno aderito firmando un consenso informato. Criteri d’inclusione: BMI≤30, range età 60-70 anni, nessuna differenza di sesso, dolore quantificato con NRS ≥5 ma ≤8, esame RX grafico ginocchio nelle 2 proiezioni standard eseguito nei 12 mesi precedenti lo studio, rieducazione funzionale nei 6 mesi antecedenti l’arruolamento. Criteri d’esclusione: patologie cardio-vascolari, diabete mellito, infezioni, interventi chirurgici agli arti inferiori. Il campione in esame è stato suddiviso in 2 gruppi (10 pazienti per ciascuno): il gruppo “A” è stato sottoposto ad esercizio BFR, l’altro “B” ad esercizio terapeutico, crioterapia ed elettrostimolazione, effettuando 20 sedute riabilitative a cadenza trisettimanale. Gli esercizi eseguiti comprendevano leg extension, leg curl, step, flesso/ estensione tricipite surale, sit/stand 12 walk che nel BFR venivano eseguiti applicando una riduzione di flusso all’arteria femorale mediante uno sfigomanometro sotto controllo medico. I controlli sono stati eseguiti al basale (T0), a 4 settimane (T1), a 6 settimane (T2) e a 8 settimane (T3). Ad entrambi i gruppi è stata misurata la circonferenza del muscolo quadricipite femorale (mQF) e ischio-crurali (IC) mediante metro a 6 e 16 cm prossimalmente al polo rotuleo e sono state somministrate scale pre (T0) e post studio (T3): NRS, KOOS, Lequesne, SPPB (short physical performance battery). Sono stati infine richiesti degli esami ematochimici per la valutazione del metabolismo muscolare ed osseo sia al basale che al termine del lavoro. Risultati L’analisi e il confronto dei dati a T0, T1, T2 e T3 ha permesso di evidenziare risultati sovrapponibili per la KOOS e Lequesne nei due gruppi, mentre per la SPPB è stata rilevata un chiara e netta differenza. Tutti i pazienti hanno un incremento della circonferenza del mQF ma maggiore nel gruppo BFR. In particolare abbiamo riscontrato dei valori statisticamente significativi nel gruppo A specie in termini di recupero del tonotrofismo e della forza muscolare ed è stata registrata una discrepanza sostanziale nella valutazione della sintomatologia algica, indicando una maggior efficienza sul dolore nei pazienti trattati con BFR. Tutti i pazienti hanno completato lo studio, solo 5 dei 10 trattati con esercizio BFR hanno effettuato il prelievo di controllo ematico riscontrando incrementi degli ormoni GH e testosterone totale ed una riduzione dei livelli di LDH e CPK. Dei 10 pazienti BFR 8 non hanno mai assunto FANS/paracetamolo durate lo studio mentre 7 nel gruppo non BFR. Conclusioni Questo studio ha voluto introdurre il metodo di allenamento della resistenza a basso carico con limitato apporto ematico (BFR) nel trattamento riabilitativo della gonartrosi ed ha evidenziato un miglioramento del tonotrofismo muscolare con riduzione del sintomo dolore. Il BFR mira ai medesimi obiettivi degli esercizi ad alta intensità evitando eccessivi sovraccarichi sull’articolazione. Inoltre il monitoraggio sull’andamento dei biomarkers del metabolismo muscolare e osseo ha permesso di avallare le ricerche precedenti che descrivono con il BFR una aumentata resistenza cardiocircolatoria , dei livelli di reclutamento muscolare, degli ormoni sistemici anabolici probabilmente per uno stress metabolico che incrementa i livelli di lattato e quindi il numero di fibre muscolari di tipo II durante gli esercizi con BFR. Ci proponiamo infine di affinare la terapia proposta, aumentando il campione in esame e aggiungendo ulteriori valutazioni a lungo termine. Bibliografia • Pope ZK, Williardson JM, Schoennfeld BJ. Exercise and blod flow restriction. J Strenght Cond Res. 2013; 27:2914-2926 • Counts BR, Dankel SJ, Barnett BE, et al The influence of relative blood flow restriction pressure on muscle adaptation. Muscle Nerve. 2016; 53$5: 313-325 • Loennek JP, Fahs CA, Wilson JM, et al Blood flow restriction: the metabolite/ volume threshold theory. Med Hypotheses. 2011; 77:748-752
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Sinergismo d’azione nel trattamento manuale di un DDIM lombare: nostra esperienza
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO – SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA – Cattedra di Medicina Fisica e Riabilitativa – U.O.C. di “Riabilitazione” – Direttore: Prof. Giulia Letizia Mauro Titolo: Sinergismo d’azione nel trattamento manuale di un DDIM lombare: nostra esperienza Autori: A. Falletta, L. Lauricella, G. Letizia Mauro Introduzione Il Low Back Pain meccanico dovuto a DDIM è un disturbo frequente nella società occidentale ed un impegno economico importante. Si definisce come una “condizione di dolore e di disagio che si localizza al di sotto del margine costale e al di sopra della piega glutea inferiore, a cui si può associare o meno un dolore irradiato all’arto inferiore”. Le tecniche utilizzate per tale patologia sono molteplici, tra queste la manipolazione con impulso “thrust” è una delle più comuni, adoperata da professionisti in Medicina Manuale. Robert Maigne (1960) ha descritto il disturbo doloroso a livello del segmento mobile vertebrale “Dèrangement Doulourex Intervertèbral Mineur” (DDIM), nonché gli aspetti locali e riflessi “ Syndrome cellulo Periosto-Myalgique” (SCPM) e una nuova semeiotica del dolore. La regola del trattamento del DDIM prevede l’applicazione “del non dolore e del movimento contrario”; ciò significa che la manipolazione deve essere eseguita su un segmento nella direzione opposta a quella che scatena la sintomatologia algica seguendo lo “schema a stella” . Materiali e Metodi Presso la U.O.C. di “Riabilitazione” dell’A.O.U.P “P. Giaccone” di Palermo, sono stati reclutati tra Gennaio-Aprile 2019, 10 pazienti (6 donne e 4 uomini), di età compresa tra i 25 e 50 anni (media 35) affetti da lombalgia meccanica da DDIM. Criteri di inclusione: sintomatologia algica scarsamente o poco responsiva ai farmaci, limitazione funzionale, esame rx grafico rachide lombosacrale in 2 P, precedente trattamento riabilitativo con limitato beneficio. Criteri di esclusione: tumori, patologie infettive (M.di Pott) ed infiammatorie, osteoporosi severa, fratture, radicoliti compressive, stenosi canalicolari, spondilolisi e spondilolistesi. I soggetti sono stati sottoposti a visita fisiatrica, hanno firmato un consenso informato ed avviati al percorso manipolativo. Le tecniche selezionate sono state: manipolazione a cavallo e con mano contrappoggio nelle lombalgie basse di origine alta e manipolazione in cifosi o lordosi al rachide lombare ed infine neuromuscolari miotensive (Mitchell e Jones). Tali tecniche venivano effettuate previa rivalutazione e disegno della stella di Maigne per eseguire l’atto manipolativo. Le sedute manipolative per un totale di 4, venivano effettuate a cadenza settimanale. Tutti i soggetti sono stati valutati al basale a T0 e poi settimanalmente a T1 dopo 7 gg, a T2 dopo 14 giorni e a T3 a 28 giorni, utilizzando la NRS, la Quebec e la SF 12, questionario di soddisfazione. Risultati Dall’analisi dei dati si è rilevata una riduzione della sintomatologia algica e un aumento dell’escursione articolare del rachide già dopo 7 giorni (T1) in 3 dei 10 soggetti. A T2 abbiamo riscontrato il miglioramento dei parametri considerati nei rimanenti 7 pazienti e a T3 si è rilevato il mantenimento dei livelli raggiunti con conseguente piena soddisfazione dei pazienti e del medico. Nessun paziente ha fatto ricorso a terapia farmacologica con FANS/Paracetamolo. Conclusioni Le manipolazioni sono oggi una tecnica di elezione nel trattamento della Low Back Pain da DDIM, tuttavia non esistono ancora studi di rilevanza internazionale che dimostrino una maggiore efficacia rispetto ad altre. Sarebbe auspicabile aumentare il ventaglio di soggetti da arruolare, uniformare i campioni e valutare anche i risultati a lungo termine. Alla luce dello studio effettuato possiamo affermare che le manipolazioni inserite nel progetto/programma riabilitativo e in associazione alla terapia farmacologica, permettono di garantire un trattamento più rapido e risolutivo della patologia con elevato grado di soddisfazione dei pazienti. Ci proponiamo di aumentare il campione in esame e di effettuare nuove valutazioni a lungo termine. Bibliografia Robert Maigne, Dolori di origine vertebrale comprendere, diagnosticare, trattare, Elsevier Masson, 2009 Marc Perez, Solulagez vous-meme vos douleurs avec l’osteopathie, Leduc.s Edition, 2016 J. Gross, J. Fetto, E. Rosen, Esame obiettivo dell’apparato muscolo scheletrico, Utet, 2004
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Management riabilitativo del paziente con spondilite anchilosante
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PALERMO – SCUOLA DI MEDICINA E CHIRURGIA – Cattedra di Medicina Fisica e Riabilitativa – U.O.C. di “Riabilitazione” – Direttore: Prof. Giulia Letizia Mauro Titolo: Managemenent riabilitativo del paziente con spondilite anchilosante Autori: G. Passantino, L. Lauricella, E. Palumbo, D.scaturro G. Letizia Mauro Introduzione Materiali e Metodi Risultati Conclusioni
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Disabilità ed handicap alla luce dei nuovi Lea
DISABILITA’ ED HANDICAP ALLA LUCE DEI NUOVI LEA Rita Chiaramonte, Matteo Cioni, Manuela Lo Bianco, Aurelio Lomeo, Maria Pia Onesta, Michele Vecchio Physical Medicine and Rehabilitation. Department of Biomedical and Biotechnological Sciences. School of Medicine, University of Catania, via S. Sofia 67, 95123 Catania, Italy. ABSTRACT Introduzione Il testo dei nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18/3/2017 (D.P.C.M 12 gennaio 2017. Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, pubblicato sulla G.U. n. 65 del 18 marzo 2017, Suppl. Ordinario n. 15). Il provvedimento è integralmente sostitutivo del D.P.C.M. 29 novembre 2001 (DPCM 29 novembre 2001 Definizione dei livelli essenziali di assistenza). Obiettivo del nostro studio è sintetizzare l’aggiornamento delle attività, dei servizi e delle prestazioni di pertinenza fisiatrica e riabilitativa che il servizio sanitario nazionale fornirà ai cittadini, analizzandone le innovazioni introdotte e le criticità. Materiali e metodi Abbiamo confrontato il testo relativo ai precedenti LEA del 2001 con quello dei nuovi LEA del 2017 per definire le novità salienti, gli aspetti positivi e le criticità del nuovo decreto, alla luce delle osservazioni sollevate da federazioni, sindacati e associazioni. Risultati Gli aspetti positivi che spiccano dall’analisi dei testi sono: – introduzione di una cadenza annuale per l’aggiornamento delle attività, dei servizi e delle prestazioni erogate; – introduzione diinnovazioni tecnologiche, come strumenti e software di comunicazione alternativa, tastiere adattate per soggetti con gravissime disabilità, protesi ed ortesi di tecnologicamente avanzate; – introduzione di ausili per la mobilità (carrozzina bariatrica, carrozzina dinamica per pazienti con distonie, carrozzine elettriche dotate di joystick, carrozzina elettrica con sistema di seduta verticalizzabile); – introduzione della barella adattata per la doccia, dei sollevatori fissi e per vasca da bagno, dei sistemi di sostegno nell’ambiente bagno (maniglioni e braccioli), degli ausili per il superamento di barriere verticali, dei sensori di comando e controllo degli ambienti come il telesoccorso e dei sistemi di controllo a distanza; – individuazione dei fornitori di protesi e ortesi su misura (allegato 12 del D.p.c.m. 12 gennaio 2017); – ampliamento dell’elenco delle malattie croniche e delle rare; – esplicitazione nei LEA degli interventi di diagnosi e trattamento dei disturbi dello spettro autistico. A questi aspetti innovativi vanno aggiunte l’introduzione delle prestazioni ambulatoriali tecnologicamente avanzate (Allegato 4 al DPCM 12 gennaio 2017, aggiornamento del nomenclatore disciplinato dal decreto ministeriale 22 luglio 1996) come: – prestazioni di procreazione medicalmente assistita, erogate a carico del SSN in regime di assistenza specialistica ambulatoriale (fino ad oggi erogate solo in regime di ricovero); – prestazioni di genetica e le consulenze genetiche, che consentono di spiegare al paziente l’importanza ed il significato del test al momento dell’esecuzione, le implicazioni connesse al risultato al momento della consegna del referto e, eventualmente, di fornire allo stesso il sostegno necessario per affrontare situazioni spesso emotivamente difficili; – nuovi esami di laboratorio tra cui indagini per la diagnosi di malattie metaboliche rare Emergono tuttavia elementi da considerare quali spunti di riflessione sollevate dalle associazioni, sindacati e federazioni: – percorsi di erogazione e tempistiche non modificate (1); – mantenimento di ampi margini decisionali da parte delle regioni come relativamente alla gestione dei dispositivi monouso, delle prestazioni protesiche, dei percorsi assistenziali integrati, dell’assistenza ambulatoriale e dei cibi aproteici in soggetti affetti da nefropatia cronica (2); – spostamento tra le malattie croniche di alcune patologie già esentate come malattie rare, come la sindrome di Down, senza chiarimenti su eventuali ripercussioni, quali la presumibile perdita del sostegno e delle esenzioni per la diagnosi e per le indagini genetiche dei familiari (1); – riduzione del numero di visite ed esami in esenzione per alcune patologie croniche (2); – mancanza di riferimenti espliciti riguardo la competenza al pagamento e alla ripartizione della quota delle prestazioni socio-sanitarie non coperte dal Servizio sanitario nazionale (1); – erogazione di alcuni ausili solo “di serie” e non più “su misura”, con minore garanzia della personalizzazione e dell’aderenza alle esigenze dei singoli utenti (1); Tra le osservazioni registrate vanno inoltre citate: – l’opportunità di uniformità, a livello interregionale, del contenuto delle prestazioni, che andrebbero indicate in maniera maggiormente dettagliata, con standard di offerta e tempi di fruizione esplicitamente indicati. Tale tema sembra poco attenzionato anche nei precedenti LEA (2). – l’opportunità di perpetuare il concetto di “compensazione della menomazione” nell’erogazione degli ausili e delle protesi, in termini di diritto alla salute, alla mobilità, alla comunicazione, come riportato dalla Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH) (1). Conclusioni Lo scopo del nostro lavoro è mettere in relazione alcuni aspetti dei precedenti LEA del 2001 con i nuovi LEA (2017) al fine di evidenziare novità salienti, aspetti positivi e criticità alla luce delle osservazioni sollevate da federazioni, sindacati e associazioni. Dall’analisi dei nuovi LEA emergono molteplici aspetti positivi e tra questi l’introduzione di nuovi ausili utili all’assistenza del paziente disabile da parte dei caregivers. Da segnalare, tuttavia, gli aspetti potenzialmente critici quale l’ipotizzabile disparità territoriale dei trattamenti sanitari (2), il rischio potenziale della limitazione della libertà di scelta dei pazienti (1) ed il rischio di un aumento della spesa in considerazione dell’introduzione di prestazioni eseguite attraverso nuovi dispositivi tecnologicamente avanzati (3). Bibliografia 1. Faini M, Gioga G, Milani P. (acura) La presa in carico delle persone con disabilità. FISH, 2003. 2. Riunione di verifica del 24 luglio 2018 della regione Sicilia sullo stato di erogazione dei Lea ///C:/Users/inspiron15/Desktop/lea%20simfer/no/C_17_pagineAree_5063_listaFile_itemName_0_file.pdf 3. Torbica A, Fattore G. The “Essential Levels of Care” in Italy: when being explicit serves the devolution of powers. Eur JHealthEcon. 2005; Suppl:46-52.
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Monitoraggio e motivazione all’uso dell’arto paretico con dispositivi indossabili al polso: dalla degenza alla teleriabilitazione
MONITORAGGIO E MOTIVAZIONE ALL’USO DELL’ARTO PARETICO CON DISPOSITIVI INDOSSABILI AL POLSO: DALLA DEGENZA ALLA TELERIABILITAZIONE Chioggia S1, Germano M1, Nunziati G1, Traverso E2, Folegani N3, Tognetti P4, Focacci A2 1 Fisioterapista; 2 Fisiatra; 3 Coordinatore Fisioterapisti; 4 Direttore 1-4 Riabilitazione Intensiva – S.C. Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale di Sestri Levante ASL4 Liguria INTRODUZIONE. Il recupero della funzione dell’arto superiore dopo ictus necessita della ripetizione di movimenti funzionali1, ma integrare un arto deficitario nelle attività quotidiane richiede forte motivazione. In riabilitazione intensiva i pazienti sono impegnati per 4 ore al giorno in sedute riabilitative: per le restanti circa 12 ore di veglia non sono direttamente incentivati ad utilizzare l’arto paretico. Alla dimissione è cruciale che il paziente sia motivato a utilizzare l’arto paretico nella vita quotidiana, per consolidare il recupero prevenendo il “learned non-use”.2 Per monitorare i movimenti degli arti superiori e fornire un feedback che incoraggi i pazienti a raggiungere obiettivi di attività si possono utilizzare accelerometri indossati al polso.3 MATERIALI E METODI. Questo programma di monitoraggio e motivazione all’uso dell’arto paretico con accelerometri indossabili al polso è articolato in 2 fasi: FASE 1 DEGENZA obiettivo: incentivare l’attività dell’arto paretico in riabilitazione intensiva pazienti ricoverati in Riabilitazione Intensiva con ipostenia arto superiore in esiti di ictus ischemico/emorragico e residua possibilità di movimenti antigravitari attivi FASE 2 TELERIABILITAZIONE obiettivo: seguire il paziente dopo la dimissione per proseguire l’intervento riabilitativo a distanza gli stessi pazienti vengono seguiti per 6 settimane dalla dimissione, con un colloquio telefonico settimanale con il fisioterapista. Dispositivi: accelerometri che registrano i movimenti del braccio, convertendo i dati grezzi di accelerazione nel numero di gesti eseguiti (“ArmActivities”). Fase 1: utilizzata la coppia di dispositivi Arys Pro (bilateralmente). Fase 2: utilizzato il braccialetto Arys Me, sull’arto emiparetico (yband-therapyAG, Switzerland). I pazienti sono stimolati a incrementare le ArmActivities con: 1. obiettivi giornalieri personalizzati; 2. feedback (vibrazione/luce LED) forniti dopo 30′ d’inattività; 3. monitoraggio attraverso l’applicazione per smartphone ARYS me App, che permette di seguire la crescita di un albero (Tree of Recovery) proporzionale all’utilizzo dell’arto (gamification). RISULTATI. Al momento il programma è stato completato da una paziente destrimane, 44 anni, emiparesi sinistra in esiti di ictus ischemico. (tabella) CONCLUSIONI. Questi dispositivi possono avere un forte impatto in ogni fase della riabilitazione dell’arto superiore. Durante la riabilitazione intensiva incoraggiano le attività dell’arto paretico anche nelle ore libere da sessioni fisioterapiche, permettendo di sfruttare pienamente la fase di maggiore neuroplasticità. Dopo la dimissione assumono un ruolo cruciale nel motivare i pazienti a utilizzare l’arto paretico nella vita quotidiana. 1. French B, Thomas LH, Coupe J, et al. Repetitive task training for improving functional ability after stroke. Cochrane Database Syst Rev 2016; 11: CD006073. 2. Taub E, Uswatte G, Mark VW, Morris DM. The learned non-use phenomenon: implications for rehabilitation. Eura Medicophys 2006; 42:241-56. 3. Da-Silva RH, van Wijck F, Shaw L, et al. Prompting arm activity after stroke: a clincal proof of concept study of wrist-worn accelerometers with a vibrating alert function. J Rehabil Assist Technol Eng 2018; 5: 1-8.
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Agopuntura per il trattamento del dolore post-operatorio farmaco-resistente in pazienti operate di artroprotesi di ginocchio
Agopuntura per il trattamento del dolore post-operatorio farmaco-resistente in pazienti operate di artroprotesi di ginocchio Cantini L., Sergi R., Montagna A., Falcone G., Foti C., Pasquetti P. Introduzione Impiego dell’agopuntura nella gestione del dolore da artroprotesi di ginocchio : evidenze Materiali e metodi L’artroprotesi di ginocchio è la tecnica chirurgica più comunemente utilizzata per il trattamento della gonartrosi severa nei casi in cui le metodiche di terapia convservativa non abbiano sortito soddisfacente effetto sulla sintomatologia e sulla disabilità derivanti dalla ridotta funzionalità articolare. In tale contesto la gestione del dolore post-operatorio rimane un ostacolo importante al processo riabilitativo, che dovrebbe iniziare subito dopo l’intervento chirurgico. Evidenze scientifiche suggeriscono l’efficacia dell’agopuntura nella gestione del dolore post-operatorio dopo artroprotesi di ginocchio. L’agopuntura è una tecnica, in seno alla più ampia Medicina Tradizionale Cinese, che utilizza l’inserzione di aghi a livello di specifici punti sulla superficie corporea. Tra i vari campi d’impiego si annovera: -la gestione del dolore (Tedesco et al., 2017: revisione sistematica condotta su 39 studi clinici randomizzati (2391 pazienti in toto): è emerso che l’agopuntura ha ritardato il ricorso all’utilizzo di oppiodi – la veloce ripresa dell’articolarità e l’efficacia sulla riduzione dei segni di flogosi con conseguente precocità del recupero funzionale rispetto ai pazienti trattati con metodiche convenzionali nei gruppi di controllo (Yoshinori Mikashima e coll.,nel 2012: valutazione su 80 pazienti) OBIETTIVI: Si è voluto verificare l’andamento del dolore ed il tempo di ripresa della marcia autonoma in soggetti trattati con artroprotesi di ginocchio CRITERI DI INCLUSIONE: algia cronica inveterata da artroprotesi di ginocchio reticente alle comuni terapie farmacologiche CRITERI DI ESCLUSIONE: esiti funzionali invalidanti derivati dalla procedura chirurgica, turbe della coagulazione, pregressa patologia neoplastica L’indicazione clinica è stata posta in occasione di visita fisiatrica e sono stati così selezionati 2 pazienti adulti di sesso femminile Sono state effettuate sei sedute a distanza di una settimana l’una dall’altra ed una rivalutazione finale con visita di controllo fisiatrica. Per la terapia con agopuntura sono stati utilizzati aghi monouso HWATO 30x 25 con manico in rame senza tubo guida. Le singole sedute hanno richiesto un tempo di posa degli aghi compreso tra 15-30 minuti, come previsto comunemente dalla metodica Ad ogni seduta è stata sottoposta a ciascuna paziente la compilazione di una scala VAS per la valutazione del dolore ad inizio e fine trattamento L’analisi statistica è stata condotta considerando i valori di media, mediana, deviazione standard e percentili relativi al punteggio della scala VAS ad inizio e fine di ciascuna seduta, nonché della VAS ad inizio ciclo rispetto quella di fine ciclo, potendo così verificare l’andamento medio del dolore e la consistenza media degli scostamenti dall’intervallo di valori maggiormente rappresentati. Per garantire una maggiore omogeneità ed indipendenza delle osservazioni al fine di verificare l’efficacia dell’agopuntura indipendentemente dalla numerosità dei casi trattati si è effettuato un test T di Student su dati appaiati estrapolati dalle singole sedute. IPOTESI: – H0 = i risultati della VAS sono dovuti al caso (l’agopuntura non è efficace), – H1 = i risultati della VAS sono dovuti con effetto sistematico all’agopuntura (l’agopuntura è efficace) CUT OFF: P>0,05 (ipotesi H0 considerata accolta se P>0,05, non accolta con P<0,05) I valori della scala VAS e le relative medie, mediana, deviazione standard e valutazione in percentile riscontrato nei pazienti è stato riportato in apposite tabelle e procedendo all’analisi statistica delle ricorrenze relative alla scala VAS è stato possibile elaborare graficamente i dati relativi all’andamento del dolore nell’arco del trattamento. Risultati Nelle pazienti trattate il valore della VAS finale post trattamento è risultato significativamente diverso rispetto a quello iniziale, laddove in un caso è risultato pari a zero e nell’altro pari ad 1. Confrontando il valore pre e post trattamento ed i valori iniziali e finali ad ogni singola sessione, è risultato che in tutte le sessioni il valore finale è stato infeirore a quello iniziale, ovvero che hanno avuto tutte effetto significativo e la differenza pre e post trattamento è risultata omogenea con effetto progressivo al succedersi dei trattamenti. Infine, l’andamento tanto del VAS iniziale quanto di quello finale ha presentato intervalli di confidenza sovrapposti, indicando così l’assenza di differenze significative. L’andamento VAS pretrattamento è apparso ridursi significativamente dalla 3° seduta, ed è poi rimasto costantemente significativo. Entrambe le pazienti hanno ripreso la marcia autonoma a partire dalla terza seduta. Conclusioni Nella nostra esperienza clinica il trattamento del dolore con agopuntura è risultato EFFICACE in queste pazienti affette dal algia inveterata quale esito di intervento di artroprotesi totale di ginocchio. Il numero minimo di sedute utile ad ottenere la stabilizzazione del sintomo è parso essere di tre sedute. Entrambe le pazienti hanno presentato inoltre quale effetto corollario un miglioramento del tono trofismo cutaneo e muscolare soprattutto a carico del quadricipite, anche per la ripresa della marcia autonoma dalla terza seduta in poi. Sarebbe pertanto interessante valutare l’efficacia a lungo termine della metodica, scevra dai comuni effetti collaterali delle terapie farmacologiche e poco costosa, al fine di poterla utilmente inserire nel percorso di cura di questi pazienti in cui il sintomo del dolore è particolarmente invalidante e valutare l’eventuale efficacia sui risultati dell’intervento di un trattamento agopunturale propedeutico adiuvante in associazione o meno all’esercizio terapeutico nella fase preoperatoria. Riferimenti Bibliografici - Jung J-Y, Cho J-H, Chung S-hee. Acupuncture for postoperative pain following total knee arthroplasty: a systematic review protocol. BMJ Open 2015;5:e009573. doi:10.1136/bmjopen-2015- 009573 -Yoshinori Mikashima, Tadashi Takagi, Taisuke Tomatsu, Mariko Horikoshi, Katsunori Ikari, Shigeki Momohara. Efficacy of acupuncture during post-acute phase of rehabilitation after total knee arthroplasty J Tradit Chin Med 2012 December 15; 32(4): 545-548 ISSN 0255-2922 © 2012 JTCM. All rights reserved. -Dario Tedesco, MD, Davide Gori, MD, [...], and Tina Hernandez-Boussard, PhD, Drug-Free Interventions to Reduce Pain or Opioid Consumption After Total Knee Arthroplasty A Systematic Review and Meta-analysis JAMA Surg. 2018 January 31; 153(4): 396.
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Exergaming nel neglect visuospaziale: esperienza con il dispositivo esoscheletrico Armeo Spring
EXERGAMING NEL NEGLECT VISUOSPAZIALE: ESPERIENZA CON IL DISPOSITIVO ESOSCHELETRICO ARMEO SPRING Costa T1, Chioggia S2, Raggio L2, Grassi S3, Ceretto Castigliano S4, Focacci A4, Tognetti P5, Traverso E4 1 Neuropsicologo; 2 Fisioterapista; 3 Neuropsicologo tirocinante; 4 Fisiatra; 5 Direttore 1-5 Riabilitazione Intensiva – S.C. Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale di Sestri Levante ASL4 Liguria INTRODUZIONE. Diversi metodi di riabilitazione cognitiva del neglect (bottom-up e top-down) sono in grado di migliorare le prestazioni ai test, ma la generalizzazione del miglioramento alle attività di vita quotidiana è più difficile da ottenere1. La riabilitazione dell’arto superiore con dispositivi robotici o esoscheletri a compensazione di peso ha dimostrato di migliorare la funzione dell’arto paretico nei pazienti con ictus, ma poche esperienze ne hanno considerato l’applicazione nella riabilitazione del neglect,2,3 che figura tra i criteri di esclusione in molti studi. E’ però dimostrato che il movimento, sia attivo che passivo, dell’arto controlesionale nello spazio omologo ha un effetto positivo sul neglect.2 OBIETTIVO. Verificare la fattibilità di un trattamento di exergaming con esoscheletro di arto superiore nel neglect visuo-spaziale e osservarne gli effetti sulla performance ai test e nella vita quotidiana. MATERIALI E METODI. Uomo, 66 anni, esiti emorragia intraparenchimale parieto-temporale destra, già sottoposto a percorso riabilitativo fisioterapico e cognitivo. All’arruolamento, 12 mesi dopo l’evento: neglect unilaterale sinistro lieve-moderato con ricadute funzionali nelle ADL (Catherine Bergego Scale-CBS=7) assenza deficit motori dell’arto superiore (Motricity Index=100/100; Fugl Meyer Assessment=66/66) integrità vie visive (Potenziali Evocati Visivi n.n) assenza di anosognosia Trattamento: 20 sedute (durata 40′, frequenza bisettimanale) training con esoscheletro a compensazione di peso ARMEO Spring (Hocoma, Svizzera) attraverso movimenti globali dell’arto superiore rilevati dall’esoscheletro, il paziente agisce in un ambiente di lavoro su interfaccia video, impegnandosi in giochi che combinano l’attivazione dell’arto controlesionale con training di visual scanning e attenzione sostenuta. RISULTATI. (tabella) DISCUSSIONE. Nelle prove di cancellazione, che richiedono un’esplorazione visuo-motoria (componente allenata nel training robotico con Armeo), si rilevava un miglioramento dopo trattamento, in particolare al termine delle 20 sedute (T2), con una parziale perdita del risultato ottenuto al follow up a 1 mese (T3). I miglioramenti all’Apple Test nelle diverse valutazioni si associavano ad un progressivo incremento dei tempi di esplorazione: nonostante in automatico l’attenzione visiva fosse maggiormente sbilanciata verso l’emispazio destro in coordinate egocentriche, con il training la strategia di ricerca tendeva a modificarsi (esplorazione ripetuta dell’emispazio sinistro), con un costo in termini di tempo. Anche nella Cancellazione di campanelle, a T3 si riscontrava un rallentamento della prestazione per continuare l’esplorazione dell’emispazio sinistro. Dopo il training si rilevava un minore impatto funzionale del neglect sulla vita quotidiana, come evidenziato dal miglioramento dei punteggi alla CBS. Coi limiti dell’osservazione del caso singolo, possiamo ipotizzare che il training robotico con Armeo, che allena la componente esplorativa motoria, possa migliorare le prestazioni in tutte le prove nelle quali questa componente è predominante: compiti di cancellazione, Box&Blocks e CBS. Coerentemente il permanere dei deficit nella prova di bisezione e nella copia del disegno è ascrivibile al fatto che tali compiti richiedono prevalentemente e rispettivamente l’attivazione di una componente percettiva/visuo-spaziale ed allocentrica non allenate con il training robotico con Armeo. CONCLUSIONI. In base alle osservazioni, tuttora in corso, possiamo concludere che un programma di exergaming con esoscheletro che combini l’attivazione dell’arto del lato negletto con training di visual scanning ed attenzione sostenuta è fattibile e gradito in pazienti con neglect lieve-moderato non anosognosici, con prospettive promettenti in termini di efficacia a breve termine. 1. Bowen A, Hazelton C, Pollock A, Lincoln NB. Cognitive rehabilitation for spatial neglect following stroke. Cochrane Database of Systematic Reviews 2013, Issue 7. 2. Varalta V, Picelli A, Fonte C, Montemezzi G, La Marchina E, Smania N. Effects of contralesional robot-assisted hand training in patients with unilateral spatial neglect following stroke: a case series study. J Neuroeng Rehabil. 2014 Dec 5;11:160. 3. Kim YM, Chun MH, Yun GJ, Song YJ, Young HE. The effect of virtual reality training on unilateral spatial neglect in stroke patients. Ann Rehabil Med. 2011 Jun;35(3):309-15.
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Efficacia di un training robotico per la deambulazione combinato con un training robotico per l’equilibrio in pazienti stroke in fase sub-acuta: risultati preliminari
Efficacia di un training robotico per la deambulazione combinato con un training robotico per l’equilibrio in pazienti stroke in fase sub-acuta: risultati preliminari Chiara Iacovelli, PhD1, Letizia Castelli 1, PT, Cristiano Pecchioli , BSc1, Irene Aprile, MD, PhD1 1IRCCS Don Carlo Gnocchi Onlus Foundation, Milan – Italy Introduzione: Negli ultimi anni, l’introduzione di tecnologie robotiche nella riabilitazione del cammino dei pazienti con esiti di stroke ha destato grande interesse. Sono stati effettuati alcuni studi per valutare gli effetti del training con i robot rispetto alla riabilitazione del cammino convenzionale in pazienti con ictus subacuto [1]. La maggior parte dei risultati sono stati ottenuti utilizzando esoscheletri robotici o training su tapis roulant con sgravio parziale del peso corporeo e solo pochi studi hanno utilizzato un dispositivo end-effector. I nostri studi preliminari hanno dimostrato che la riabilitazione del cammino mediante sistema end-effector ha prodotto maggiori effetti sugli esiti motori e funzionali nei pazienti con ictus cronico e subacuto rispetto al trattamento convenzionale [2,3]. Considerando ciò, crediamo che un trattamento robotico combinato (cammino più l’equilibrio) potrebbe produrre maggiori effetti rispetto al solo training robotico del cammino. Lo scopo di questo studio è di valutare l’efficacia di una riabilitazione robotica combinata del cammino e dell’equilibrio (utilizzando un sistema robotico end-effector e una piattaforma robotica propriocettiva) confrontandola con una riabilitazione robotica solo del cammino. Materiali e metodi: Sono stati arruolati 24 pazienti con stroke subacuto, randomizzati in due gruppi: gruppo “cammino” (GG) e gruppo “cammino più equilibrio” (GHG). 15 pazienti hanno effettuato il training della deambulazione attraverso un sistema end-effector (G-EO System); 12 pazienti hanno effettuato lo stesso training con il sistema end-effector e con una pedana robotica propriocettiva (Hunova). Entrambi i gruppi hanno effettuato inoltre il trattamento convenzionale. La valutazione clinica comprendeva: Ambulation Index (AI), Motricity Index (MI), Walking Handicap Scale (WHS), Berg Balance Scale (BBS), Tinetti Balance Scale, Numerical Rating Scale (NRS), ID Pain, Functional Ambulation Classification (FAC), 10 Meter Walk Test (10MWT), Timed Up & Go Test (TCT), 6 Minute Walk Test (6MWT), Modified Ashworth Scale (MAS), Barthel Index (BI). L’ analisi del cammino è stata effettuata con il sistema optoelettronico SMART-D500 utilizzando il protocollo Davis, e sono stati calcolati tutti i parametri spazio temporali. La valutazione dell’equilibrio, sia statico che dinamico, è stata effettuata mediante pedana robotica Hunova in posizione in piedi e seduti calcolando tutti i parametri stabilometrici. Tutte le valutazioni sono state effettuate all’inizio (T0) ed al termine del trattamento (20 sedute) (T1). Risultati: L’analisi intragruppo ha mostrato miglioramenti statisticamente significativi nella maggior parte delle scale cliniche in entrambi i gruppi. In particolare, il gruppo GG ha avuto un miglioramento significativo nella MAS dell’anca (p=0.038), BBS (p=0.017), WHS (p=0.023), BI (p=0.018), NRS (p=0.041), AI (p=0.042). Nel gruppo GHG i miglioramenti significativi si sono registrati nella MAS totale (p=0.042), BBS (p=0.041), MI (p=0.028), TUG (p=0.043), TCT (p=0.016), FAC (p=0.034), AI p=0.024). Per quanto riguarda l’analisi tra i gruppi, il miglioramento è risultato maggiore nel GHG rispetto al GG solamente nel TUG (p=0.043). L’analisi all’interno del gruppo ha mostrato differenze statisticamente significative solamente nel gruppo GHG, in particolare nella valutazione da seduti ad occhi aperti (OA): in condizione statiche, nell’Area OA (p = 0.013) e nelle oscillazioni A-P del Centro di Pressione (COP) (p=0.006); in condizioni dinamiche, invece, nelle oscillazioni M-L del tronco (p = 0.028). Nella valutazione in stazione eretta non abbiamo trovato differenze statisticamente significative. Per quanto riguarda l’analisi tra i gruppi, il miglioramento è risultato maggiore nel GHG rispetto al GG per quanto riguarda il COP OA (p=0.010) e il rapporto tra gli assi dell’ellisse OA (p=0.029) in posizione da seduti ed in condizione di statica; in stazione eretta ed in condizione di statica, il miglioramento è risultato maggiore ad occhi chiusi (OC) nella velocità delle oscillazioni in A-P (p = 0.029) e nel COP path (p = 0.029) (Figura 1). Per quanto riguarda l’analisi del cammino, non abbiamo trovato differenze intra ed inter gruppo. Conclusioni: I risultati preliminari di questo studio mostrano un miglioramento maggiore nei pazienti sottoposti una riabilitazione robotica combinata (cammino ed equilibrio) rispetto ai pazienti sottoposti ad una riabilitazione del solo cammino sia nella valutazione clinica (TUG) che nell’equilibrio statico (in posizione da seduti e in piedi). Tuttavia, date le dimensioni limitate del sottogruppo che ha effettuato l’analisi del cammino, non abbiamo trovato risultati significativi. Reference: [1] Mehrholz J et al. Cochrane Database of Systematic Reviews 2017; 17; 8:CD002840. [2] Aprile I, et al. Neurorehabilitation 2017;41(4):775-782. [3] Aprile I, et al. Neurorehabilitation 2019 – Accepted.
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Training robotico del cammino in 2 step: il caso di un paziente con grave cerebrolesione acquisita e comorbilità multiple
TRAINING ROBOTICO DEL CAMMINO IN 2 STEP: IL CASO DI UN PAZIENTE CON GRAVE CEREBROLESIONE ACQUISITA E COMORBILITA’ MULTIPLE Germano M1, Nunziati G1, Chioggia S1, Flora GA1, Costa T2, Bianchi M3, Traverso E4, Focacci A4, Tognetti P5 1 Fisioterapista; 2 Neuropsicologo; 3 Psicologo; 4 Fisiatra; 5 Direttore 1-5 Riabilitazione Intensiva – S.C. Medicina Fisica e Riabilitativa – Ospedale Sestri Levante ASL4 Liguria INTRODUZIONE. I pazienti con GCA spesso presentano deficit nella funzione motoria, nell’equilibrio e nella coordinazione, che possono esitare in un cammino poco efficiente e ridotta tolleranza allo sforzo. In base ai princìpi di neuroplasticità, il recupero motorio richiede la ripetizione precoce, intensiva e progressiva di gesti compito-specifici, ma garantire la quantità sufficiente di allenamento può essere difficile attraverso la sola fisioterapia convenzionale, soprattutto in pazienti con deficit moderati-gravi, età avanzata, comorbilità e deficit cognitivi (fattori prognostici di scarso recupero dell’autonomia). Esistono diversi sistemi robotici in grado di fornire un allenamento intensivo e sicuro, con caratteristiche peculiari che li rendono indicati nelle diverse fasi del percorso riabilitativo, ma la letteratura sul training robotico nei GCA è limitata.1 OBIETTIVO. Osservare la fattibilità e presentare i risultati di un trattamento riabilitativo robotico in 2 step (pre-gait e gait) in un paziente complesso con GCA MATERIALI E METODI. Uomo di 72 anni, completa autonomia premorbosa ma comorbilità rilevanti: obeso (BMI 33,4 kg/m2), ex-fumatore, con ipertensione arteriosa, fibrillazione atriale (in terapia con apixaban), diabete mellito tipo 2 non compensato, pregressa chirurgia per aneurisma aortico, reflusso gastroesofageo e iperplasia prostatica benigna (CIRS Comorbidity Index=2, Severity Index=1.23) 28.09.18: caduta da 2 metri di altezza à GCA à ematoma subdurale destro, contusione del lobo temporale destro, emorragia subaracnoidea, frattura occipitale destra (Glasgow Coma Scale – GCS=4/15). à evacuazione chirurgica dopo 40 giorni INGRESSO IN RIABILITAZIONE INTENSIVA: GCS=13/15; confuso, agitato (LCF=4/10); in grado di compiere movimenti attivi con rallentamento, facile faticabilità e debolezza globale; non controllo del tronco; completamente dipendente nelle ADL; tracheostomia (con supporto di ossigeno), sondino naso-gastrico, catetere vescicale. PROGETTO RIABILITATIVO INDIVIDUALE: fisioterapia, terapia occupazionale, riabilitazione cognitiva, trattamento disfagia, supporto psicologico STEP 1: PRE-GAIT TRAINING à trattamento convenzionale integrato con training con un sistema robotico che combina graduale verticalizzazione, mobilizzazione degli arti inferiori e stimolazione senso-motoria intensiva attraverso il carico ciclico nella simulazione del passo (Erigo®, Hocoma, Switzerland). Dispositivo concepito per la mobilizzazione funzionale precoce: sicuro ed efficace nel miglioramento del compenso cardiovascolare dopo prolungato allettamento.2 Il trattamento, ben tollerato, innescò nel paziente un deciso miglioramento della partecipazione e dell’orientamento (LCF=7/10). dopo 70 giorni STEP 2: GAIT TRAINING à trattamento convenzionale integrato con training robotico per l’allenamento del cammino (G-EO System®, Reha Technology AG, Switzerland). Dispositivo end-effector à stimola il controllo attivo di ginocchio, anca e tronco: questa quota di esercizio attivo richiede uno sforzo cardio-metabolico, che può essere controllato grazie alla modulazione di velocità del cammino e quantità di scarico del peso corporeo, permettendo una combinazione di training del passo e allenamento aerobico. Il paziente, molto decondizionato, fu così in grado di camminare per tempi molto superiori a quelli che avrebbe tollerato senza supporto ed in totale sicurezza. dopo 4 mesi DIMISSIONE: disabilità residua moderata (Glasgow Outcome Scale Extended – GOSE 6/8); in grado di camminare senza ausilio con buona tolleranza allo sforzo (6-Minutes-Walk-Test 295 m); autonomia quasi completa (m. Barthel Index 95/100); marcato miglioramento cognitivo (LCF 8/10; MMSE 28.03/30), soprattutto nelle funzioni attentive, visuospaziali e nell’orientamento. PROSPETTIVA DEL PAZIENTE. […] Quel GEO… la prima volta che l’ho visto ho avuto paura… e il primo giorno ho resistito solo pochi minuti. Poi mi mi hanno spiegato a lungo, e allora ci sono risalito… La seconda volta sono rimasto 20 minuti ed è stato bellissimo! Puoi muovere le gambe senza sforzo, e quando sei di nuovo a terra ti muovi come nuotassi, mentre prima era così difficile… CONCLUSIONI. Diversi sistemi robotici possono integrare con successo la fisioterapia convenzionale, permettendo un allenamento intenso, sicuro e controllato nelle diverse fasi del recupero motorio dopo GCA: pre-gait, gait e, non ultimo, nel ricondizionamento allo sforzo, che è cruciale per il miglioramento della qualità di vita e dell’autonomia, ma difficile da ottenere nei pazienti anziani, decondizionati e cardiopatici.3 1. Esquenazi A, Lee S, Wikoff A, Packel A, Toczylowski T, Feeley J. A Comparison of Locomotor Therapy Interventions: Partial-Body Weight-Supported Treadmill, Lokomat, and G-EO Training in People With Traumatic Brain Injury. PM R. 2017 Sep;9(9):839-846. 2. Rocca A, Pignat JM, Berney L, Jöhr J, Van de Ville D, Daniel RT, Levivier M, Hirt L, Luft AR, Grouzmann E, Diserens K. Sympathetic activity and early mobilization in patients in intensive and intermediate care with severe brain injuries: a preliminary prospective randomized study. BMC Neurol. 2016 Sep 13;16:169. 3. Lefeber N, Swinnen E, Kerckhofs E. The immediate effects of robot-assistance on energy consumption and cardiorespiratory load during walking compared to walking without robot-assistance:a systematic review.Disabil Rehabil Assist Technol.2017 Oct;12(7):657-671.
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Vibrazioni globali e esercizio aerobico su tapis roulant nella riabilitazione della malattia di Parkinson: effetti sui costi energetici e fasi di recupero
Vibrazioni globali e esercizio aerobico su tapis roulant nella riabilitazione della malattia di Parkinson: effetti sui costi energetici e fasi di recupero M. Bacci1; S. Corbianco2; G. Cavallini2; G. Baldereschi2; F.L. Fiamingo2; P. Bongioanni3,4; M. Dini2; M.C. Carboncini3,5 1. Scuola di Specializzazione Medicina Fisica e Riabilitativa, Università di Pisa 2. Centro Interdipartimentale di Ricerca di Biologia e Patologia dell’Invecchiamento 3. S.D. Gravi Cerebrolesioni Acquisite, Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana 4. NeuroCare onlus, Pisa 5. Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia INTRODUZIONE L’esercizio fisico è raccomandato ai pazienti affetti da morbo di Parkinson (PD), ma è scarsa la letteratura sul tipo di training motorio più utile1,2,3. Lo scopo del presente studio è stato quello di indagare gli effetti di due diversi protocolli di allenamento, esercizio aerobico su tapis roulant (aerobic treadmill training, AER) e vibrazioni globali (whole body vibration training, WBVT) su pedana, sui costi energetici e sugli adattamenti metabolici durante e dopo (recupero) l’esercizio, mediante la misurazione dei consumi di ossigeno e di alcuni substrati metabolici. SOGGETTI, MATERIALI E METODI Sono stati arruolati 20 pazienti di sesso maschile e di età compresa tra 51 e 66 aa, con malattia di Parkinson idiopatica, al secondo stadio nella Scala di Hoehn e Yahr. I pazienti sono stati assegnati in modo randomizzato ai due protocolli di allenamento. Entrambi i gruppi hanno effettuato sedute di 20 min, 4 volte/sett. per 4 settimane. L’intensità dell’esercizio è stata monitorata con una scala dello sforzo percepito. Il carico di lavoro è stato aumentato gradualmente fino a quando i pazienti hanno percepito un livello di sforzo compreso tra 13 e 15 su 20 sulla scala di Borg. Venivano quindi misurati il consumo di ossigeno, gli acidi grassi liberi (Free Fatty Acids, FFA) ed i livelli di aminoacidi (AA). Gli AA dosati, in particolare, erano quelli a catena ramificata (Branched Chain- AA, BCAA: leucina, isoleucina e valina) e AA aromatici (fenilalanina, triptofano, metionina e tirosina). RISULTATI Il consumo di ossigeno durante gli esercizi non mostra differenze significative tra i due gruppi di allenamento. Al contrario, solo nel gruppo AER, il consumo di ossigeno post-esercizio in eccesso è aumentato significativamente (p < 0,01), così come la disponibilità di FFA (p < 0,01). CONCLUSIONI Il training AER comporta periodi di recupero maggiori e determina una maggiore sensazione di fatica rispetto al training WBVT. Questo dato è da tenere in considerazione nella calendarizzazione delle sedute di trattamento. Bibliografia 1. Shen X, Wong-Yu IS, Mak MK (2016). Effects of exercise on falls, balance, and gait ability in Parkinson’s disease. Neurol Sci 24 Suppl 3:S165-S213. 2. Fisher BE, Wu AD, Salem GJ, Song J, Lin CH, Yip J, Cen S, Gordon J, Jakowec M, Petzinger G (2008). The effect of exercise training in improving motor performance and corticomotor excitability in people with early Parkinson’s disease. Arch Phys Med Rehab 89:1221-1229. 3. Ebersbach G, Edler D, Kaufhold O, Wissel J (2008). Whole body vibration versus conventional physiotherapy to improve balance and gait in Parkinson’s disease. Arch Phys Med Rehabil 89:399-403.
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Presa in carico riabilitativa all’interno della Breast unit dell’Ospedale “F. Lotti” di Pontedera. il percorso di continuità assistenziale ospedale-territorio
PRESA IN CARICO RIABILITATIVA ALL’INTERNO DELLA BREAST UNIT DELL’ OSPEDALE “F.LOTTI” DI PONTEDERA. IL PERCORSO DI CONTINUITA’ ASSISTENZIALE OSPEDALE-TERRITORIO. Lansisera Rosaria, Geri Elisabetta, Tani Fabiola, Tonola Stefania, Laddaga Cristina I dati forniti dal rapporto sui tumori, “I numeri del cancro in Italia 2018”, a cura dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), dell’Associazione Italiana registri tumori (AIRTUM), della Fondazione AIOM e del tavolo nazionale PASSI (Progressi delle Aziende sanitarie per la salute in Italia) dell’Istituto Superiore di Sanità, confermano che il tumore della mammella rappresenta in Italia la forma neoplastica più frequente tra le donne occupando in Toscana il secondo posto tra i tumori più frequenti, dopo quello del colon-retto. Il rischio di sviluppare un tumore alla mammella aumenta con l’aumentare dell’età, con una probabilità del 2,4% fino a 49 anni, del 5,5% tra 50 e 69 anni e del 4.7% tra 70 e 84 anni. La Regione Toscana ha intrapreso da anni un percorso volto alla presa in carico dei casi di tumore della mammella da parte di strutture in grado di erogare assistenza secondo gli standard di qualità richiesti dalla Comunità Europea e dal Ministero della Salute, e definiti dalle Comunità scientifiche di settore. In particolare, nel 2014, sono state emanate le prime linee di indirizzo per le Aziende Sanitarie per la costituzione di Breast Unit. Tale orientamento nasce dalla constatazione che i sistemi sanitari sono sempre più chiamati ad assicurare un continuum of care che rappresenta uno degli obiettivi da raggiungere per garantire percorsi di cura ad elevata qualità e sicurezza. L’evidenza scientifica chiarisce in modo univoco che le neoplasie della mammella trattate in ambito specialistico e multidisciplinare registrano un consistente aumento della sopravvivenza e miglioramento della qualità della vita. Pertanto, la riorganizzazione della Rete senologica regionale consente che l’attività in ambito senologico venga svolta all’interno di un unico percorso che privilegia la multidisciplinarietà e garantisce la continuità di cure attraverso i vari “nodi” della rete oncologica e dei suoi dipartimenti, con una presa in carico coordinata tra le diverse strutture. La nostra Breast Unit, di recente istituzione, fa capo all’Ospedale “F.Lotti” di Pontedera e alla sezione di Chirurgia Generale con indirizzo di chirurgia oncologica e ricostruttiva della mammella ed ai vari nodi collegati funzionalmente alla Breast Unit, rappresentati dal nodo di senologia per lo screening, per la radioterapia, per la chemioterapie e per la riabilitazione. Il nodo di senologia per la riabilitazione fa capo al Dipartimento di Riabilitazione dell’Asl Toscana Nord-Ovest, in particolare alla UOC RRF dell’ambito territoriale pisano, con le sue sedi di Pontedera (Fornacette), Pisa e Volterra. Il nostro intervento prevede la precoce presa in carico riabilitativa della donna operata al seno, già a partire dalla I giornata post-chirugica, mediante l’accesso del fisioterapista “esperto” in reparto, che, in base alla tipologia di intervento e alle sue comorbilità, ha modo di interagire con la paziente, di fornirle indicazioni sul comportamento da tenere nella prima settimana dopo la dimissione e di consegnarle un vademecum sulle norme di prevenzione primaria. La paziente viene poi rivalutata in occasione della prima medicazione, ponendo particolare attenzione sulla cicatrice chirurgica, sul cambiamento morfologico della mammella e sulle alterazioni circolatorie, articolari e funzionali del cingolo scapolo-omerale. L’attenzione viene quindi trasferita dal problema locale alla visione globale che deve rendere compatibili gli esiti con il recupero dello schema corporeo. Il percorso prosegue poi con un successivo accesso della paziente all’ambulatorio di fisiatria del Dipartimento di Riabilitazione che avviene dopo circa 3 settimane: qui un’equipe dedicata, formata dal fisiatra e dal fisioterapista esperti procederanno con l’inquadramento clinico-funzionale e la rilevazione del bisogno, pianificando il tipo di intervento riabilitativo necessario o l’invio all’AFA specifica per le donne operate al seno. Dalla nostra esperienza emerge che la precoce presa in carico della donna operata al seno attraverso un percorso di continuità terapeutico-assistenziale, da una parte favorisce la maggiore aderenza della paziente al percorso riabilitativo grazie alla tempestività e specificità degli interventi, dall’altra consente un percorso di cura ad elevata qualità e sicurezza, come evidenziato dalla riduzione dell’incidenza delle complicanze e dall’utilizzo appropriato delle risorse.
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Efficacia e sicurezza della tossina botulinica a basse dosi nel trattamento della spasticità focale in paziente con Sclerosi Laterale Primaria (SLP): case report
Efficacia e sicurezza della tossina botulinica a basse dosi nel trattamento della spasticità focale in paziente con Sclerosi Laterale Primaria (SLP): case report Passaro Ilaria, Tropea P., Pintabona G., Grassi A., Corbo M., Pisani L. Dipartimento di Scienze Neuroriabilitative Casa di Cura del Policlinico (CCP), Milano INTRODUZIONE Nei pazienti con schema paretico del passo la spasticità del retto femorale (RF) è una delle cause più frequenti di ridotta flessione di ginocchio in fase dinamica e di alterata stabilità. La tossina botulinica spesso viene usata per alleviare tale problematica. Tuttavia il suo utilizzo nei pazienti con disturbi neuromuscolari ad andamento progressivo rimane ad oggi controverso per i possibili e più frequenti rischi in cui si può incorrere. Il nostro scopo è presentare il caso di una singola malata affetta da SLP (Sclerosi Laterale Primaria) che ha beneficiato di tale intervento dimostrando l’efficacia e la sicurezza di questa pratica nonché la rapidità di azione anche a bassi dosaggi. MATERIALI E METODI Soggetto: Paziente di 54 anni (F) con diagnosi di SLP posta nel 2015. L’esordio clinico dei sintomi (fascicolazioni dei muscoli degli arti superiori e successivo deficit stenico all’arto superiore destro) risale agli inizi del 2014. A maggio 2019 la paziente viene ricoverata per valutazione multidisciplinare; l’esame obiettivo mostra schema paraparetico spastico a base allargata e clono rotuleo bilaterale maggiore a destra che ne altera la stabilità. Procedura: inoculo ecoguidato di 30 U m. di Incobotulinumtoxin a livello del retto femorale (RF) destro. Valutazione: Prima e dopo 72 ore dalla somministrazione di BOnTA. Analisi dinamica del cammino: presso laboratorio del movimento di CCP (sistema optoelettronico con 6 camere (VICON) (sampling rate: 100 Hz) – Plug-In-Gait lower body) Test clinici: Timed Up and Go test (TUG), Ashworth Modified Scale (AMS), Mini Balance Evaluation Systems Test (MiniBEST), Functional Independence Measure (FIM). RISULTATI La procedura è stata ben tollerata senza manifestazioni avverse. La paziente ha riferito beneficio soggettivo già nelle 24 ore successive all’inoculo. L’analisi del cammino ha confermato la presenza di modifiche dei parametri spaziotemporali tra il “pre” e il “post” trattamento. La cadenza (passi al minuto) calcolata per le prove effettuate senza scarpe è aumentata di circa il 15% (64,45 vs. 74,45, valori medi, pre vs. post), mentre la velocità del cammino (m/s) di circa l’8% (0,18 vs. 0,20). Considerevoli aumenti si sono riscontrati nelle prove effettuate calzando le scarpe. A fronte di un lieve ma considerevole incremento (circa 9%) della cadenza si riscontra un aumento della velocità del cammino di oltre il 50%. La lunghezza del passo (metri) e del semipasso (metri) mostrano entrambi incrementi di circa il 30%. Non risultano variazioni degne di nota, tra i due istanti di valutazione, in riferimento alle escursioni angolari. Le scale di misurazione hanno confermato il beneficio avvertito dalla paziente in termini di: maggior fluidità e rapidità dei movimenti (TUG) attenuazione dell’ipertono (AMS) maggior equilibrio statico dinamico (Mini BEST), aumento delle autonomie (FIM). Non variazioni di punteggio alla scala di misurazione della forza sul quadricipite femorale (stenia 4 alla Medical Research Council scale). CONCLUSIONI La paziente ha mostrato una immediata risposta positiva al trattamento. La scelta di infiltrare un solo distretto (RF destro) con dosaggi ridotti di tossina botulinica è stata fatta per attenuare il fattore interferente (clono rotuleo) senza alterare la forza in un quadro muscolare già compromesso e con un ottica marcatamente funzionale. In soggetti affetti da patologie neuromuscolari evolutive la tossina si è dimostrata efficace e sicura nel migliorare le performance motorie anche a bassi dosaggi. Importante far precedere la seduta da un’attenta analisi clinica unitamente allo studio della dinamica del passo. Questo caso ci ha permesso di quantificare oggettivamente i benefici avvertiti dalla paziente dopo sole poche ore dall’inoculo. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI Pirazzini, M., et al. (2017) Botulinum neurotoxins: biology, pharmacology, and toxicology. Pharmacological reviews, 69(2), 200-235. Lampire, N., et al. (2013) Effect of botulinum toxin injection on length and lengthening velocity of rectus femoris during gait in hemiparetic patients. Clinical Biomechanics, 28(2). Li, J., et al. (2017) Therapeutic efficacy and safety of various botulinum toxin A doses and concentrations in spastic foot after stroke: a randomized controlled trial. Neural regeneration research, 12(9),
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Aggiornamento sull’epidemiologia delle Spinal Cord Injury
Aggiornamento sull’epidemiologia delle Spinal Cord Injury Introduzione: Studi effettuati1,2,3 negli anni recenti mostrano che le caratteristiche epidemiologiche dei pazienti afferenti alle Unità Spinali stanno rapidamente cambiando. I cambiamenti più significativi riguardano soprattutto l’età, il livello neurologico e il grado di lesione all’ingresso. Nell’ottica dell’ottimizzazione delle risorse e della necessità di maggiore personalizzazione possibile del Progetto Riabilitativo Individuale risulta essenziale monitorare costantemente l’entità di tali variazioni allo scopo di offrire modelli di cura più adeguati. Materiali e Metodi: Un precedente studio effettuato dal nostro centro aveva analizzato le caratteristiche epidemiologiche relative a 663 pazienti, ricoverati tra Gennaio 2003 e Dicembre 2012 presso la nostra Unità Spinale, in seguito ad una lesione midollare di nuova insorgenza. I pazienti erano stati suddivisi in 3 gruppi in base al livello neurologico secondo la classificazione ASIA all’ingresso in reparto: cervicali, toracici e lombosacrali. Era stato registrato per ciascun paziente il sesso, l’età al momento della lesione e il grado AIS di lesione (A, B, C, D). Allo scopo di monitorare eventuali variazioni nelle caratteristiche epidemiologiche dei pazienti che subiscono attualmente una lesione midollare, abbiamo deciso di confrontare questi dati con quelli dei pazienti ricoverati presso la stessa Unità Spinale nel 2018. Sono state pertanto registrate e comparate le stesse caratteristiche. Risultati: Sono stati presi in considerazione solo i pazienti che hanno subito una lesione midollare e sono stati ammessi presso il nostro reparto nell’anno 2018. In totale i pazienti analizzati sono stati 56, di cui: 28 cervicali, 14 dorsali e 14 lombosacrali con un rapporto Tetraplegici/Paraplegici di 1/1. Rispetto al grado di lesione sono risultati: AIS A il 21,5% (12 pz), AIS B il 14,3% (8 pz), AIS C il 17,8% (10 pz), AIS D il 46,4% (26 pz). Il rapporto maschi/femmine è stato di 2,3/1 e l’età media è risultata di 54,5 anni. Rispetto ai dati precedentemente raccolti nella decade 2003-2012 nell’anno 2018 si è verificata una leggera maggiore incidenza della lesione midollare nel sesso femminile (M/F ratio: 2,3/1 vs 3/1) e si è verificata una riduzione dell’età media al momento della lesione (54,5 anni vs 65 anni). Riguardo al livello di lesione sono aumentati i casi di tetraplegia (50% vs 37,5%) e sono contemporaneamente aumentate le lesioni incomplete totali (64% vs 56%). Tra i tetraplegici la maggior parte delle lesioni sono risultate incomplete (75%). Conclusioni: I nostri dati, seppur limitati poiché relativi ad un solo anno, mostrano una tendenza verso l’aumento delle lesioni incomplete e l’esordio ad una età più giovane. Entrambe queste caratteristiche rappresentano fattori prognostici positivi rispetto alle possibilità di recupero funzionale. Questi dati preliminari, se confermati in studi più ampi, ci permetteranno di programmare sempre meglio l’offerta riabilitativa in termini di risorse da utilizzare e percorsi da attuare. 1 1 Traumatic spinal cord injury in Victoria, 2007-2016.Beck B, Cameron PA, Braaf S, Nunn A, Fitzgerald MC, Judson RT, Teague WJ, Lennox A, Middleton JW, Harrison JE, Gabbe BJ.Med J Aust. 2019 May;210(8):360-366. 2 Incidence of adult traumatic spinal cord injury in Saint Petersburg, Russia. Mirzaeva L, Gilhus NE, Lobzin S, Rekand T.Spinal Cord. 2019 Mar 6. 3 Epidemiology of traumatic spinal cord injury in Norway in 2012-2016: a registry-based cross-sectional study. Halvorsen A, Pettersen AL, Nilsen SM, Halle KK, Schaanning EE, Rekand T. Spinal Cord. 2019 Apr;57(4):331-338.
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P.D.T.A. MULTIDISCIPLINARE INTERVENTISTICA
Patologie osteoarticolari e tendinee: proposta di P.D.T.A. ambulatorio interventistica Dott. E. Milano – Direttore di Struttura complessa R.R.F. San Camillo Torino Dott.ssa G. Gays – San Camillo Torino Le infiltrazioni intra-articolari rappresentano una strategia terapeutica molto diffusa nel management dell’osteoartrosi e nelle patologie tendinee, utilizzata in quei pazienti non responder alle altre terapie conservative. Il progressivo aumento delle prescrizioni di terapia infiltrativa rende doverosa la realizzazione di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (P.D.T.A.) dedicato, che possa rispondere adeguatamente alle esigenze dei pazienti in termini di miglioramento dell’assistenza e di maggiore attenzione alla qualità della vita, come dimostrano le Linee Guida in Medicina Fisica e Riabilitativa. IL PDTA T1. Il Medico effettuerà durante la visita: • La prescrizione del numero di infiltrazioni • Identificazione del tipo di procedura infiltrativa ecoguidata e scelta farmacologica • Prescrizione del tipo e del numero di sedute di terapia riabiliatativa Il paziente che giunge all’ambulatorio per la terapia infiltrativa sarà valutato il giorno stesso dal fisioterapista che successivamente lo prenderà in carico. T2 Durante le diverse sedute infiltrative, il Medico Fisiatra, a seconda dell’evoluzione del dolore del paziente e della valutazione ecografica, provvederà a decidere il momento adeguato per la presa in carico fisioterapica del paziente. T3 La valutazione completa del paziente verrà ripetuta al termine del ciclo riabilitativo (10 sedute di rieducazione di chinesi) e dopo i tre mesi dal termine del ciclo infiltrativo LA RICERCA Nella prima seduta fisioterapica pre-infiltrativa e nella prima seduta post-infiltrativa verrà condotta una valutazione del paziente, in cui si valuteranno mobilità articolare, estensibilità e forza muscolare dei distretti di interesse, si somministrerà la scala di valutazione WOMAC1, t: 30-second Chair Stand Test, Stair Climb Test, 40m (4x10m) Fast Paced Walk Test2, Il dolore e la ridotta funzionalità degli arti inferiori rappresentano dei fattori di rischio per le cadute, per questo verrà eseguito uno screening per il rischio di caduta del paziente tramite la FROP-com screen3. Questo permetterà di quantificarlo, in caso si dimostrasse elevato, dà indicazione ad approfondimento valutativo con la scala Berg4; in ogni caso, quando il rischio di caduta non è assimilabile a zero, la sua diminuzione è da considerarsi un obiettivo cardine nel trattamento. CONCLUSIONI La valutazione congiunta permetterà di delineare gli obiettivi di trattamento (gestione del dolore, miglioramento della deambulazione e prevenzione delle cadute) e le riunioni periodiche aiuteranno a valutarne il raggiungimento. Al termine dello studio sarà valutata la funzionalità del nostro primo P.D.T.A. che unisce la terapia infiltrativa alla terapia riabilitativa mediante scale di valutazione e risultati oggettivabili e si valuterà, qualora fosse necessario, una revisione dello stesso Rehabilitation 2030: a call for action “meeting report. WHO, 2017. Accessibile at www.who.int/disabilites/care/Rehab2030MeetingRepor2.pdf Chatterji S,Byles J, Culter D, Seeman T, Verdes E.Health, functioning, and disability in older adults-present status and future trends. The Lancet 2015;385(9967):563 Stucki G, Bickenbach J, Gutenbrunner C, Melvin J. Rehabilitation: the hralth strategy of the 21 st century. J Rehab Med 2017;49 Valter Santilli, Linee Guida ed evidenze scientifiche sulla terapia infiltrative intra-articolare in medicina riabilitativa, Linee Guida ed evidenze scientifiche in medicina Fisica e Riabilitativa, cap 13
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MINDFULNESS nel dipartimneto di riablitazione di alessandria: un’esperienza dell’approccio mindfulness in un contesto di gruppo presso l’unità spinale
MINDFULNESS nel dipartimneto di riablitazione di alessandria: un’esperienza dell’approccio mindfulness in un contesto di gruppo presso l’unità spinale Valorio P°., Martinelli C°., Sterpone R.°., Lorusso R.*, Polverell Desilvestri M.*, Perrero L.* °SSD Psicologia, A.O.N. SS Antonio e Biagio Alessandria *S.C. Neuroriabilitazione – Unità Spinale, A.O.N. SS Antonio e Biagio, Alessandria Presidio T. Borsalino INTRODUZIONE La lesione midollare è una condizione che consegue a traumi spinali che comportano alterazioni di moto, sensibilità, funzioni vegetative e delle possibilità relazionali in rapporto al livello di sofferenza midollare. Essa, dunque, può influire su molti aspetti della vita della persona: motori, psicologici e socioeconomici. Comuni nei pazienti con mielolesione possono essere vissuti di depressione, ansia e PTSD, sia in fase acuta che a distanza di anni. (1) Alla luce di ciò, si ipotizza che l’applicazione di un intervento di gruppo con approccio mindfulness possa essere per i pazienti un’occasione di consapevolezza e condivisione circa i significati e gli scopi connessi all’adattamento alla condizione e alla progettualità di vita. Nella sua essenza, la mindfulness consiste nel prestare attenzione al qui ed ora, in modo consapevole, intenzionale e non giudicante. Il nostro proposito è stato quello di impostare un progetto clinico basato sull’approccio mindfulness, sperimentandolo in un contesto di gruppo. MATERIALE E METODI Il gruppo era composto da sette persone, di cui due donne e cinque uomini, di età compresa tra i 36 e i 58 anni, che soddisfacevano i seguenti criteri di inclusione: diagnosi di mielolesione, fase subacuta, presenza dolore neuropatico, accesso al day hospital riabilitativo. I criteri di esclusione, invece, sono stati: la presenza di deterioramento cognitivo, l’uso di sostanze e la presenza di patologia psichiatrica acuta. Il programma consisteva in sessioni di gruppo di 1h30min, una volta a settimana, per un totale di 10 incontri. In generale si è trattato di un percorso che gradualmente – attraverso un’esperienza diretta di osservazione focalizzata sul momento presente e di accoglienza e sospensione del giudizio – permettesse di coltivare uno stato mentale caratterizzato da presenza vigile, consapevole e libera dall’impulsività degli automatismi. Tali percorso può facilitare la trasformazione del circolo della reattività dello stress, di tipo automatico e stereotipato, in modalità di risposte più consapevoli e creative. Le principali tematiche affrontate sono state: limiti e risorse dello stress; i sette pilastri della mindfulness (non giudizio, pazienza, mente del principiante, fiducia, non cercare risultati, accettazione e lasciare andare.); pratiche di meditazione focalizzata e aperta; il valore delle emozioni e della compassione; la gestione del dolore; la scoperta della resilienza; l’importanza della gratitudine. (2) Al fine di monitorare i livelli di consapevolezza all’inizio e alla fine del percorso i partecipanti hanno compilato tre scale: Termometro dello stress, Scala sui livelli di consapevolezza/ mindfulness e la scala VAS per il dolore RISULTATI Il confronto fra test e re-test e la giornata conclusiva del percorso dedicata alla riflessione dei partecipanti sul ciclo di incontri svolti, permette di concludere che i principali obiettivi del gruppo siano stati raggiunti. I pazienti ritengono l’esperienza svolta una risorsa utile nel promuovere un maggior benessere, sia fisico – in termini di gestione del dolore – che psicologico, rispetto alla gestione dello stress e delle emozioni. In particolare si osserva un lieve aumento nei livelli di consapevolezza agli stati interni, e all’osservazione dei momenti piacevoli che costellano la propria quotidianità. L’essere in gruppo è stato anch’esso risorsa e strumento potente: il confronto e la condivisione hanno permesso ai partecipanti di ampliare i propri significati e di includere nella propria storia di vita nuovi elementi rispetto all’osservazione/descrizione e non giudizio, e all’equanimità. CONCLUSIONI La mielolesione irrompe nella vita delle persone e di chi sta loro accanto. Si è costretti a ricostruire nuovi ruoli più adatti alla propria condizione. In questo processo, l’utilizzo di un approccio mindfulness può fare la differenza: allenarsi a vivere nel qui ed ora, a focalizzarsi sul momento presente, senza giudicarlo e senza giudicare se stessi offre un’alternativa ad una modalità di narrazione della propria storia come immutabile e statica (3). Grazie all’esperienza di gruppo, i partecipanti hanno sperimentato la differenza tra sentire ed ascoltare, tra giudicare e accogliere. Hanno fatto esperienza di come il modo con cui prestiamo attenzione e ci raccontiamo quello che ci accade influenza tutta la nostra persona, corpo e mente: possiamo scegliere come costruire la nostra storia, utilizzando significati che siano più utili a noi e al nostro benessere, consapevoli dell’impermanenza e della transitorietà degli eventi.  BIBLIOGRAFIA 1. Saberi, H. & Ghajarzadeh, M. (2017) Emotional Intelligence in Patients with Spinal Cord Injury (SCI). Iran J Public Health, Vol. 46, No.5, May 2017, pp.677-681 2. Chun, S. & Lee, Y. (2013) “I am just thankful”: the experience of gratitude following traumatic spinal cord injury. Disability & Rehabilitation, 2013; 35(1): 11–19 3. McWilliams Spencer A. (2012) Mindfulness and Extending Constructivist Psychotherapy Integration, Journal of Constructivist Psychology, 25:3, 230-250, DOI
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Ventilazione e tracheostomia del paziente complesso nel reparto di Neuroriabilitazione di Alessandria. Analisi di un approccio riabilitativo in un contesto di alta prevalenza
Ventilazione e tracheostomia del paziente complesso nel reparto di Neuroriabilitazione di Alessandria. Analisi di un approccio riabilitativo in un contesto di alta prevalenza. Autori: Desilvestri M. , Meloni M., Ogliaro V., Gatti S., Perrero L. *S.C. Neuroriabilitazione -A.O. SS Antonio e Biagio, Alessandria Presidio T. Borsalino Introduzione Il Reparto di Neuroriabilitazione dell’Ospedale di Alessandria si caratterizza per la gestione combinata di pazienti con diagnosi di mielolesione e grave cerebrolesione acquisita. Storicamente l’organizzazione di Reparto prevede una bassa e un’alta intensità clinico-riabilitativa-assistenziale. L’area di alta intensità comprende pazienti ad alta complessità, con elevata prevalenza di pazienti tracheostomizzati e sottoposti a ventilazione meccanica. I pazienti accedono, in condizioni di stabilità clinica, da terapia intensiva e neurochirurgia. In questo reparto la formazione del personale medico, fisioterapico e infermieristico è orientata alla specializzazione sulle problematiche respiratorie. Inoltre il personale medico riabilitativo ha acquisito esperienza e specializzazione nell’ambito internistico. L’approccio al paziente ventilato e trachestomizzato è volto al recupero funzionale con obiettivo di svezzamento dalla ventilazione e alla rimozione della cannula tracheostomica. La lesione midollare determina l’alterazione della funzione respiratoria con deficit della muscolatura respiratoria che porta ad ipoventilazione, debolezza del riflesso della tosse, alterazioni infiammatorie del polmone che riducono le riserve respiratorie del paziente. La problematica non è legata unicamente alla debolezza muscolare, ma anche da variazione volumi polmonari, alterazioni dei movimenti cassa toracica e aumento del carico elastico e resistivo. Il 67% circa dei pazienti mielolesi presenta complicanze respiratorie, che si verificano più frequentemente in pazienti con livello neurologico di lesione più alto. La compromissione della funzione respiratoria rende necessaria la tracheostomia soprattutto in pazienti con lesioni cervicali. Le lesioni cervicali sopra C3 causano la compromissione della funzione diaframmatica, per cui il paziente deve essere sottoposto a ventilazione meccanica e difficilmente sarà possibile lo svezzamento. Nelle lesioni più basse, invece, lo svezzamento dalla ventilazione e dalla cannula tracheostomica sono obiettivi riabilitativi da perseguire. Nei pazienti con grave cerebrolesione acquisita la tracheostomia trova indicazione nella fase acuta, in quanto favorisce la ventilazione meccanica, riduce lo spazio morto e le resistenze respiratorie, diminuisce la necessità di sedazione, riduce i tempi di intubazione, controlla il rischio di inalazione, favorisce la gestione delle secrezioni bronchiali, assicura la pervietà delle vie aeree. La presenza di cannula tracheale, tuttavia, presenta anche un impedimento per il paziente, rende difficoltosa la comunicazione verbale e aumenta la probabilità d’infezioni. La gestione e il processo di svezzamento dalla cannula tracheostomica rappresentano quindi degli obiettivi prioritari del progetto riabilitativo. Un recente studio scientifico ha dimostrato come il precoce trasferimento di pazienti tetraplegici in centri riabilitativi con competenza specifica in ambito respiratorio, determini periodi più ridotti di mantenimento di cannula tracheostomia e di supporto ventilatorio. Le ricerche in tale ambito supportano quindi l’importanza di una riabilitazione precoce, altamente specializzata e con specifica competenza nella gestione di pazienti ventilati e tracheostomizzati. Le statistiche a livello nazionale rivelano una percentuale del 42,7% di pazienti con diagnosi di GCA portatori di cannula tracheostomica all’accesso in riabilitazione e una percentuale alla dimissione del 9,2%. Materiali e Metodi Obiettivo del nostro studio è stato quantificare l’accesso di pazienti ventilati e con cannula tracheostomica nel Reparto di Neuroriabilitazione del Presidio Borsalino dell’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Cesare Arrigo di Alessandria, determinarne la percentuale sul totale degli accessi. Effettuare poi un confronto con i dati presenti in letteratura. Ulteriore obiettivo è stato valutare per quanti pazienti sia stato possibile lo svezzamento dalla ventilazione e dalla cannula tracheostomica. Il periodo preso in esame va da Gennaio 2018 ad Aprile 2019. Risultati Nel periodo Gennaio 2018-Aprile 2019 gli accessi in Neuroriabilitazione di pazienti portatori di cannula tracheostomica sono stati 44 su un totale di 113, rappresentando il 39% dei ricoveri. I pazienti con diagnosi di mielolesione portatori di cannula tracheostomica all’ingresso sono stati 7 su un totale di 58 pazienti. Quelli con diagnosi di grave cerebrolesione acquisita sono stati 37 su un totale di 57, con una percentuale del 65%. Tale percentuale risulta più elevata se confrontata con la media nazionale del 43%. I pazienti ventilati sono stati in totale 8, di cui 4 con diagnosi di mielolesione e 4 con diagnosi di grave cerebrolesione acquisita. I pazienti in cui non è stato possibile lo svezzamento dalla cannula tracheostomica sono stati 8 su un totale di 113, con una percentuale del 7,1%, inferiore a quella a livello nazionale del 9,2%. I pazienti svezzati dalla ventilazione meccanica sono stati 1 su 4. Conclusioni I dati ottenuti indicano un ampio accesso nel Reparto di Neuroriabilitazione di Alessandria di pazienti con problematiche respiratorie, portatori di cannula tracheostomica e ventilati, che consente agli stessi di intraprendere precocemente il percorso riabilitativo. L’alta percentuale di pazienti che alla dimissione risultano svezzati dalla cannula tracheostomica è un parametro positivo per valutare l’efficacia dell’intervento di riabilitazione respiratoria intrapreso durante il ricovero in Neuroriabilitazione. Bibliografia • Lee DS, Park CM, Carriere KC, Ahn J. Classification and regression tree model for predicting tracheostomy in patients with traumatic cervical spinal cord injury. Eur Spine J. 2017 • Montoto-Marqués A, Trillo-Dono N, Ferreiro-Velasco ME, Salvador-de la Barrera S, Rodriguez-Sotillo A, Mourelo-Fariña M, Galeiras-Vázquez R, Meijide-Failde R. Risks factors of mechanical ventilation in acute traumatic cervical spinal cord injured patients. Spinal Cord. 2018 • Richard-Denis A, Feldman D, Thompson C, Albert M, Mac-Thiong JM. The impact of a specialized spinal cord injury center as compared with non-specialized centers on the acute respiratory management of patients with complete tetraplegia: an observational study. Spinal Cord. 2018 • 3° Consensus Conference Gravi Cerebrolesioni Acquisite – Buona Pratica Clinica Nella Riabilitazione Ospedaliera Delle Persone Con Gravi Cerebrolesioni Acquisita 2010 • Zampolini, M. and a. n. d. g. GISCAR (2003). “Lo studio Giscar sulle gravi cerebrolesioni acquisite: aspetti metodologici e dati preliminari.” Giornale Italiano di Medicina Riabilitativa 2003
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Approccio multidisciplinare al trattamento riabilitativo post-chirurgico del leiomiosarcoma pleomorfo di gamba: case report
Approccio multidisciplinare nella riabilitazione post-chirurgica del paziente con leiomiosarcoma pleomorfo di gamba: case report. M. Maselli1, A. Marzolla1, F. Bressi1, M. Bravi1, S. Valeri2, L. Improta2, S. Miccinilli1, S. Sterzi1 1Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa 2Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma INTRODUZIONE I tumori dei tessuti molli (TTM) sono neoplasie rare ad eziologia sconosciuta [1]. I TTM tendono a svilupparsi alle estremità (70%) con una prognosi severa e una sopravvivenza a 5 anni del 65%. Il gold standard terapeutico è rappresentato dall’exeresi chirurgica completa con margini di tessuto sano liberi da malattia, anche se il 10% dei pazienti presenta secondarismi polmonari al momento della diagnosi. Ogni nuovo caso di sarcoma dovrebbe essere discusso da un team multidisciplinare in centri di riferimento nazionali in grado di pianificare un percorso diagnostico-terapeutico personalizzato per ciascun paziente [2]. Nella Riabilitazione dei TTM delle estremità, il progetto deve tener conto della prognosi, dell’età, della sede di malattia, dell’intervento chirurgico e delle capacità residue del paziente [3]. OBIETTIVO DELLO STUDIO Riportare la nostra esperienza relativa al trattamento multidisciplinare di un paziente affetto da leiomiosarcoma della gamba sinistra trattato chirurgicamente secondo la limb salvage surgery (LSS). INFORMAZIONI SUL PAZIENTE Uomo di 57 anni, sottoposto a terapia neoadiuvante (4 cicli di chemioterapia e 25 sedute di radioterapia) e successiva exeresi completa della neoplasia con margini liberi da malattia con posizionamento di VAC therapy a copertura della ferita. L’exeresi ha comportato l’asportazione completa dei muscoli gastrocnemio e soleo, sezione distale dei tendini dei muscoli plantare, flessore lungo dell’alluce, flessore lungo delle dita e tibiale posteriore a livello del retinacolo dei tendini flessori, sezione dei vasi tibiali posteriori e i vasi peronei, sezione del nervo tibiale, sezione del periostio distale della tibia e parziale asportazione della capsula articolare dell’articolazione tibio-astragalica. TIMELINE Dopo l’exeresi, è stato ricoverato presso la UOC di Medicina Fisica e Riabilitativa del Policlinico UCBM di Roma per eseguire un programma riabilitativo intensivo. Il paziente è stato poi sottoposto a ricostruzione totale della loggia posteriore della gamba sinistra con lembo microchirurgico di latissumus dorsi a cui è seguito nuovo ricovero riabilitativo intensivo presso la nostra Area. INTERVENTI Le decisioni diagnostico-terapeutiche sono state discusse e approvate dal Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale Tumori rari-Sarcomi e tessuti molli del Policlinico UCBM di Roma. Gli outcomes riabilitativi sono stati valutati attraverso la somministrazione delle seguenti scale cliniche: Numerical Rating Scale, Barthel Index, Activities of Daily Living, Instrumental Activities of Dailiy Living, Toronto Extremity Salvage Score, Cumulative Illness Rating Scale, Musculoskeletal Tumor Rating Scale, Quality of Life Questionnaire. DISCUSSIONE La scelta del trattamento chirurgico è stata effettuata dal team multidisciplinare sulla base della letteratura corrente. Nel paziente con TTM delle estremità, la LSS presenta migliori aspettative di recupero funzionale a lungo termine rispetto al paziente trattato con amputazione d’arto. La decisione chirurgica è stata condivisa dal paziente e dal fisiatra, che secondo il modello dell’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), ha programmato un intervento riabilitativo che tenesse conto della disabilità del paziente in relazione al suo contesto sociale e famigliare, intervenendo su aspetti di nursing riabilitativo, sulla gestione del controllo del dolore, sul recupero delle autonomie nelle ADL e impostando un trattamento ortesico personalizzato mirato al recupero della estensione di caviglia. La ricostruzione della loggia posteriore della gamba ha però procrastinato la fase di tutorizzazione al fine di permettere una migliore cicatrizzazione del lembo. Infine per il trattamento del linfedema secondario è stato utilizzato con beneficio il bendaggio con sistema Mobiderm. OBIETTIVI RIABILITATIVI FUTURI Favorire la cicatrizzazione per seconda intenzione della deiscenza del lembo, condizione indispensabile per la realizzazione del calco in gesso necessario alla composizione di un tutore AFO personalizzato. Dopo la tutorizzazione il programma riabilitativo sarà svolto in regime ambulatoriale al fine di recuperare un corretto schema del passo con ortesi e progressivo svezzamento dagli ausili. BIBLIOGRAFIA 1. AIOM-AIRTUM 2018, I numeri del cancro in Italia, Intermedia Editore, Brescia, 2018 2. P. G. Casali et al., “Soft tissue and visceral sarcomas: ESMO–EURACAN Clinical Practice Guidelines for diagnosis, treatment and follow-up”, Annals of Oncology 29 (Supplement 4), 2018 3. G. Benedetti et al., Rehabilitation needs in oncological patients: the On-rehab project results on patients operated for musculoskeletal tumors”, European Journal of Physical and Rehabilitation Medicine 2017 February;53(1):81-90
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Ruolo del calcio negli esiti del trattamento riabilitativo nei pazienti con esiti di Stroke in fase subacuta
Ruolo del calcio negli outcome del trattamento riabilitativo nei pazienti con esiti di Stroke in fase subacuta Introduzione I pazienti con esito di ictus ricoverati in reparti riabilitativi presentano spesso uno stato di malnutrizione che può contribuire allo scarso recupero funzionale (Chen et al. 2019). In soggetti anziani con un primo episodio di ictus, si è rilevato come i livelli di calcio siano associati ad una migliore qualità della vita psicosociale (Chiba et al. 2019). È stato anche dimostrato che alti livelli sierici di 25-OH vitamina D, ormone strettamente correlato al metabolismo del calcio, sono associati con lo stato funzionale ed i progressi fisici in pazienti sottoposti a trattamento riabilitativo (Kiebzak et al. 2007). Materiali e Metodi In questo studio retrospettivo è stato considerato un gruppo di 21 pazienti con ictus subacuto (età media 66±12 anni, latenza dall’evento acuto 99±41 giorni) ricoverati presso la Fondazione Don Gnocchi “S. M. Provvidenza” di Roma. I pazienti afferivano ad un più ampio studio multicentrico randomizzato controllato, approvato dal Comitato Etico istituzionale (FDG_6.4.2016) e registrato su Clinicaltrials.gov (NCT02879279). I pazienti sono stati sottoposti a un trattamento riabilitativo, in cui ogni sessione aveva una durata di 45 minuti ed una frequenza di 2 sessioni al giorno, per 5 giorni alla settimana, per 3 mesi. I livelli ematici di calcio, calcio ionizzato, proteine totali ed albumina sono stati misurati al momento dell’ammissione al reparto. Gli effetti della riabilitazione sulla loro performance nelle attività della vita quotidiana sono stati valutati attraverso l’indice Barthel modificato (BI) prima del trattamento riabilitativo (T0), dopo un mese (T1) e, in un sottogruppo di 14 pazienti, a tre mesi dalla fine del trattamento (T2). Risultati La media dei valori del calcio ionizzato in questi pazienti è risultata di 4,20.2 mg/dL, mentre la media dei valori delle proteine totali 6.30.6 g/dL; in entrambi i casi i valori sono risultati tutti al di sotto dei range di normalità. La media dei valori del calcio è risultata 9,00,5 mg/dL (di cui il 23,8% sotto dell’intervallo di riferimento) mentre il valore medio della percentuale di albumina era 51,64,7% (di cui 76,2% al di sotto dell’intervallo di riferimento). È stata dunque analizzata la correlazione tra queste variabili biochimiche e la variazione del BI (ΔBIT1-T0 e ΔBIT2-T0). Abbiamo trovato una moderata correlazione positiva tra calcio e ΔBIT1-T0 (Rho di Spearman=0,625, p=0,002): i pazienti con livelli più elevati di calcio all’ammissione mostrano un recupero migliore nel BI al T1. Inoltre, abbiamo trovato una forte correlazione positiva tra ΔBIT2-T0 dopo 3 mesi di riabilitazione e calcio (Rho di Spearman=0,819, p <0,001; Fig 2B) e calcio ionizzato (Rho di Spearman=0,673, p=0,008; non in figura). Conclusioni Questo studio preliminare esplorativo suggerisce che i livelli di calcio dovrebbero essere valutati dai clinici al momento del ricovero in un'unità di riabilitazione e dovrebbero essere seguiti durante la riabilitazione stessa, al fine di migliorare il recupero post-ictus. Infatti, i pazienti con un livello più alto di calcio riabilitano meglio rispetto ai pazienti con bassi livelli di calcio come valutato con la misura dell'indice di Barthel. Questa evidenza, seppure su un ristretto numero di pazienti, è la prima, a nostra conoscenza, che suggerisca come un migliore metabolismo del calcio nei pazienti post-ictus subacuti sia un'ottima condizione preliminare al miglioramento fisico. Bibliografia Chen, Ning, Yanbo Li, Jinghuan Fang, Qian Lu, and Li He. 2019. “Risk Factors for Malnutrition in Stroke Patients: A Meta-Analysis.” Clinical Nutrition 38 (1): 127–35. https://doi.org/10.1016/j.clnu.2017.12.014. Chiba, Reina, Saya Tominaga, Kasumi Mikami, Maiko Kitajima, Mayumi Urushizaka, Toshiko Tomisawa, Junko Chiba, Joji Hagii, Minoru Yasujima, and Tomohiro Osanai. 2019. “Factors Influencing Quality of Life in Stroke Patients: Focus on Eating Habits.” Journal of Stroke and Cerebrovascular Diseases. https://doi.org/10.1016/j.jstrokecerebrovasdis.2019.02.031. Kiebzak, Gary M., Nicole L. Moore, Shana Margolis, Bruce Hollis, and C George Kevorkian. 2007. “Vitamin D Status of Patients Admitted to a Hospital Rehabilitation Unit.” American Journal of Physical Medicine & Rehabilitation 86 (6): 435–45. https://doi.org/10.1097/phm.0b013e31805b7e20.
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Efficacia di un trattamento robotico confrontato con un trattamento convenzionale in pazienti con esiti di stroke: risultati preliminari ottenuti mediante un sistema di analisi del movimento
Efficacia di un trattamento robotico, confrontato con un trattamento convenzionale, in pazienti con esiti di stroke in fase subacuta: risultati preliminari ottenuti mediante un sistema di analisi del movimento. Marco Germanotta1, Cristiano Pecchioli2, Enrica Di Sipio2, Arianna Cruciani2, Letizia Castelli2, Irene Aprile2 1IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Firenze, Italia, 2IRCCS Fondazione Don Carlo Gnocchi, Milano, Italia INTRODUZIONE Negli ultimi anni, la Robot Mediated Therapy sta rappresentando uno dei più promettenti approcci per recuperare le funzioni motorie dell’arto superiore in seguito a stroke In una metanalisi del 2018 Mehrholz et al. [1] hanno mostrato che il trattamento riabilitativo robotico tecnologico migliora significativamente le attività di vita quotidiana, la funzione e la forza dell’arto superiore Tuttavia, non è ancora chiaro se il trattamento mediante tali strumenti sia anche in grado di modificare le strategie motorie, valutabili mediante un sistema di analisi del movimento, che nei pazienti con danno neurologico, risultano alterate [2]. Pertanto lo scopo del lavoro è quello di valutare, mediante un sistema di analisi del movimento, gli effetti di un trattamento riabilitativo robotico sull’esecuzione di un task di vita quotidiana (bere da un bicchiere), confrontandoli con quelli ottenuti mediante un trattamento convenzionale. MATERIALI E METODI Campione: 16 pazienti con ictus subacuto (65±9 anni, latenza 120±60 giorni) ricoverati presso il centro “SM Provvidenza” di Roma, afferenti ad un più ampio RCT multicentrico (CE FDG_6.4.2016, Clinicaltrials.gov NCT02879279). Intervento. I pazienti sono stati assegnati al gruppo convenzionale (GC) o al gruppo robotico (GR). I pazienti del GR sono stati trattati utilizzando un set di 4 diversi sistemi [3], (Figura 1) mentre i pazienti del GC sono stati sottoposti a un trattamento riabilitativo tradizionale dedicato all’arto superiore. Le sedute avevano una durata di 45 minuti, con una frequenza di 5 volta a settimana, per un totale di 30 sedute. Valutazioni. Scale cliniche: funzione motoria dell’arto superiore (Fugl-Meyer_UE) e disabilità (Barthel Index). Valutazione biomeccanica di un gesto di vita quotidiana (bere da un bicchiere) [2] (Figura 2). Per ciascuna fase sono stati valutati: (a) ROM di tronco, spalla e gomito; (b) velocità media della mano (Figura 3) e la sua fluidità (Normalized Jerk, NJ); (c) il contributo delle articolazioni per raggiungere il bicchiere (allungamento del braccio, inclinazione in avanti e rotazione assiale del tronco). Timing. Le valutazioni sono state effettuate prima (T0) e dopo (T1) il trattamento. Analisi statistica. Per confrontare i due trattamenti è stato effettuato un test mixed Anova, con tempo come fattore within e il trattamento come fattore between. RISULTATI Non sono stati riscontrate differenza tra i due gruppi, come indicato dall’assenza di significatività nel fattore di interazione, sia nella valutazione biomeccanica che nelle scale cliniche. Con riferimento alla valutazione biomeccanica, il fattore tempo è risultato statisticamente significativo nel NJ (p<0.05) nel movimento di reaching (Figura 4), indicante un aumento della fluidità, e nella velocità media nelle fasi di trasporto alla bocca e di ritorno (p<0.05). Infine, il fattore tempo è risultato statisticamente significativo in entrambe le scale cliniche (p<0.001, Figura 4). DISCUSSIONI I dati ci suggeriscono che gli effetti dei due trattamenti sono simili, sia con riferimento alle scale cliniche, sia ai parametri relativi all’analisi del movimento. Questi ultimi, sembrano suggerire che dopo un trattamento riabilitativo di 30 sedute, il paziente con stroke migliora per prima la velocità e la fluidità del gesto, senza però cambiare le strategie motorie o i ROM. È quindi probabile che sia necessario un trattamento più lungo per osservare differenze in questi aspetti. BIBLIOGRAFIA [1] Mehrholz J, et al. Cochrane Database Syst Rev 2018; 3(9):CD006876 [2] Aprile I, et al. Biomed Res Int. 2014:636123. [3] Jakob I, et al. PM&R 2018 10(9S2): S189-S197
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Agopuntura nel trattamento del dolore della persona disabile: dati clinici personali.
Agopuntura nel trattamento del dolore della persona disabile: dati clinici personali Cantini L., Codazza S., Aconstantinesei M., Viviani A., Falcone G., Foti. C., Pasquetti P.Il dolore cronico affligge circa il 20% della popolazione adulta europea, circa 100 milioni di persone, con costo stimato per perdita di giornate lavorative pari a quasi 34 miliardi di euro. Le algie più comuni insistono in quadri di lombalgia, forme artrosiche e dolore oncologico, quest’ultimo in forte crescita con una prevlenza del 33% nei pazienti trattati, 59% nei pazienti in trattamento e 64% nei pazienti con carcinoma metastatico, avanzato o in fase terminale. Il dolore è un fenomeno sensoriale ed emozionale complesso, definito da componenti biologiche, somatiche e psicologiche. L’Associazione Internazionale per lo studio del dolore (International Association for the Study of Pain, IASP) e L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), lo definiscono “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno” La valutazione del dolore è un processo multidimensionale individualizzato che deve tener conto delle seguenti caratteristiche: tipo, localizzazione, durata, intensità e tempistiche, terapie concomitanti e consapevolezza della percezione soggettiva. Gli obiettivi principali della misurazione del dolore sono ottenere dati oggettivi e confrontabili e rilevare il grado di compromissione funzionale, al fine di individuare strategie d’intervento personalizzate nell’ambito del Progetto Riabilitativo Individuale (PRI) e valutarne l’efficacia in termini di minima differenza clinicamente importante (MCID–minimal clinically important difference) o di risultati riportati dal paziente (PROs- patient-reported outcomes). L’ agopuntura racchiude un gruppo di procedure derivanti dalla Medicina Tradizionale Cinese, che stimolano precise sedi anatomiche attraverso una grande varietà di tecniche al fine di produrre effetti clinici. E’ una procedura sicura, economica e di comprovata efficacia, il cui effetto benefico deriva generalmente da 4 processi: uno specifico effetto terapeutico legato alla scelta degli agopunti operata secondo precisa diagnostica di Medicina tradizionale Cinese (non a caso i Italia è previsto che solo i medici possano esercitare l’agopuntura), un’ azione fisiologica non-specifica ( “diffuse noxious inhibitory control – DNIC”) l’ effetto placebo l’effetto della meccanotrasduzione (il contatto dell’ago con la cute attiva i meccanocettori inducendo reazioni emozionali e ormonali che alleviano la componente dolorosa) I fattori che possono influenzare l’efficacia dell’agopuntura sono: le aspettative del paziente, l’esperienza dell’agopuntore, il numero e la specificità degli agopunti, la profondità di infissione dell’ago e il dosaggio delle sedute in termini di durata e frequenza. Il vantaggio essenziale è l’azione terapeutica scevra dall’uso di farmaci in pazienti spesso già sottoposti a polifarmacoterapia. Sono stati trattati 88 casi di pazienti adulti sia di sesso maschile che femminile in età tra i 27 e gli 88 anni, affetti da dolore cronico per patologie di varia natura di interesse riabilitativo, tra cui in particolare 43 pazienti affetti da S. Fibromialgica, 7 da cefalea, 2 da coxalgia, 3 da dolore cronico di natura oncologica, 2 da esiti di protesi totale di ginocchio, 2 da lombo sciatalgia, 29 da rachialgia inveterata.CRITERI DI INCLUSIONE: presenza di dolore cronico CRITERI DI ESCLUSIONE: mancata firma del consenso informato, discrasie ematiche OBIETTIVI: Valutazione dell’efficacia dell’agopuntura sul dolore. Si sono poste a confronto le seguenti ipotesi: H0 = i risultati della VAS sono dovuti al caso (l’agopuntura non è efficace), H1 = i risultati della VAS sono dovuti con effetto sistematico all’agopuntura (l’agopuntura è efficace) Utilizzando come cut off nella valutazione delle ipotesi P>0,05, l’ipotesi H0 è stata considerata accolta se P>0,05, ovvero è stata considerata non accolta con P<0,05 Ogni paziente è stato sottoposto a visita fisiatrica e di Medicina Tradizionale Cinese per indicazione clinica e successivamente a 6 sedute di agopuntura a distanza di una settimana l’una dall’altra e visita finale. L’analisi statistica è stata condotta sui dati ricavati dai soli pazienti giunti a fine ciclo per un totale di 64 pazienti. Ad ogni seduta è stata sottoposta a ciascun paziente la compilazione di una scala VAS per la valutazione del dolore ad inizio e fine trattamento confrontando sia il valore iniziale con quello finale, sia le VAS delle singole sessioni, che hanno tutte effetto significativo, in ogni sessione il valore della VAS finale post trattamento è significativamente diverso, quindi inferiore a quello iniziale. studiando le differenze tra le diverse sessioni si vede come le differenze tra pre e post trattamento non sono significativamente diverse, cioè si rileva una omogeneità di effetto progressivo al succedersi dei trattamenti, risultato questo che indica un effetto robusto del trattamento nelle successive sessioni L’andamento VAS pretrattamento appare ridursi significativamente a partire scende dalla 3° seduta , mentre il valore VAS post trattamento nel 50% dei pazienti inizia a calare dalla terza seduta e nel 50% fin dalla prima seduta. In tale primo gruppo di pazienti si osserva inoltre che l’effetto del trattamento tende a rimanere costante dopo la seconda seduta, mentre nel secondo gruppo trattamento ha un calo notevole tra la prima e la terza seduta e poi rimane costantemente significativo. Nella nostra esperienza clinica il trattamento del dolore con agopuntura è risultato EFFICACE indipendentemente dalla diagnosi d’ingresso in tutti i pazienti giunti a fine ciclo e che il numero minimo di sedute utile ad ottenere la stabilizzazione del sintomo pare essere di tre sedute. Sarebbe interessante affrontare la tematica del trattamento riabilitativo del paziente affetto da dolore cronico con agopuntura ed esercizio terapeutico attraverso studi che consentano l’analisi di una più ampia casistica e la valutazione di un eventuale effetto terapeutico cumulativo. Ulteriori valutazioni e trials clinici saranno in futuro auspicabili in materia, si può dire tuttavia che, per quanto perfettibili, i risultati del trattamento terapeutico qui descritto hanno quantomeno consentito a pazienti piuttosto compromessi dalla convivenza col dolore cronico di poter migliorare la propria qualità di vita.
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La gestione e la riabilitazione intensiva di paziente con impianto di emipelvi custom-made
LA GESTIONE E LA RIABILITAZIONE INTENSIVA DI PAZIENTE CON IMPIANTO DI EMIPELVI CUSTOME-MADE Dr. Colombatti L.; Dr. Alloero M.; Dr. Pellarin V.; Dr. Iero R.; Dr. Lauro M.; Dr. Piana R.; Dr. Beatrici M.; Prof. Minetto M. A.; Prof. Massazza G. A.O.U – Città della Salute e della Scienza di Torino – Ospedale C.T.O – S.C. S.C. Neuroriabilitazione CASE REPORT: Paziente complessa di 40 anni, con patologia oncologia, obesa (BMI 31), ipertensione scarsamente controllata in parte influenzata da turbe dell’umore. Da un anno dolore di tipo sciatalgico a destra. Alla RMN lombosacrale riscontro di lesione di sospetta origine eteroplastica emibacino destro. All’esame bioptico (dicembre 2018) diagnosi di condrosarcoma di bacino stadio G1-G2. Sottoposta a febbraio 2019 a emipelvectomia destra ed impianto di emipelvi custom-made fissata con fittone sacroiliaco, 4 viti e 1 vite alla branca ischio-pubica e protesi totale d’anca. L’intervento è avvenuto in 2 tempi chirurgici posteriore ed anteriore. La paziente è stata inizialmente ricoverata presso la terapia intensiva dell’Osp CTO della Città e della Salute della Scienza di Torino ed in 7° giornata post-operatoria è stata trasferita presso il reparto S.C Neuroriabilitazione della stessa Azienda. 1° SETTIMANA: iniziato il trattamento riabilitativo con esercizi di rinforzo per gli AASS, AI sinistro in toto e distalmente con l’AI destro con elastici, bastone per gli AASS e pesi. Mobilizzazione passiva, per quanto possibile con il range articolare concesso (flessione massima di anca 30°). E’ stata presa in carico presso il servizio di dietologia per la riduzione del peso. Iniziato diario pressorio ed impostata terapia antiipertensiva con Ace-inibitore. Barthle Index: 20/100; F.I.M: 57/126. 2° SETTIMANA: prosegue il trattamento impostato, aumentata la resistenza degli elastici ed il numero delle ripetizioni degli esercizi. Impostata terapia con oppioide e Duloxetina per dolore nocicettivo, neuropatico e tono dell’umore deflesso. Inoltre è stata impostata terapia con BDZ per crisi di ansia e presa in carico presso il servizio di psicologia clinica. 3° SETTIMANA: (20 gg dall’intervento) prosegue trattamento impostato, aumentando la resistenza degli elastici ed il numero di ripetizioni degli esercizi. Concesso riadattamento alla statica eretta, inizia il lettino di statica a 30° in appoggio monopodalico sinistro. Rimossi i punti di sutura con iniziale deiescenza al terzo prossimale di coscia. Discreto controllo del dolore nocicettivo, inziale miglioramento del controllo del dolore neuropatico e contenimento dell’ansia. 4°SETTIMANA: prosegue il trattamento impostato ed aumentata la durata della statica eretta. Per la deiescenza della ferita la paziente è stata sottoposta ad intervento di revisione chirurgica della stessa. 5° SETTIMANA: (35 gg dall’intervento) ripreso il trattamento riabilitativo, inserendo i passaggi posturali con solleva malati, e riadattamento alla statica eretta, concessa la flessione di anca 70° per cui iniziato riadattamento alla stazione seduta a 70° su carrozzina. Iniziati esercizi di mobilizzazione attiva assistita di anca, di quadricipite (retto femorale), ischiocrurali, abduttori, extrarotatori e adduttori (ritorno movimento dell’abduzione). BMI 30. Buon controllo dei valori pressori, del dolore nocicettivo e neuropatico. Iniziale miglioramento del tono dell’umore. Barthel Index: 30/100 F.I.M: 65/126. 6° SETTIMANA: il trattamento riabilitativo è stato sospeso per sindrome influenzale e gastroenterite virale. 7° SETTIMANA: (45 gg dall’intervento) iniziata la rieducazione al passaggio clinostatismo-stazione eretta (in monopodalico) senza flessione di anca. Prosegue il riadattamento alla stazione eretta su lettino di statica con carico sfiorato concesso (10% del peso). Rimossi i punti di sutura senza problematiche. Iniziata la deambulazione con carico sfiorato (10% del peso) con deambulatore ad appoggio anti brachiale. Barthel Index:40/100 F.I.M: 68/126. 8° SETTIMANA: proseguita la rieducazione al passo con stampelle ed iniziati esercizi di correzione posturale allo specchio. 9° SETTIMANA: (60 gg dall’intervento) concessa la flessione di anca a 90°, concesso il carico parziale (50% del peso), iniziati gli esercizi di statica tra le parallele, scomposizione del passo ed esercizi di propriocezione. Iniziato il nursing in doccia. Si raggiungeva una parziale autonomia nelle ADL. BMI 29. Paziente eutimica Barthel Index: 60/100 F.I.M: 93/126. 10° SETTIMANA: concesso il carico completo, iniziati esercizi propriocettivi seduta ed in piedi con pedana stabilometrica statica e dinamica. Introdotta la salita delle scale, con appoggio al mancorrente e gradino singolo. Barthel Index: 80/100 F.I.M 102/126. 11° SETTIMANA: introdotta la salita delle scale, con appoggio al mancorrente e gradino alternato, proseguiti gli esercizi con pedana stabilometrica. 12° SETTIMANA: dimessa al domicilio. In buon condizioni di salute generali, non lamenta dolore spontaneo né durante le attività riabilitative. Non evidenza di deflessione del tono dell’umore né di ansia non contenuta. Appare molto motivata, collaborante, in buon compenso algico (NRS 2/10). In clinostatismo non evidente eterometria degli arti inferiori. PROM anca destra: flesso/estensione 100°/0°/0°, abduzione/adduzione 25°/0°/20°. AROM: pressocchè assente l’abduzione e l’estensione di anca. Flessione 40°/0°/0° ma discreto controllo della componente intrarotatoria che genera medializzazione del ginocchio per l’alterato bilanciamento agonisti-antagonisti. Non deficit stenici nel reclutamento distale. I passaggi posturali avvengono in autonomia. In statica eretta buon allineamento posturale Efficace nei trasferimenti di carico destra/sinistra, anche su pedana oscillante. Deambulazione possibile anche senza ausili ma per brevissimi tratti ma con innesco di schema del passo gravemente alterato. Con l’ausilio di una stampella a sinistra, comparsa di compenso in elevazione dell’emibacino destro e si rende nuovamente segno di Trendelemburg. Con l’ausilio di due stampelle la deambulazione appare fluida, con schema del passo crociato in due tempi, senza comparsa di Trendelemburg, per tratti di media lunghezza su terreno non accidentato (poi comparsa di affaticabilità). Sale le scale con passo alternato. Autonoma nelle ADL. BMI 28 BARTHEL INDEX: 90/100 F.I.M. 113/126.
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Low back pain cronico: terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico.
Low Back Pain cronico: terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico Cantini L., Gentileschi N., Codazza S., Foti C., Falcone G., Pasquetti P. La lombalgia comune, in letteratura anglosassone low back pain (LPB): dolore localizzato a valle della scapola e sopra il solco intergluteo con o senza irradiazione all’arto inferiore. Epidemiologia: paesi industrializzati 18.6% – 57.4% prevalenza popolazione adulta 50% incidenza annua popolazione generale 20% dei casi: persistenza della sintomatologia dolorosa a distanza di un anno oltre il 70% della popolazione nei paesi industrializzati andrà incontro nel corso della propria vita a lombalgia Di conseguenza essa costituisce un’importante causa di disabilità, e rappresenta una voce rilevante della spesa sanitaria sia per i costi diretti che indiretti. Nella più comune forma idiopatica, che rappresenta il 90% circa dei casi OBIETTIVI: Valutare l’efficacia dell’agopuntura nella gestione del dolore e l’andamento del sintomo nel tempo. CRITERI DI INCLUSIONE: algia cronica inveterata resistente alle terapie convenzionali CRITERI DI ESCLUSIONE: turbe della coagulazione INDICAZIONE CLINICA: visita fisiatrica Sono stati selezionati 29 pazienti adulti, sia di sesso maschile che femminile in età tra i 27 e gli 88 anni affetti da rachialgia cronica, di cui in particolare 3 pazienti affetti da lombalgia inveterata. Sono stati sottoposti a ciclo di agopuntura di sei sedute a distanza di una settimana l’una dall’altra, con lo Tutti i pazienti sono giunti a fine ciclo e si è condotta l’analisi statistica sulla base della scala VAS, sottoposta a ciascun paziente ad inizio e fine trattamento. Per la terapia con agopuntura sono stati utilizzati aghi monouso HWATO 30x 25 con manico in rame senza tubo guida e le singole sedute hanno richiesto un tempo di posa degli aghi compreso tra 15-30 minuti, come previsto comunemente dalla metodica. Considerando i valori di media, mediana, deviazione standard e percentili relativi al punteggio della scala VAS ad inizio e fine di ciascuna seduta, nonché della VAS ad inizio ciclo rispetto quella di fine ciclo, si è verificato l’andamento medio del dolore e la consistenza media degli scostamenti dall’intervallo di valori maggiormente rappresentati. Per garantire una maggiore omogeneità ed indipendenza delle osservazioni si è provveduto anche ad effettuare un test T di Student, su dati appaiati estrapolati dalle singole sedute, ovvero per garantire l’indipendenza dallo scostamento e dal singolo livello dei dati estratti al fine di verificare l’efficacia dell’agopuntura indipendentemente dalla numerosità dei casi trattati. Si sono poste a confronto le seguenti ipotesi: H0 = i risultati della VAS sono dovuti al caso (l’agopuntura non è efficace), H1 = i risultati della VAS sono dovuti con effetto sistematico all’agopuntura (l’agopuntura è efficace) Utilizzando come cut off nella valutazione delle ipotesi P>0,05, l’ipotesi H0 è stata considerata accolta se P>0,05, ovvero è stata considerata non accolta con P<0,05. I valori della scala VAS e le relative medie, mediana, deviazione standard e valutazione in percentile riscontrato nei pazienti è stato riportato in apposite tabelle e procedendo all’analisi statistica delle ricorrenze relative alla scala VAS è stato possibile elaborare graficamente i dati relativi all’andamento del dolore nell’arco del trattamento. 29 pazienti giunti a fine ciclo, 1) tutte le sessioni hanno avuto effetto significativo quanto a diminuzione della VAS poichè in ogni sessione il valore della VAS finale post trattamento è significativamente inferiore a quello iniziale. 2) Valutando i valori della VAS pre e post trattamento si è rilevata una omogeneità di effetto progressivo al succedersi dei trattamenti, risultato questo che indica un effetto robusto del trattamento nelle successive sessioni. 3) L’andamento tanto del VAS iniziale quanto di quello finale ha presentato intervalli di confidenza sovrapposti: assenza di differenze significative. 4) L’andamento VAS pretrattamento appare ridursi significativamente a partire dalla 3° seduta 5) Nel 50% dei pazienti la VAS post trattamento nel 50% ha iniziato a calare dalla terza seduta: in questi l’effetto del trattamento tende a rimanere costante dopo la seconda seduta 6) Nel 50% dei pazienti la Vas inizia a calare dalla prima seduta e subisce un calo notevole tra la prima e la terza seduta, poi rimane costantemente significativo. I valori rilevati nei pazienti affetti da lombalgia cronica sono stati sovrapponibili ai risultati evidenziati nei pazienti affetti da rachialgia inveterata. Nella nostra esperienza clinica la gestione della lombalgia inveterata con agopuntura pare essere efficace nel breve termine nel contenimento del dolore, indipendentemente dalla diagnosi d’ingresso e che il numero minimo di sedute utile ad ottenere la stabilizzazione del sintomo pare essere di tre sedute. Sarebbe interessante affrontare la tematica del trattamento riabilitativo del paziente affetto da dolore lombalgico cronico studiando eventuali effetti cumulativi dell’agopuntura con esercizio terapeutico ed anche l’efficacia a lungo termine delle due metodiche prese singolarmente ed in associazione. Appare utile suggerire pertanto ulteriori studi in materia, possibilmente confortati da una più ampia casistica, ma i risultati preliminari in tal senso appaiono certamente incoraggianti nell’alleviare la soferenza di questi pazienti in cui la cronicità del sintomo presenta effetti certamente molto invalidanti. Riferimenti Bibliografici - Roger Chou, MD; Richard Deyo, MD, MPH; Janna Friedly, MD; Andrea Skelly, PhD, MPH; Robin Hashimoto, PhD; Melissa Weimer, DO, MCR; Rochelle Fu, PhD; Tracy Dana, MLS; Paul Kraegel, MSW; Jessica Griffin, MS; Sara Grusing, BA; and Erika D. Brodt, Nonpharmacologic Therapies for Low Back Pain: A Systematic Review for an American College of Physicians Clinical Practice Guideline. BS. Ann Intern Med. 2017; 166:493-505. doi:10.7326/M16-2459 -Muhammad Waseem Akhtar, Hossein Karimi, Syed Amir Gilani Pak , Effectiveness of core stabilization exercises and routine exercise therapy in management of pain in chronic nonspecific low back pain: A randomized controlled clinical trial J Med Sci 2017 Vol. 33 No. 4 - Dionysios Trigkilidas Ann R Coll ,Acupuncture therapy for chronic lower back pain: a systematic review Surg Engl 2010; 92: 595–598 doi 10.1308/003588410X12699663904196
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Vibrazioni meccano-focali nel trattamento di piede equino-varo post traumatico: caso clinico
VIBRAZIONI MECCANO-FOCALI NEL TRATTAMENTO DI PIEDE EQUINO-VARO POST-TRAUMATICO : CASE REPORT A. Gallarati,1 R. Catellani,1 Prof C. Costantino.2 Introduzione La spasticità è un disordine del controllo sensomotorio dovuto a una lesione del motoneurone superiore, caratterizzata da un’attivazione muscolare involontaria intermittente o continua. I traumi cranici di grado moderato o severo possono determinare lo sviluppo di spasticità con disabilità di grado variabile e riduzione della capacità di attendere ai normali atti di vita quotidiana. La spasticità è comune nella fase di recupero motorio nei pazienti affetti da lesioni cerebrali o spinali e può determinare retrazioni muscolari e tendinee con limitazioni articolari e deformità posturali. Tali menomazioni spesso possono rendere meno efficace il trattamento riabilitativo e difficoltosa la gestione assistenziale da parte dei care givers. Per questo è importante che il trattamento sia focalizzato sul paziente e sul recupero del maggior grado possibile di funzionalità. CASE REPORT Paziente : M.D’A., di anni 50. Professione: geometra. Nel 1991 incidente stradale con grave trauma cranio-encefalico e fratture di bacino, massiccio facciale e polso sinistro. Alla TAC veniva rilevata ipodensità in sede temporo-capsulare destra e conseguentemente emiplegia sinistra, che presentava successivo aggravamento con ipertonia, arto superiore atteggiato in flessione e adduzione, piede atteggiato in equino-varo, alluce a martello e griffe delle dita. Alla dimissione, Il paziente deambulava con aiuto di un quadripode ed era parzialmente autonomo nelle ADL. Proseguiva il trattamento riabilitativo neuromotorio in regime ambulatoriale e veniva confezionato tutore di ginocchio bloccato in estensione per favorire la deambulazione. Nel 2005 per il peggioramento della spasticità dell’arto inferiore e dell’appoggio in equino-varo del piede sinistro con notevole difficoltà alla deambulazione nonostante l’uso di un quadripode, si programmava infiltrazione di tossina botulinica. A giugno 2006 per inefficacia dei trattamenti precedenti e per la presenza di grave ipertono all’emilato sinistro, veniva impiantata pompa intratecale al Baclofen con infusione di 50 mcg nelle 24 ore. Avendo il trattamento con pompa al Baclofen prodotto temporanei miglioramenti, è stato programmato un aumento progressivo del dosaggio dello stesso fino a raggiungere la posologia di 385 mcg/die. Alla valutazione fisiatrica in Ottobre 2018 è stato rilevato un grave ipertono all’emilato sinistro ed equino-varo del piede; pertanto è stato iniziato un ciclo di vibrazioni meccano-sonore per ridurre la spasticità e migliorare le performance motorie e l’appoggio del piede sinistro. Inoltre il paziente lamentava lombalgia resistente alla terapia farmacologica e riabilitativa per cui veniva eseguita RMN che mostrava la presenza di multiple protusioni discali a livello D11-D12, L3-L4, L4-L5 e L5-S1. Veniva eseguita infiltrazione peridurale presso Terapia Antalgica senza risultati apprezzabili. Le sedute di vibrazioni meccano-sonore sono state eseguite tre volte alla settimana per cinque settimane. Ogni seduta, della durata di 30 minuti, prevedeva l’applicazione di coppette fissate con elastici a strappo sui muscoli dell’emilato deficitario, con vibrazioni a frequenza di 300 Hertz e un’ampiezza di 2 mm. Al termine del trattamento con vibrazioni è stata riscontrata una riduzione dell’atteggiamento in equino-varo del piede sinistro con un miglioramento dell’appoggio plantare e delle performances motorie. Inoltre, si evidenziava un notevole miglioramento nella sintomatologia dolorosa a livello lombare. CONCLUSIONI Il trattamento con vibrazioni locali ripetute applicate sul muscolo o sul gruppo muscolare bersaglio, durante una contrazione volontaria, induce cambiamenti di lunga durata sull’eccitabilità della corteccia motoria controlaterale. Questi effetti consistono in una significativa riduzione del volume della mappa corticale del muscolo trattato, associato a un incremento del volume di quella del muscolo antagonista. Tali modificazioni neurofisiologiche rappresentano il substrato funzionale per la riduzione del tono muscolare e il conseguente miglioramento delle funzioni motorie. Alte frequenze sono necessarie per agire sulle vie nervose centrali che controllano il movimento, determinando cambiamenti plastici a lungo termine. Un altro importante parametro è il tempo di esposizione allo stimolo ed è collegato al processo che porta alla formazione di dendriti in un arco di tempo di minuti o di ore. Poiché l’applicazione di stimoli vibratori può aumentare il potenziale motorio evocato registrato a livello muscolare, suggerendo un aumento dell’eccitabilità corticospinale, il trattamento con vibrazione a bassa ampiezza ed alta frequenza (300Hz) applicato tre volte alla settimana per cinque settimane ha diminuito significativamente il tono e il dolore e incrementato la forza muscolare nell’arto inferiore del paziente, con conseguente miglioramento nell’assetto posturale e nell’appoggio plantare. 1 MD, in Formazione Specialistica, Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma 2 MD PhD, Professore Associato Medicina Fisica e Riabilitativa, Direttore della Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma.
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Proposta di un PDTA per pazienti affetti da frattura di femore afferenti a reparti di riabilitazione post-acuzie
Proposta di un PDTA per pazienti affetti da frattura di femore afferenti a reparti di riabilitazione post-acuzie Don Carlo Gnocchi Onlus Foundation, Milan – Italy e-Poster 207 Introduzione: Le fratture di femore nel paziente anziano (>65 aa) rappresentano un evento molto frequente ed in costante aumento, in rapporto anche al progressivo invecchiamento della popolazione mondiale. Secondo la letteratura nazionale ed internazionale vengono trattate, annualmente, circa 250000 fratture del femore nel paziente anziano con una proiezione per il 2040 pari al doppio. In Italia nel 2007 le fratture di femore nell’anziano sono state oltre 90000 (dati ricavati direttamente dalle diagnosi principali delle SDO di tutta Italia, conservate ed informatizzate presso il Ministero della Salute), con un costo diretto di 590 milioni di euro legati alla sola ospedalizzazione, a cui bisogna aggiungere i costi indiretti (circa il 30 %), quelli della riabilitazione post- operatoria e quelli sociali- assistenziali con superamento del milione di euro. (1) La “fragilità” dei pazienti che vanno incontro a frattura di femore, impone, come raccomandato dalle più recenti e validate linee guida, un approccio multidisciplinare e multi professionale che tenga conto della complessità del paziente anziano fratturato. Lo scopo principale del PDTA proposto è quello di fornire agli operatori gli standard da perseguire, in coerenza alle indicazioni della più recente e validata letteratura scientifica, al fine di garantire alle persone affette da frattura di femore, per lo più anziane e fragili, un approccio assistenziale uniforme e omogeneo su tutto il territorio nazionale. Dott.ssa Poggianti Giuliana – FDG Ancona Dott. De Santis Fabio- FDG Centri Basilicata e Campania Dott.ssa Toscano Olga – FDG Tricarico Dott.ssa Polcaro Paola- FDG Firenze Dott.ssa Aprile Irene – FDG Roma Dott.ssa Ammenti Paola- FDG Milano Dott. Bagarolo Renzo – FDG Milano Dott. Calvello Enzo- FDG Acerenza Dott.ssa Carli Valentina- FDG La Spezia Dott.ssa Corbella Elena – FDG Milano Dott.ssa Fumelli Tiziana – FDG Torino Dott. Pierani Stefano – FDG ancona Dott.ssa Rapuzzi Sara – FDG Milano Silvia Galeri –FDG Rovato Lorenzo Brambilla- FDG Milano SET MULTIDIMENSIONALE INDICATORI DI PERFORMANCE Risultati: Il presente PDTA è stato elaborato secondo il criterio dell’”evidence-based”, ovvero, è stata selezionata una linea guida di riferimento elaborate dal Natiotanl Institute for Health and Care Excellence (NICE, CG124) (2). Per le raccomandazioni su aspetti non considerati dalla linea guida di riferimento, il GLAM ha proceduto con un’integrazione bibliografica, basata su ampie revisioni sistematiche che rispondessero ai medesimi criteri di rigore metodologico (AGREE II) (3-7). Il PDTA descrive le fasi della presa in carico del paziente dalla fase di pre-accettazione alla dimissione; per ciascun processo, vengono specificate le procedure (attività) da svolgere e da quale figura professionale devono essere svolte; sono indicati gli strumenti utilizzati per la procedura (es. scale di valutazione) e, inoltre, laddove ritenuto opportuno, per ciascuna procedura viene indicata la raccomandazione di riferimento. Per ogni processo viene indicato il tempo o il periodo di tempo in cui deve essere eseguito. Inoltre per verificare il grado di implementazione clinica sono stati individuati indicatori di processo e di esito che verranno monitorati. Metodi: Per la stesura del PDTA è stato costituito un gruppo di lavoro multi professionale (GLAM) che ha identificato tutti gli step organizzativi, garantendo oggettività nella valutazione degli ostacoli, maggiore equilibrio nelle raccomandazioni cliniche, condivisione di tutti i nodi decisionali e maggiore probabilità che il PDTA venga poi applicato in ogni contesto locale. Inoltre, al fine di uniformare il percorso, i vari processi del PDTA sono stati adattati al contesto riabilitativo e condivisi tra tutti i professionisti coinvolti nella sua erogazione. INDICATORE n°1:VALUTAZIONEMEDICA OBIETTIVO/AMBITO DA MONITORARE/RAZIONALE Aderenza alla raccomandazione delle linee guida circa la valutazione multidimensionale del paziente affetto da frattura di femore DEFINIZIONE DELL’INDICATORE Corretta e completa valutazione del medico (secondo quanto definito dal PDTA) utilizzando le scale previste:  SHORT PORTABLE/MMSE  CIRS  BRASS  RANKIN  TEV  CRITERI DI FRIED  SCHEDA RISCHIO DELIRIUM DESCRIZIONE PRECISA DELL NUMERATORE FONTE DATI NUMERATORE DESCRIZIONE PRECISA DEL DENOMINATORE EVENTUALI CASI/EVENTI DA ESCLUDERE DAL DENOMINATORE FONTE DATI DENOMINATORE Numero di pazienti valutati con tuttte le scale Cartella clinica/check list Numero totale di pazienti ricoverati Nessuno Cartella clinica/check list CATEGORIA (struttura, processo, esito) DIMENSIONE DELLA QUALITA’ BASELINE TARGET LIVELLO DI UTILIZZO DELL’INDICATORE PROCESSO Appropriatezza 0% 70% entro 12 mesi Aziendale OBIETTIVO/AMBITO DA MONITORARE/RAZIONALE DEFINIZIONE DELL’INDICATORE INDICATORE n° 2 : VALUTAZIONE INFERMIERISTICA DESCRIZIONE PRECISA DELL NUMERATORE FONTE DATI NUMERATORE DESCRIZIONE PRECISA DEL DENOMINATORE EVENTUALI CASI/EVENTI DA ESCLUDERE DAL DENOMINATORE FONTE DATI DENOMINATORE Aderenza alla raccomandazione delle linee guida circa la valutazione multidimensionale del paziente affetto da frattura di femore Corretta e completa valutazione dell’infermiere (secondo quanto definito dal PDTA) utilizzando le scale previste:  MUST  MODIFIED BARTHEL  CONLEY  BRADEN  NRS Numero di pazienti valutati con tutte le scale Cartella clinica/check list Numero totale di pazienti ricoverati Nessuno Cartella clinica/check list CATEGORIA (struttura, processo, esito) DIMENSIONE DELLA QUALITA’ BASELINE TARGET LIVELLO DI UTILIZZO DELL’INDICATORE PROCESSO Appropriatezza 0% 70% entro 12 mesi aziendale INDICATORE n° 3 : VALUTAZIONE FISIOTERAPICA Discussione: Il PDTA proposto rappresenta uno strumento, che sarà implementato nella pratica clinica dei centri della nostra struttura, al fine di permettere ai pazienti anziani sottoposti a trattamento riabilitativo per frattura di femore di essere sottoposti ad un percorso di cura definito dalle raccomandazioni ottenute dalle migliori evidenze scientifiche. OBIETTIVO/AMBITO DA MONITORARE/RAZIONALE Aderenza alla raccomandazione delle linee guida circa la valutazione multidimensionale del paziente affetto da frattura di femore OBIETTIVO/AMBITO DA MONITORARE/RAZIONALE INDICATORE n°4 : TUG DEFINIZIONE DELL’INDICATORE Corretta e completa valutazione del terapista (secondo quanto definito dal PDTA) utilizzando le scale previste: • NRS MRC • TINETTI TIME UP AND GO DEFINIZIONE DELL’INDICATORE DESCRIZIONE PRECISA DELL NUMERATORE Valutazione dell’efficacia dell’intervento riabilitativo Incremento della mobilità misurata con TUG Numero dei pazienti migliorati al test di almeno 5 sec al test BIBLIOGRAFIA (1)Rossini M, Piscitelli P, Fitto S, et al. Incidenza e costi delle fratture di femore in Italia. Reumatismo 2005;57:97-102) (Johnson DJ, Greenberg SE, Sathiyakumar V, et al. Relationship between the CCI and cost of treating hip fractures: implication for bundled payment. J Orthopaed Traumatol 2015;16:209-13. (2)NICE CG 124. Published date: June 2011 Last updated: May 2017 (3)NICE CG 74: Prevention and treatment of surgical site infection: summary of NICE guidance. BMJ 2008 (4)Delirium: prevention, diagnosis and managemen. Clinical guideline [CG103] Published date: July 2010 Last updated: March 2019 (5)Venous thromboembolic diseases: diagnosis, management and thrombophilia testing. Clinical guideline [CG144]. Published date: June 2012 Last updated: November 2015. NICE 2018 (6)Surgical site infections: prevention and treatment. NICE 2008 (7)Management of hip fracture in older people. SIGN 2009 FONTE DATI NUMERATORE DESCRIZIONE PRECISA DEL DENOMINATORE Cartella clinica/ scala TUG Numero totale di pazienti ricoverati a cui è stata somministrata la scala DESCRIZIONE PRECISA DELL NUMERATORE FONTE DATI NUMERATORE DESCRIZIONE PRECISA DEL DENOMINATORE EVENTUALI CASI/EVENTI DA ESCLUDERE DAL DENOMINATORE FONTE DATI DENOMINATORE Numero di pazienti valutati con tutte le scale Cartella clinica/check list Numero totale di pazienti ricoverati Nessuno Cartella clinica/check list CATEGORIA (struttura, processo, esito) DIMENSIONE DELLA QUALITA’ BASELINE TARGET LIVELLO DI UTILIZZO DELL’INDICATORE PROCESSO Appropriatezza 0% 70% entro 12 mesi aziendale EVENTUALI CASI/EVENTI DA ESCLUDERE DAL DENOMINATORE FONTE DATI DENOMINATORE Pazienti non deambulanti per i quali la scala non è somministrabile durante tutta la degenza Cartella clinica/TUG CATEGORIA (struttura, processo, esito) DIMENSIONE DELLA QUALITA’ BASELINE TARGET LIVELLO DI UTILIZZO DELL’INDICATORE ESITO Efficacia 0% 70% entro 12 mesi aziendale
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Effetti terapeutici della stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore (TTNS) nei disturbi urinari di pazienti parkinsoniani
La malattia di Parkinson (PD) è una patologia neurodegenerativa causata dalla progressiva perdita di neuroni dopaminergici ed è caratterizzata da sintomi motori e non motori. Tra i sintomi non motori, quelli di più frequente riscontro e che impattano maggiormente sulla qualità della vita dei pazienti sono i disturbi del sistema nervoso autonomo. Sintomi quali urgenza, pollachiuria, nicturia, incontinenza associata ad urgenza (LUTS lower urinary tract syntoms), sono le più comuni disautonomie delle basse vie urinarie nel pazienti con Parkinson. [1-2] Nei pazienti con PD, sono riportate in letteratura diverse anomalie funzionali delle basse vie urinarie documentate anche all’esame urodinamico: iperattività detrusoriale neurogena (NDO), iporeflessia o areflessia detrusoriale, riduzione della capacità vescicale e disfunzioni sfinteriali.[1-2] I trattamenti di queste disfunzioni e dei LUTS si avvalgono di farmaci, di tecniche chirurgiche, di tecniche riabilitative di neuromodulazione e di microiniezioni con tossina botulinica (BoNTa) . Fra le tecniche non invasive di neuromodulazione appare molto promettente la stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore (TTNS). Si tratta di una tecnica di stimolazione transcutanea del nervo tibiale posteriore che produce una neuromodulazione del segnale nervoso, efficace in pazienti con LUTS neurogeni e/o non neurogeni. L’obiettivo di questo studio è quello di valutare la risposta a breve e medio termine della TTNS nei pazienti con PD e LUTS.
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Disabilità da Morbo di Parkinson e Neoplasia mammaria in terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico: case report.
Disabilità da Morbo di Parkinson e Neoplasia mammaria in terapia integrata con agopuntura ed esercizio terapeutico: case report Cantini L., Abbate C., Cristinziano M., Foti C., Falcone G., Pasquetti P. Seconda patologia neurodegenerativa più comune (Massoom M. Abbas 2018) dopo la malattia di Alzheimer, sistematizzata per la prima volta nel 1817 da James Parkinson Sintomi tipici: tremore a riposo asimmetrico, rigidità, bradicinesia e instabilità posturale (Mullin S. 2013) Incidenza : tra 10-50/100000 persone all’anno Prevalenza: tra 100-300/100000 persone, Prevalenza per etá:varia tra 107/100000 persone tra i 50 e 59 anni e 1087/100000 persone tra i 70 e i 79 anni d’età, seppure esistano anche forme ad esordio precoce sotto i 40 anni (Pringsheim T. 2014) Rapporto tra sesso maschile e femminile di 5:1 L’eziopatogenesi tuttora ignota, pare multifattoriale: fattori genetici con trasmissione Mendeliana e fattori ambientali: il 10/15 % dei pazienti ha storia familiare di malattia nei parenti di primo grado, identificta in alcuni casi singola mutazione genetica a trasmissione Mendeliana e identificati 15 geni autosomici la cui mutazione appare associata all’esordio precoce (Verstraeten A. 2015). maggiore rappresentazione nel sesso maschile: si ipotizza un’ esposizione professionale più frequente negli uomini, neuroprotezione da parte degli estrogeni per le donne e fattori genetici legati al cromosoma X (Elbaz A. 2015). Principale meccanismo fisiopatologico: disfunzione mitocondriale, aggregazione anomala di alfa sinucleina e stress ossidativo (Obeso JA. 2010). Generalmente si riscontra a livello della substantia nigra mesencefalica un declino mitocondriale nei neuroni dopaminergici (Toyoda Y. 2014), perdita di neuroni pigmentati nella pars compacta (Corti et al. 2011), contenenti neuromelanina, precursore della dopamina, e si evidenzia una marcata neurodegenerazione, depigmentazione e la presenza di melanina extracellulare con tipici aggregati macrofagici detti corpi di Lewy caratterizzati da pigmento melaninico, inclusioni eosinofile citoplasmatiche e accumulo di alfasinucleina e di ubiquitina (Parnetti, L et al. 2013) JA. 2010) ESAME OBIETTIVO: All’atto della prima visita presentava : tremore non intenzionale a livello dell’emilato destro tremore intenzionale a carico dell’emilato sinistro marcia autonoma non possibile salvo l’utilizzo di stampelle bilateralmente (instabilitá posturale e vertigini nel mantenimento della stazione eretta e nella fase dinamica del cammino)OBIETTIVI: Analizzare l’esperienza clinica personale condotta nel trattamento di un caso di donna di 56 anni affetta da morbo di Parkinson trattato con agopuntura ed esercizio terapeutico dal luglio 2017 al maggio 2019 ANAMNESI e dati clinici: 2006: carcinoma mammario per cui é stata sottoposta a mastectomia totale ed a cicli di radio e chemioterapia. Un referto di Tomografia Computerizzata nel gennaio 2018 riportava fibrosi polmonare, quale probabile esito del trattamento radioterapico 2006 sindrome depressiva insorta a seguito del riscontro della neoplasia mammaria: in tp con SSRI 2007 al termine delle cure insorti i primi sintomi posta diagnosi di M. di Parkinson: non seguita da un centro specializzato – Trattamento in atto con levodopa senza buon controllo della sintomatologia motoria e cortisonici a rilascio prolungato 2008 Tiroidite di Hashimoto attualmente trattata con levotiroxina Riferiva anosmia per gli odori gradevoli a far data dal termine dei trattamenti chemioterapici ESAME OBIETTIVO: All’atto della prima visita presentava : tremore non intenzionale a livello dell’emilato destro tremore intenzionale a carico dell’emilato sinistro marcia autonoma non possibile salvo l’utilizzo di stampelle bilateralmente (instabilitá posturale e vertigini nel mantenimento della stazione eretta e nella fase dinamica del cammino)La paziente é stata trattata con: agopuntura: 1^ ciclo: 1 seduta a settimana per 4 settimane+ 1 seduta ogni 15 giorni per 1 mese + 1 seduta al mese per 2 mesi + 1 seduta di follow up a 6 mesi 2^ ciclo identico al primo a distanza di 1 mese dal follow up, 1 seduta ogni 15 giorni per 5 mesi + 1 seduta al mese per 2 mesi 3^ ciclo identico al primo a distanza di 6 mesi seguito da 1 seduta ogni 15 giorni per 6 mesi. Esercizio terapeutico: riabilitazione respiratoria nelle pause terapeutiche dai cicli di agopuntura dopo il 1^ ciclo di agopuntura: esercizi a catena cinetica aperta e chiusa per arti superiori ed inferiori, esercizio progressivo alla marcia con svezzamento dalle stampelle e poi dal bastone, danzaterapia SCALE DI VALUTAZIONE (somministrate all’atto della prima visita e dell’ultima visita) : SF36, PDQ39, FOG, BAT Test, MDS-UPRDS. A seguito del primo ciclo di agopuntura la paziente ha presentato: recupero del controllo motorio ed un miglioramento della sintomatologia vertiginosa : ha ripreso la marcia autonoma. durante le pause terapeutiche ha effettuato riabilitazione respiratoria. A seguito del secondo ciclo di agopuntura: diminuzione del tremore intenzionale e non intenzionale: ha ripreso a scrivere correttamente ed a potersi occupare delle principali attivitá di vita quotidiana A seguito del terzo ciclo la paziente: ulteriore miglioramento della motricitá autonoma e del tremore e ripresa della funzione olfattiva. La presente esperienza clinica personale, in assenza di significative variazioni della terapia farmacologica nel periodo in osservazione permette di concludere, visti i risultati clinici e delle scale di valutazione che l’associazione tra agopuntura ed esercizio terapeutico é sicuramente efficace sul recupero della motricità, sul tremore e sulla ripresa delle attività di vita quotidiana. Atteso il netto miglioramento della sintomatologia motoria della paziente giá a seguito del primo ciclo di agopuntura in assenza di esercizio terapeutico possiamo asserire che tale risultato é in linea con l’ampia letteratura scientifica in materia di agopuntura e gestione del Morbo di Parkinson. Inoltre il risultato finale dimostra che se il paziente viene seguito nel tempo certamente si assiste ad un effetto cumulativo delle due metodiche che varrebbe la pena di valutare ed opportunamente misurare in ulteriori studi. iniziale finale SF 36 benessere 16% cambiamenti dello stato di salute 25 % altri indici 0% funzionalitá fisica, limitazione della funzionalitá sociale e affaticamento 50% benessere emozionale 72% funzionalitá sociale 87,5% salute generale 60% cambiamenti dello stato di salute 100% PDQ39 mobilità 80 ADL 54,1 emotional well being 37,5 stigma 68 supporto sociale 75 cognition 75 communication 66 bodily discomfort 80 mobilità 77,5 Adl 65 emotional well being 75 stigma 0 supporto sociale 0 cognition 43,75 communication 43 bodily discomfort  43,75 EQ-5D 33332 22231 Tinetti 8/28 20/28 FOG 22 10 MDS-UPRDS 76% 43%
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Valutazione della funzionalità della protesi inversa della spalla: analisi clinica, cinematica ed elettromiografica
VALUTAZIONE DELLA FUNZIONALITÀ DELLA PROTESI INVERSA DELLA SPALLA: ANALISI CLINICA, CINEMATICA ED ELETTROMIOGRAFICA Balsamo S., Pecoraro A., Guglielmino C., Massimino P., Cassarino A.M., Cavallaro C., Di Giunta A., Vecchio M. Centro Clinico Diagnostico Policlinico G.B. Morgagni di CATANIA Unità funzionale di Chirurgia Ortopedica Unità funzionale di Riabilitazione PREMESSE E SCOPO DELLO STUDIO Per protesi inversa di spalla (Reverse Shoulder Prosthesis) si intende una particolare protesi i cui componenti costitutivi presentano un disegno inverso rispetto alla normale anatomia dell’articolazione gleno-omerale. Il razionale di questo stu-dio nasce dalla necessità di verificare la funzionalità dell’impianto della protesi inversa di spalla. Questo lavoro si pone l’obiettivo di analizzare la “nuova” cinematica articolare e di valutare come e se questa protesi permetta il recupero arti-colare e il miglioramento della sintomatologia algica. MATERIALI E METODI Sono stati selezionati 10 pazienti operati per protesi inversa di spalla presso l’Unità Funzionale di Chirurgia Ortopedica e ricoverati presso l’Unità Funzionale di Riabilitazione del Centro Clinico Diagnostico G.B. Morgagni di Catania. Per ogni paziente, in diversa epoca post-chirurgica, è stata applicata la scala visivo-analogica del dolore (VAS) e la scala di Con-stant-Murley, sono state calcolate la distanza tra l’acromion e il trochite omerale (AGT), la lunghezza deltoidea (DL) e la distanza del centro di rotazione (CoR) mediante esame radiografico sia pre- che post-operatorio. Mediante il dispositivo S-HoW Motion sono state registrate le escursioni articolari nei diversi piani dello spazio e l’attivazione muscolare (sono stati valutati i fasci anteriore, medio e posteriore del deltoide, il fascio superiore del trapezio e il grande pettorale) durante l’esecuzione delle stesse. RISULTATI La protesi inversa di spalla, con medializzazione del centro di rotazione e componente omerale lateralizzata (Equinoxe®, Exactech, Inc, Gainesville, Fl, Usa) porta a miglioramenti statisticamente significativi per quanto riguarda la sintomatolo-gia dolorosa riferita dal paziente e la scala di Constant-Murley. Miglioramenti statisticamente significativi sono stati regi-strati per quanto riguarda l’elevazione e l’abduzione, viceversa le variazioni della rotazione interna ed esterna non sono statisticamente significative, ma risultano, per lo più, correlate al tempo trascorso e alle sedute di fisiokinesiterapia effet-tuate. Lo studio elettromiografico di superficie dei muscoli esaminati conferma l’importanza del fascio medio deltoideo come motore principale di questo tipo di protesi. CONCLUSIONI Lo studio sperimentale proposto permette di affermare che l’impianto di protesi inversa di spalla, risulta essere un effica-ce strumento per il recupero articolare del paziente e la riduzione della sua sintomatologia algica. Un protocollo intensivo e specifico riabilitativo, di durata medio-lunga, si rende necessario per incrementare, ottimizzare e stabilizzare i risultati. BIBLIOGRAFIA • Hamilton MA, Diep P, Roche C, Flurin PH, Routman H. Effect of prosthesis design on muscle length and moment arms in reverse total shoulder arthroplasty. Bull Hosp Jt Dis (2013). 2013;71 Suppl 2:S31-5. • Routman HD, Flurin PH, Wright TW, Zuckerman JD, Hamilton MA, Roche CP. Reverse Shoulder Arthroplasty Prosthesis Design Classification Sy-stem. Bull Hosp Jt Dis (2013). 2015 Dec;73 Suppl 1:S5-14. • Farshad M, Gerber C. Reverse total shoulder arthroplasty-from the most to the least common complication. Int Orthop. 2010 Dec;34(8):1075-82.
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Impatto di un protocollo riabilitativo misto su donne operate per carcinoma mammario in termini di fatigue, qualità di vita e performance muscolare. Studio prospettico di coorte
Impatto di un protocollo riabilitativo misto su donne operate per carcinoma mammario in termini di fatigue, qualità di vita e performance muscolare. Studio prospettico di coorte Lorenzo Lippi1, Alessandro de Sire1, Sabrina Pasqua2, Alessio Baricich1,2, Marco Invernizzi1, Carlo Cisari1,2 1 Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Scienze della Salute, Università del Piemonte Orientale, Novara 2 Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Maggiore della Carità”, Novara Introduzione La Cancer Related Fatigue (CRF) è definita come un senso angosciante e persistente di stanchezza fisica, emotiva e/o cognitiva legata al cancro o al trattamento oncologico, non proporzionale all’attività svolta [1]. Questo disturbo ha una prevalenza che varia tra il 15% e il 90% a seconda del tipo e della fase della malattia oncologica e dei criteri diagnostici utilizzati [2]. La CRF influisce profondamente sulla qualità della vita (HRQoL, health-related quality of life) dei pazienti in termini fisici, psicosociali, economici e professionali. Viene identificata dai pazienti come uno dei sintomi più stressanti associati al cancro e al suo trattamento, ma è stata in passato sottostimata in quanto considerata erroneamente come naturale causa di morbilità correlata al trattamento oncologico [2]. Ad oggi, tuttavia, l’identificazione della CRF è diventato un obiettivo principale per l’assistenza e il supporto dei pazienti oncologici e le linee guida di diversi gruppi di esperti raccomandano un attento screening [1]. La gestione della CRF comporta un trattamento specifico per le cause potenzialmente reversibili e misure sintomatiche quando non è possibile identificare un’eziologia evidente. Le misure di trattamento basate sui sintomi comprendono counseling, terapie farmacologiche e non farmacologiche, come esercizio fisico e agopuntura [3]. Sebbene molti pazienti affetti da CRF abbiano difficoltà a credere che l’esercizio possa migliorare i loro sintomi, i programmi di allenamento possono migliorare le capacità funzionale, portando a uno sforzo ridotto nello svolgimento delle Activities of Daily Living (ADL) e ad una riduzione della percezione della fatigue [1,3]. L’obiettivo di questo studio è stato valutare l’impatto di uno specifico protocollo di esercizio terapeutico sulla CRF in donne operate per carcinoma mammario. Materiali e Metodi In questo studio prospettico di coorte abbiamo incluso donne adulte afferenti presso l’Ambulatorio di Riabilitazione Oncologica della AOU “Maggiore della Carità” di Novara, sottoposte ad intervento chirurgico per carcinoma mammario da almeno due mesi, con diagnosi di fatigue (secondo criteri ICD-10 WHO) e con aspettativa di vita >6 mesi. Abbiamo escluso pazienti con Hb <9 g/dl, ipotiroidismo clinico, piastinopenia (<150.000/mm3), metastasi cerebrali o ossee. Le pazienti sono state sottoposte ad un protocollo di esercizi misti, aerobici e contro resistenza, della durata di un mese con 2 sedute di 60 minuti a settimana. Abbiamo valutato come outcome primario la Brief Fatigue Inventory (BFI) per la valutazione della CRF. Outcome secondari sono stati: a) European Organization for Research and Treatment of Cancer Quality of Life Questionnaire (EORTC QLQ–C30), per la valutazione della HRQoL; b) Hand Grip Strength Test (HGS), per la valutazione della forza muscolare; c) Short Physical Performance Battery (SPPB) e d) 10 meter walking test (10MWT), per la valutazione della performance muscolare; e) 6 minute walking test (6MWT), per la valutazione della capacità funzionale residua; f),massa magra, massa grassa e indice di massa magra valutati mediante bioimpedenziometria (BIA), per la determinazione della composizione corporea. Tutti gli outcomes sono stati valutati al baseline (T0), dopo un mese di trattamento (T1), a 3 mesi dal baseline durante visita di follow up (T2). La Figura 1 mostra la flow chart dello studio. Risultati Sono state valutate un totale di 68 pazienti delle quali solamente 26 rispettavano i criteri di inclusione ed esclusione ed hanno accettato di essere sottoposte al trattamento. Abbiamo successivamente registrato un drop out di 5 pazienti. Le 21 pazienti costituenti il campione avevano un’età media di 54,3 ± 7,3 anni e un body mass index medio di 25,4 ± 5,9 kg/m2. Non si sono evidenziate differenze statisticamente significative in termini di BFI né al termine del trattamento (T1) (5,0 ± 1,7 vs 4,4 ± 2,1 ; NS), né alla visita di follow-up a 3 mesi (T2) (5,0 ± 1,7 vs 4,9 ± 1,8; NS). D’altra parte, sono stati osservati miglioramenti statisticamente significativi della HRQoL e dei parametri funzionali sia a T1 che a T2. La Figura 2 mostra i risultati dei diversi outcomes nei differenti timepoints. I parametri valutati mediante BIA non ha mostrato invece modificazioni significative. Conclusioni Un protocollo di esercizio terapeutico mirato della durata di un mese non ha ridotto significativamente la CRF in donne operate per carcinoma mammario, ma ha apportato un significativo miglioramento in queste pazienti in termini di HRQoL, forza e performance muscolare sia al termine del trattamento che alla visita di follow-up a 3 mesi. Questo studio ha dato ulteriori prove del fatto che la CRF sia una condizione clinica correlata non solo alla funzionalità fisica ma anche alla componente psicologica (non considerata in questo studio). Sono necessari ulteriori studi per indagare quali siano le migliori modalità di intervento e il ruolo dell’esercizio fisico all’interno della gestione multidisciplinare della CRF in donne operate di carcinoma mammario. Bibliografia 1. Bower JE, Bak K, Berger A, et al.; American Society of Clinical Oncology. Screening, assessment, and management of fatigue in adult survivors of cancer: an American Society of Clinical oncology clinical practice guideline adaptation. J Clin Oncol. 2014 Jun 10;32(17):1840-50. 2. Stone P, Richardson A, Ream E, Smith AG, Kerr DJ, Kearney N. Cancer-related fatigue: inevitable, unimportant and untreatable? Results of a multi-centre patient survey. Cancer Fatigue Forum. Ann Oncol. 2000 Aug;11(8):971-5. 3. Cramp F, Byron-Daniel J. Exercise for the management of cancer-related fatigue in adults. Cochrane Database Syst Rev. 2012 Nov 14;11:CD006145.
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Ortesi dinamiche per il controllo dell’iperestensione di ginocchio in pazienti con sclerosi multipla: un caso clinico studiato con analisi del movimento
47° Congresso Nazionale SIMFER 29/9-2/10 FIRENZE ORTESI DINAMICHE PER IL CONTROLLO DELL’IPERESTENSIONE DI GINOCCHIO IN PAZIENTI CON SCLEROSI MULTIPLA: UN CASO CLINICO STUDIATO CON ANALISI DEL MOVIMENTO. Fabrizio Gervasoni 1, Francesca Morello 2, Alessandro Robustelli 2, Lucia Romano Bernardini 2, Giorgio Meloni 3, Arnaldo Andreoli 1 1. U.O. Riabilitazione Specialistica – Ospedale Luigi Sacco – A.S.S.T. Fatebenefratelli Sacco, Milano – Italia 2. Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa – Università degli Studi di Milano, Milano – Italia 3. Ingegneria Industriale – Curriculum Biomedico – Università Niccolò Cusano, Roma – Italia INTRODUZIONE Il genu recurvatum è l’iperestensione di ginocchio superiore a 5° durante l’appoggio dell’arto inferiore al suolo, con un incremento del lavoro meccanico richiesto a causa dello spostamento in avanti della linea di carico rispetto all’asse del ginocchio, condizionante una riduzione della velocità di marcia. Il ginocchio recurvatum può verificarsi in numerose patologie neurologiche e muscolo-scheletriche, tra cui: miopatie, ictus, paralisi cerebrale, malattia del motoneurone, poliomielite e sclerosi multipla. L’utilizzo di un tutore dinamico rinforzato per antirecurvatum (ginocchiera CHECK) in pazienti affetti da sclerosi multipla con iperestensione di ginocchio in fase di appoggio può migliorare la stabilità di ginocchio e la sicurezza durante la deambulazione. L’efficacia biomeccanica dell’ortesi dinamica per il controllo dell’iperestensione di ginocchio può essere documentata ricorrendo a un protocollo di analisi del movimento con gait analysis. MATERIALI E METODI Dati paziente Sesso: ♀ Età: 64 anni Diagnosi: Sclerosi multipla recidivante-remittente Analisi del movimento Eseguita presso il Laboratorio di gait analysis di ORThesys – Via A. Bazzini, 2 – Milano. Valutazione funzionale Ipertono bilaterale degli arti inferiori, in particolare in corrispondenza dei muscoli della coscia destra. La deambulazione è possibile in autonomia con l’ausilio di un bastone semplice (portato a destra), ed è caratterizzata da andatura atassica con severa iperestensione del ginocchio destro in fase di accettazione del carico. Prove effettuate Sono stati raccolti dati con protocollo di analisi del movimento Davis e sonde elettromiografiche di superficie wireless durante la statica e la deambulazione in tre diverse condizioni: ■Senza tutore (con l’ausilio di un bastone), ■Con tutore dinamico rinforzato antirecurvatum (con bastone). ■Con tutore avvolgente con incrocio posteriore a X (con bastone). ■ Le tre prove sono state ripetute senza bastone con assistenza. PROVA SENZA TUTORE La prova senza tutore è stata effettuata con l’ausilio di un bastone semplice a destra. La deambulazione è caratterizzata da tendenza a mantenere l’arto inferiore destro in flessione di ginocchio fino al momento dell’accettazione del carico, fase in cui si osserva una rapida iperestensione del ginocchio con conseguente marcata instabilità. PROVA CON TUTORE SEMIRIGIDO I dati rilevati con l’analisi del movimento con tutore avvolgente con incrocio posteriore a X, confermano un miglioramento dell’escursione articolare durante il cammino, ma evidenziano una riduzione dell’escursione articolare di caviglia e della capacità di assorbimento del carico da parte del ginocchio destro. PROVA CON TUTORE DINAMICO CHECK Alla prova con tutore CHECK si osserva la riduzione della tendenza al mantenimento del ginocchio destro in valgo durante il ciclo del passo e un miglioramento della forza di reazione al suolo medio-laterale. ESAME BAROPODOMETRICO Indossando la ginocchiera CHECK in stazione eretta si osserva una riduzione del sovraccarico sull’arto inferiore sinistro e una migliore distribuzione del carico a destra. CARATTERISTICHE DEI TUTORI Tutore avvolgente con incrocio posteriore a X Realizzato per le instabilità di ginocchio mediali e laterali. Con cinture regolabili applicate a livello del cavo popliteo contrasta l’instabilità in recurvato. Tutore dinamico CHECK Realizzato in lega di alluminio con 4 punti di ancoraggio, rende possibile il movimento attivo in flessione di ginocchio mentre ne impedisce l’iperestensione. DISCUSSIONE Il confronto dei dati ottenuti nelle differenti prove di analisi del movimento documenta un maggiore controllo del ginocchio recurvato durante il cammino con ortesi dinamica rinforzata di ginocchio CHECK, rispetto ai risultati conseguiti con tutore avvolgente con incrocio posteriore a X. La maggiore stabilità del ginocchio favorisce un miglioramento complessivo dei parametri cinematici del passo, in particolare per quanto concerne la stabilizzazione di bacino, con conseguente riduzione del lavoro meccanico richiesto durante la deambulazione e della possibile degenerazione artrosica del ginocchio. Perciò, indossando questa ginocchiera, la paziente riferisce maggiore sicurezza durante il cammino e minore soggettiva insorgenza di faticabilità. CONCLUSIONI L’utilizzo di un’ortesi dinamica rinforzata per antirecurvatum CHECK, adattata al paziente e correttamente posizionata, può favorire il controllo dell’iperestensione di ginocchio in pazienti con sclerosi multipla, riducendo significativamente la faticabilità durante il cammino. Il Progetto Riabilitativo Individuale (P.R.I.) per pazienti affetti da sclerosi multipla con schema del passo alterato da iperestensione di ginocchio durante la fase di singolo appoggio, può quindi prevedere la prescrizione di un tutore dinamico rinforzato per antirecurvatum, in associazione al trattamento riabilitativo fisiocinesiterapico finalizzato all’addestramento all’utilizzo del tutore, al miglioramento dell’equilibrio statico e dinamico e al raggiungimento della massima autonomia e sicurezza nella deambulazione. BIBLIOGRAFIA Appasamy M. et al. Treatment Strategies for Genu Recurvatum in Adult Patients with Hemiparesis: A Case Series. PM R 7 (2015) 105-112. Requier B. et al. Knee-ankle-foot orthoses for treating posterior knee pain resulting from genu recurvatum: efficiency, patients’ tolerance and satisfaction. J Rehabil Med 2018; 50: 451–456.
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Relazione tra tecniche di medicina integrata ed outcome riabilitativo nei pazienti complessi con protesi totale di anca e ginocchio
47° Congresso Nazionale SIMFER, Firenze – 29 Settembre, 2 ottobre 2019 “Relazione tra tecniche di Medicina Integrata ed outcome riabilitativo nei pazienti con protesi totale di anca e ginocchio.” Ciliberti S1., Cracolici F. 2, Ferreri R.2, Elia A.L.2, Braccesi G.2, Tripodi R.1 1. U.F. Riabilitazione Manciano USL Toscana Sud est 2. U.O. Medicina Integrata USL Toscana Sud Est Introduzione: Numerose evidenze di letteratura dimostrano l’efficacia delle tecniche di Medicina Integrata (agopuntura, omeopatia e nutraceutica) in associazione alle tecniche di “medicina convenzionale” nel miglioramento dell’outcome riabilitativo dei pazienti sottoposti ad artoprotesi totale di anca e ginocchio.[1][2] L’obiettivo del nostro lavoro di ricerca è finalizzato a ricercare ulteriori prove di efficacia di questi protocolli di trattamento integrati in pazienti anziani, con comorbidità multiple, analizzati con misure standardizzate e riproducibili e valutati, in misurazioni seriate nel tempo, dal periodo post-operatorio a tutto il percorso riabilitativo con particolare attenzione alle variazioni nel dosaggio e nelle modalità d’uso di farmaci antidolorifici. Materiali e Metodi: Sono stati reclutati 79 soggetti ( casi n= 38, HC n= 41) arruolati nel biennio 2017-2018, di età superiore ai 65 anni, afferenti al Reparto di riabilitazione del Presidio Ospedaliero di Manciano (Centro pilota CAM “Medicina Complementare ed Alternativa) sottoposti ad intervento di protesi totale di anca e di ginocchio ai quali sono state somministrate, oltre alla valutazione clinica, specifiche scale di valutazione. In particolare: 1. Visual Analogical scale (VAS), metodo di misurazione delle caratteristiche soggettive del dolore provato dal paziente. Consiste in una striscia di carta di 10 cm che presenta alle due estremità due “end points” che vengono definiti come “nessun dolore” ed “ il massimo dolore”, che il paziente annota, considerando anche le misurazioni intermedie. Le misurazioni successive alla prima, permettono di capire come varia ad una determinata distanza di tempo la percezione del dolore da parte del paziente. Rappresenta, dunque, una misura indiretta dell’efficacia dei trattamenti in termini di riduzione del dolore. 2. 2. Barthel Index (BI), sistema di codifica del grado di autonomia raggiunto dal paziente. Si compone di 10 item che includono le comuni attività della vita quotidiana. Ad ogni item viene attribuito un punteggio (massimo 100), che sarà raggiunto tramite la somma dei punteggi ottenuti nelle diverse aree analizzate. 3. . Motricity Index (MI) a scala ordinale che valuta le abilità motorie e funzionali degli arti. I movimenti oggetto della valutazione sono generalmente 6 ed i punteggi, attribuiti sulla base della qualità del movimento variano da 0 a 33 ( per un massimo di 100 per ogni arto). Dalla somma totale è possibile ottenere un’analisi delle capacità residue del paziente in modo da individuare le aree che necessitano di maggiore attenzione clinica. Metodi: le suddette scale sono state somministrate in 3 tempi a 8 giorni dall’intervento (T0), dopo 7 giorni di ricovero (T1) e dopo 12 giorni dall’inizio dei trattamenti integrati (T2). Risultati e Discussione: L’analisi dei nostri dati ha permesso di verificare un miglioramento in tutte le scale nelle performance riabilitative dei pazienti nel periodo di Medicina Integrata (CAM total), tale miglioramento è altamente significativo per le scale: Motricity Index del lato affetto (p <0.001) e New Barthel (p <0.004) che sono, peraltro, le scale più significative nella valutazione del recupero funzionale (Tabella 1) E’ stato, inoltre, confrontato il consumo dei farmaci antidolorifici nei nostri pazienti rispetto ad un gruppo di controllo che affrontava esclusivamente il percorso riabilitativo “classico”. Un percorso riabilitativo standard è un processo sequenziale che parte da obiettivi minimi iniziali ottenuti mediante l’allineamento posturale, finalizzato a prevenire retrazioni, posture scorrette, contratture muscolari e l’insorgenza di piaghe da decubito. Progressivamente vengono introdotti esercizi respiratori, massoterapia ( dopo la rimozione del tutore) , mobilizzazione passiva, attiva, con raggiungimento progressivo della posizione semi-seduta, stazione eretta, deambulazione. I pazienti che effettuano il protocollo di Medicina Integrata sono stati sottoposti, previo consenso informato scritto, a n. 6 sedute di Agopuntura , con ausilio di magistrale omeopatico. I protocolli prevedevano sedute bisettimanali di agopuntura tradizionale cinese e dei microsistemi (Sujock ed Auricoloterapia) (Figura 1). Nei soggetti sottoposti al protocollo CAM si nota una graduale riduzione dei punteggi della VAS totale da T0 a T2; un aumento progressivo dell’indipendenza funzionale ed un miglioramento della funzione articolare, significativa rispetto ai controlli. L'analisi dimostra una considerevole riduzione del consumo di farmaci nel periodo della Medicina Integrata (Tabella 2). In particolare per nessun paziente nel periodo CAM è stato necessario ricorrere a morfina e oppiodi; i pazienti che hanno avuto bisogno di farmaci analgesici minori (FANS) sono stati il 54% (n= 21). Mentre l'63% (n= 24) dei pazienti nel periodo CAM ha sospeso la terapia analgesica entro la prima settimana di terapia. Conclusioni: L’analisi dei nostri dati, sebbene ancora preliminare, consente di dimostrare, in accordo con i dati della letteratura presente, la maggiore efficacia del trattamento integrato rispetto ai trattamenti standard della medicina “convenzionale” . L’utilizzo nelle procedure riabilitative standard, soprattutto in popolazioni in fasce d’età a rischio o in pazienti con comorbidità multiple, diventa auspicabile vista la comprovata efficacia ed il miglioramento della qualità di vita globale riscontrato. Referenze: 1. Chen CC, Yang CC, Hu CC, Shih HN, Chang YH, Hsieh PH. Acupuncture for pain relief after total knee arthroplasty: a randomized controlled trial. Reg Anesth Pain Med. 2015 Jan-Feb;40(1):31-6. doi: 10.1097/AAP.0000000000000138. 2. Daniel J. Crespin, MSPH, Kristen H. Griffin, MA, MPH, Jill R. Johnson, PhD, Cynthia Miller, RN, LAc, Michael D. Finch, PhD, Rachael L. Rivard, Scott Anseth, MD, and Jeffery A. Dusek, PhD Acupuncture Provides Short-term Pain Relief for Patients in a Total Joint Replacement Program Pain Med. 2015 Jun; 16(6): 1195–1203. Published online 2015 Jan 13. doi: 10.1111/pme.12685 3. Xin-Xin Ye, Yu-Zhen Gao, Zhong-Bo Xu, Qi-Xi Liu, and Chen-Ju Zhan Effectiveness of Perioperative Auricular Therapy on Postoperative Pain after Total Hip Arthroplasty: A Systematic Review and Meta-Analysis of Randomised Controlled Trials Evid Based Complement Alternat Med. 2019; 2019: 2979780. Published online 2019 Mar 3. doi: 10.1155/2019/2979780
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Nuovo approccio combinato per trattare un atleta con tendinopatia del rotuleo: PRP e Programma Riabilitativo con esercizi sub massimali eccentrici ed autorieducazione. Case report
Nuovo approccio combinato per trattare un atleta con tendinopatia del rotuleo: PRP e Programma Riabilitativo con esercizi submassimali eccentrici ed autorieducazione. Case report. De Masi De Luca A.; Matassi F.; Abruzzese L.; D’Elia G.; Del Prete C.M.; Sanapo M.; Innocenti M. Ospedale Cardinale Panico Tricase (Lecce); CTO – Firenze. Background: Diversi studi hanno dimostrato la necessità di un programma di Riabilitazione dopo l’infiltrazione di plasma ricco di piastrine (PRP) in casi di tendinopatia del rotuleo. La maggior parte di essi descrive solo brevemente il protocollo di rieducazione e questi programmi sono molteplici. Il nostro obiettivo è stato quello di descrivere come l’approccio PRP supportato da uno specifico programma di riabilitazione che si basasse su esercizi eccentrici sub-massimali ed autorieducazione, sia stato per un atleta d’elite un approccio di grande e duraturo beneficio. Metodi: Dopo una revisione della letteratura sui protocolli di infiltrazione post-PRP, abbiamo sviluppato un Protocollo Riabilitativo. Un programma eccentrico progressivo sub-massimale, supervisionato da un fisioterapista per 6 settimane è stato iniziato una settimana dopo l’ultima infiltrazione. Il paziente ha beneficiato anche di elettrostimolazione, rinforzo isometrico e stretching del quadricipite, cicloergometro e crioterapia. Concluso il programma supervisionato, il paziente ha effettuato un auto-rieducazione aggiunta al protocollo di riatletizzazione per altre 6 settimane, seguita da esercizi propriocettivi fino ad un anno. Le valutazioni sono state fatte utilizzando i punteggi VAS, IKDC, e VISA-P. Le 4 infiltrazioni di lisato piastrinico preparato grazie alla collaborazione del nostro Centro Trasfusionale, sono state effettuate a 10 giorni di distanza l’una dall’altra con ecoguida nei nostri Ambulatori. Risultati: I punteggi VAS (6), IKDC (45) e VISA-P (40) valutati a 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 9 mesi sono migliorati significativamente sin dal primo mese di trattamento (3,5-55-60), sin dalla seconda infiltrazione di PRP (T1, T3, T6, e T9) fino ad un anno di osservazione del caso (1,5-78-75). Il paziente ha avvertito un miglioramento soggettivo del dolore, un netto miglioramento della funzionalità e della performance del ginocchio che perdurava anche in T3, T6, e T9 mantenendo un ottimo tono muscolare. Conclusioni: Il protocollo utilizzato è stato semplice ed efficace e di buona compliance e si è basato sul trattamento combinato con infiltrazioni di PRP e un programma di Riabilitazione basato sulla rieducazione eccentrica sub-massimale ed un periodo di auto-rieducazione durante la riatletizzazione in un caso di tendinopatia rotulea. Il paziente è stato precocemente riabilitato per poter tornare alle sue competizioni in maniera performante, efficace e duratura. Tale protocollo grazie alla semplicità di esecuzione e riproducibilità può essere considerato uno strumento utile per la fase di riatletizzazione degli atleti. Firenze, 29 settembre -2 ottobre 2019
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Effetti della manovra AMST su pazienti affetti da Malattia di Parkinson
Effetti della manovra AMST su pazienti affetti da Malattia di Parkinson Effects of the AMST maneuver on patients with Parkinson’s disease F. Galluzzi3,4, P.Lazzerini3,4, G.Guerrieri3, M.L. Bovino3, G. Granducci5, R. Sandrini5, M.A. Bagni1,2,3, D. Melchiorre1,2,3 1Dept. Experimental and Clinical Medicine, Florence Univ., Florence, Italy; 2Research Laboratory for Movements in the Biological Systems, UNISER, Pistoia, Italy; 3Grimaldi Association, Italy; 4Neurological Rehabilitation Service, Hospital of Barga, Az USL NOT, Lucca, Italy; 5Italian Parkinson Association (AIP), Lucca, Italy INTRODUCTION AND AIM Parkinson’s Disease (PD), a neurodegenerative disorder, is characterized by mobility deficits in patients (pts) as difficulties with transfers, posture, balance, and walking (Fig 1). At present, the basic pillars of PD treatment is drug therapy. However, over the past decade, physical therapy has been put forward as an alternative treatment and it is often prescribed next to medical treatment but does not play yet a specific role. The Muscle Shortening Manoeuvre (AMST), introduced by Grimaldi et al. (1) and derived from Feldman’s model of motor control (2), is a therapeutic exercise that has been used in neurologic, orthopedic and rheumatologic pts with good results on recovery of muscle strength, postural stability and pain reduction (3-5). The MSM consists in shortening a target muscle group approaching the origin to the insertion while at the same time an external force tries to lengthening it. The stretching determines the fusorial discharge but this is not able to let the motoneurons enter in the activation area since the same muscle is shortened, and that implies a departure from the discharge threshold. This process is supposed to produce an instructional catastrophe in the neuromuscolar spindles forcing them to set new muscle thresholds (6). The phenomenon can just be framed in the «learning» processes. Aim of this study was to evaluate the equilibrium and stability by AMST in comparison with traditional rehabilitation (TR) in pts with PD. METHODS A sample of pts (n=12) of both sexes diagnosed with idiopathic PD was recruited at «Italian Parkinson Association» (IPA) of Lucca according to the following inclusion criteria: 1) modified Hoehn & Yahr stage 3 (mild to moderate bilateral disease, some postural instability, physically independent), 2) no clinical history of dementia, neurological deficits or any other preexisting condition that could limit limb movement, and 3) no medical or surgical interventions that could interfere with the motor function; no pace maker. 10 PD pts met the inclusion criteria and were randomly allocated with a 1:1 ratio to the intervention program group (MSM) or to the control group (CG). Every patient has been evaluated using three different scales, before and after the treatment: ReTos: developed by Tuscany, to outline pts at risk of falling. Maximum score is 21 points: pts with score of 7 or more are at risk of falls. Tinetti Scale: used to evaluate balance and walking in pts. Maximum score is 28, walking patient at low risk of falling Barthel Index: used to evaluate Activities of Daily Living. Maximum score is 100, patient is completely independent. Pts in both groups completed 10 sessions at a rate of three non-consecutive sessions per week. DYNAMIC BALANCE In all pts, before and after AMST or TR therapy, the dynamic balance was assessed using the Timed UP and GO (TUG) test (Fig. 3) with WIVA sensors, a set of wireless inertial detection devices placed in L4-L5 spinal segment. WIVA sensors include an accelerometer, a magnetometer and gyroscope that allows to gather information about the angular velocities reached during TUG. In addition, WIVA records split time data in the early stages of TUG (Sit to Stand, Gait to Go (3m), Turning, Gait Return (3m), and Stand to Sit) and the total time required to complete the task. RESULTS Fig. 3 AMST GROUP (n=5) MSM acting on the dorsal muscle for 20 min with the patient in setting position and on the rectus abdominis for 20 min, the patient was in supine position with feet together. 15 min of treadmill at 2.5 Km/h. This specific AMST exercise was chosen to hinder the camptocormic attitude-behavior and to recover the physiological pelvis retroversion, improving barycenter stability. CG GROUP (n=5) 15 min of passive exercises on lower limbs; 45 min of active exercises on lower limbs. Deambulation exercises in different directions at various velocities with direction changes and different difficulties as obstacles, perpendicular stripes, skittles. Standard stability and posture exercise. 15 min of treadmill at 2.5 Km/h. MSM on the dorsal muscle MSM on the rectus abdominis Schematic diagram of MSM Fig. 2: AMST used in this trial. In AMST a series of fast accelerations is applied to the target muscle in the upward direction while it is also subjected to forces acting in the opposite direction (added mass). The manoeuvre provokes a dynamic lengthening associated with sudden shortening of the muscles. The subject was connected to a spring (elastic element) through a metal plate equipped with a ring and connected to a pulley system. For all subjects a weight was applied using an elastic belt. A physiotherapist acting on the rope (Input) induced oscillations of the system provoking excursions (cm) along the main axis of the muscle with a frequency of 2 Hz. The manoeuvre lasted 20 minutes and it was performed only once in every subject. The results showed an improvement in percentage of the stability in the turning of pts treated with AMST (19%) in comparison with pts treated with TR (13%) (Fig.4). Further, the Tinetti Scale showed an increased of 16% in pts treated with AMST respect to 12% in pts treated with TR. At the one-year follow-up there were no falls in the AMST group while some episodes occurred in the control group patients. CONCLUSIONS These preliminary unexpected data suggested that AMST is useful in improving the safety of the movement in pts with PD, even after one year. It will be need further evaluations to confirm these results. Some protocols of the method represent a useful resource alternatively or in integration of the actual therapeutic procedures. REFERENCES 1. Grimaldi L., Lippi, P., Marri, P., Fantozzi, M., Bracci, R. Evoking of absent motor components in CNS lesions. Editori Giardini, Pisa (1986-88); 2. Feldman A.G., Levin F.M. The origin and use of positional frames of reference in motor control. Behav Brain Sci 1995: 18, 723-806; 3. Crippa A. et al. Effects of sudden, passive muscle shortening according to Grimaldi’s method on patients suffering from multiple sclerosis: a randomized controlled trial. Neurorehabil Neural Repair 2004: 18, 47-52; 4. Melchiorre, D. et al. Muscle shortening manoeuvre reduces pain and functional impairment in shoulder impingement syndrome: clinical and ultrasonographic evidence. Clin Exp Rheumatol. 2013: 31, 5-10; 5. Melchiorre, D. et al. Muscle shortening maneuver and not topical anti-infiammatory therapy is effective in reducing the width of subacromial-subdeltoid bursa in shoulder impingement syndrome. Proc. SPIE 2018: 10582, 1-6; 6. . Feldman A.G., Anatol G. Space and time in the context of equilibrium-point theory. WIREs Cognitive Science, 2010 Fig. 4
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Il percorso delle GCA dalla rianimazione al territorio. L’esperienza della ASL TNO
XLVII Congresso Nazionale SIMFER “In Movimento” Leonardo da Vinci 500 anni dopo Firenze 29 settembre-2 ottobre 2019 IL PERCORSO DELLE GCA DALLA RIANIMAZIONE AL TERRITORIO. L’ESPERIENZA DELLA AVNO A. Virgillito; M. Bresci; C. Ciappetta; S.Dalise; M.E.Girò; M.Venturi; C.Laddaga. Introduzione: I cambiamenti demografici ed epidemiologici degli ultimi anni hanno determinato, assieme allo sviluppo delle reti tempo-dipendenti e alla diffusione della cultura della prevenzione stradale, un cambiamento significativo dell’incidenza eziopatogenetica delle GCA. Di conseguenza si è reso necessario rivedere il percorso di presa in carico riabilitativa di questi pazienti, non solo per garantire il miglior outcome nella fase più vicina all’evento acuto, ma soprattutto per costruirne il rientro nel proprio contesto di vita. Per questo diventa attuale la scelta di modelli organizzativi diversi da quelli tradizionali incentrati sui Reparti di Riabilitazione Cod. 75 e sulla permanenza molto prolungata negli stessi, in assenza sul territorio di Strutture capaci di modulare il passaggio dal bisogno riabilitativo a quello socio-assistenziale. Materiali e Metodi Sono stati presi in considerazione i pazienti ricoverati presso il P.O. di Livorno con diagnosi di GCA nel corso del 2017. Di ciascuno di essi è stato ricostruito il percorso dalla fase acuta fino al rientro a domicilio, dove è stato possibile effettuarlo, sulla base delle SDO delle Rianimazioni e dei reparti di cod 75 territoriali. Risultati L’analisi del percorso di ciascun paziente ci ha consentito di dimostrare che il rientro a domicilio o comunque l’inserimento in strutture residenziali è facilitato dalla continuità della presa in carico e dal progressivo passaggio da setting a maggior intensità riabilitativa a setting maggior valenza socio-assistenziale. Conclusioni I dati raccolti ci consentono di affermare che, là dove l’équipe riabilitativa territoriale è ben strutturata e presente, soprattutto con interventi cadenzati e capaci di guidare il riavvicinamento del paziente al proprio contesto sociale ed abitativo si riducono fortemente ricoveri inappropriati e ripetuti dei pazienti
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Disturbo dell’equilibrio nel paziente con BPCO riacutizzata: efficacia del training cardiorespiratorio
Valutazione degli effetti sull’equilibrio del trattamento riabilitativo cardio-respiratorio nel paziente BPCO Ausenda C.°, Coletta F.*, Campi E.°, Barutta T.*, Allera Longo C.°, Previtera AM.* ° U.O.C. Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Carlo Borromeo – ASST Santi Paolo e Carlo, Milano * Dipartimento di Scienze della Salute, Università degli Studi di Milano, U.O.C. Riabilitazione Specialistica, Ospedale San Paolo – ASST Santi Paolo e Carlo, Milano INTRODUZIONE Nella nostra esperienza clinica, confermata da diverse evidenze di letteratura, il paziente con BPCO presenta spesso un deficit di equilibrio e del controllo posturale. Questa alterazione risulta correlata a un incrementato rischio di caduta e quindi all’aumento delle comorbidità associate oltre che dei costi diretti ed indiretti per questa patologia. Appare quindi di grande importanza un’accurata valutazione di questa funzione utilizzando strumenti di misura il più possibile riproducibili ed oggettivi; ad oggi i più comunemente utilizzati sono scale di valutazione, in particolare la Berg Balance Scale (BBS) e la Balance Evaluation Systems Test (BESTest). Per quanto validate ed attendibili queste scale sono metodiche operatore-dipendente, pertanto oggetto di bassa riproducibilità inter-operatore. L’idea di questo studio nasce quindi dalla necessità di standardizzare questo tipo di osservazione, inserendo nell’iter di valutazione l’esame di stabilità posturale con pedana stabilometrica. Abbiamo voluto inoltre valutare in che modo il training cardiorespiratorio offerto ai pazienti affetti da BPCO potesse avere un effetto collaterale sul deficit di equilibrio, migliorando oltre alla resistenza allo sforzo anche la stabilità e quindi la sicurezza dei soggetti sottoposti a trattamento. Lo scopo di questo studio pilota è quindi di analizzare nel modo più oggettivo possibile l’evoluzione del controllo posturale nel paziente con BPCO nelle prime due settimane di trattamento fisioterapico cardio-respiratorio. MATERIALE E METODI Per lo studio sono stati selezionati 8 pazienti affetti da BPCO degenti presso la Nostra UO tra il febbraio e il maggio 2019 I pazienti, durante la degenza, sono stati sottoposti unicamente al training cardio-respiratorio standard, oltre che alla terapia medica, senza attività specifica sull’equilibrio, con rilevazione dei dati di emogasanalisi arteriosa, 6 minutes walking test, rilevazione della scala CAT (COPD Assessment Test) ed mMRC (modified Medical Research Council Questionnaire), all’inizio ed alla fine del programma riabilitativo. Contestualmente abbiamo effettuato una valutazione in due tempi su pedana stabilometrica, oltre alla somministrazione della scala BBS. Le variabili considerate come endpoint primari sono state l’ampiezza totale di oscillazione (misurata in unità pari alla minima variazione percettibile dallo strumento, pari a circa 0.5 mm – fig.1) e l’area dell’ellissoide disegnato da tale proiezione (misurata in unità quadratiche con intervallo di confidenza del 90%). Oltre a questi valori abbiamo preso in considerazione la frequenza di oscillazione del punto di proiezione del baricentro su pedana (misurata in Hz) e la posizione del centro medio coronale e sagittale dei pazienti. Le valutazioni sono state eseguite al momento dell’accesso presso l’ U.O. di Riabilitazione Intensiva Cardiopolmonare e al nostro servizio di Fisioterapia e ripetute a distanza di due settimane dalla prima valutazione. Come variabile di confronto è stata utilizzata la valutazione spirometrica per attestare il contestuale miglioramento della performance respiratoria, oltre all’emogasanalisi ed alle scale di valutazione riportate. I valori più avanti riportati sono riferiti alla media aritmetica dei punteggi dei singoli pazienti nei vari test presi in esame. RISULTATI In seguito al training cardiorespiratorio effettuato, abbiamo osservato un miglioramento del quadro clinico complessivo in termini di esperienza soggettiva riferita dai pazienti, con il punteggio medio sulla scala mRC che è passato da 3.25 → 2.25 /5 al momento della seconda valutazione, e sulla scala CAT da 23.14 → 17.63 /40. I valori di EGA hanno mostrato un lieve miglioramento dell’ossigenazione ematica (pO2: 72 mmHg → 73.88 mmHg) a fronte di un diminuzione del fabbisogno di O2 terapeutico, con corrispondente calo della carbossiemia (pCO2 54.9 mmHg → 47.38 mmHg). Anche in termini funzionali abbiamo registrato un miglioramento della performance al 6WT, con un aumento della distanza percorsa in metri (232.6 → 322.0) ed una diminuzione soggettiva della dispnea post esercizio misurata alla scala VAS (3.6 → 1.25 /10). Contestualmente abbiamo registrato un miglioramento costante in termini di autonomia funzionale, misurata attraverso la scala Barthel (76.3 → 88.75 /100). Al contempo, la seconda valutazione eseguita su pedana stabilometrica ha rivelato in maniera pressoché costante un miglioramento dei parametri relativi all’equilibrio presi in esame, con una corrispondente progressione dei punteggi alla scala BBS (42,25 → 49,71 /56). In riferimento ai nostri endpoint primari: – la lunghezza del tracciato disegnato dalle oscillazioni del baricentro su pedana (fig. 2) è stata valutata sia nel paziente ad occhi aperti, passando da 1322.88 U a 961.75 U (miglioramento della performance del 17%) che ad occhi chiusi, passando da 1590.50 U a 1322.88 U (miglioramento della performance del 16.83%) – l’area dell’ellissoide disegnato da tale proiezione (fig.3) è risultata di 73.25 U2 ad occhi aperti, prima del trattamento, e si è ridotta a 50.50 U2 in seguito al training (miglioramento della performance del 31.06%). Tale misurazione è stata ripetuta ad occhi chiusi con valori pari a 83.38 → 70.88 U2 (miglioramento del 14.99%) Per quanto concerne invece i nostri endpoint secondari (frequenza delle oscillazioni antero-posteriori e latero-laterali, velocità media delle stesse e posizione dei centri medi coronale e sagittale), abbiamo notato una progressione meno regolare e pertanto abbiamo deciso di non includerne i dati in questa sede. CONCLUSIONI Nel corso di questo studio pilota abbiamo assistito ad un miglioramento sia nei dati stabilometrici sopra riportati, sia in quelli rilevati attraverso la scala di valutazione BBS, parallelamente ad un miglioramento della performance respiratoria. I risultati preliminari dimostrano l’ ipotesi di lavoro, per cui la riacutizzazione della patologia BPCO, provochi nei pazienti un disturbo dell’equilibrio che migliora con la regolarizzazione degli scambi gassosi. Tuttavia, a causa delle ridotte dimensioni del nostro campione, sarà necessario proseguire lo studio ampliandone la casistica, al fine di formalizzare i risultati alla luce di una maggiore potenza statistica. BIBLIOGRAFIA de Castro LA, Ribeiro LR, Mesquita R, et al. Static and functional balance in individuals With COPD: comparison with healthy controls and differences according to sex and disease severity. Respir Care 2016; 61: 1488–1496. Beuchamp MK, Balance assessment in people with COPD: An evidence-based guide. Chron Resp Dis 2018; 16: 1–8.
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Distonia flessoria dell’arto superiore post-stroke evoluta in distonia estensoria, dopo inoculo di tossina botulinica
TECNOLOGIE ASSISTIVE PER PROMUOVERE IL CONTROLLO DELLA STIMOLAZIONE AMBIENTALE NELLE MINIME COSCIENZE LANZILOTTI C.M., BUONOCUNTO F. Un possibile esito del coma è lo stato di Minima Coscienza. Persone in stato di Minima Coscienza con gravi disabilità motorie e comunicative potrebbero rimanere confinati all’interno di un contesto ambientale ristretto, sviluppando una forte dipendenza dai caregiver: condizione che comprometterebbe le opportunità di progredire verso forme rilevanti di interazione e occupazione (Bruno et al. 2011; Giacino et al. 2014; Lancioni et al. 2014). I programmi di intervento basati sull’uso di supporti tecnologici potrebbero essere, per queste persone, valide prospettive occupazionali, sociali e riabilitative. I programmi sviluppati sono finalizzati a consentire ai partecipanti di (a) accedere a brevi periodi di stimolazione attraverso uno o due microswitches (sensori\ microinterruttori), (b) perseguire la stimolazione e il contatto sociale attraverso la combinazione di un microswitch e di un Speech Generating Device (SGD) o attraverso due SGD e (c) in tale modo, gestire il controllo di eventi ambientali di tipo rilevante. L’impiego delle tecnologie assistive nel processo riabilitativo favorisce il potenziamento delle abilità comportamentali residue e promuove forme di apprendimento attraverso semplici risposte adattive che permettono di gestire l’accesso agli stimoli in maniera autonoma. I microswitches consentono, quindi, a persone con disabilità motorie estese, di controllare la stimolazione esterna, che altrimenti non sarebbero in grado di gestire, attraverso risposte minimali (definite normalmente irrilevanti). Per perseguire gli obiettivi sopramenzionati, l’individuo dovrebbe attivare un dispositivo del tipo tilt o cellula ottica attraverso una risposta minimale. L’obiettivo di questo report è evidenziare, sulla base di una review dei casi trattati, come l’uso di specifici strumenti tecnologici (microswitches e SGD) favorisca l’autodeterminazione, la vigilanza, e il controllo della stimolazione esterna, un’immagine sociale ed una qualità di vita migliori, contrastando l’isolamento e sottolineando la centralità della persona in stato di Minima Coscienza (Hirschberg and Giacino 2011; Lancioni et al. 2017). METODO Il report è basato su una review di programmi sviluppati per un totale di 70 persone in stato di Minima Coscienza. Tra le risposte, per attivare i microswitches e SGD, c’erano risposte semplici, come la chiusura prolungata della palpebra e\o il movimento dell’avambraccio. Tra gli stimoli susseguenti all’attivazione potevano essere utilizzati clip/audiovisivi, musica, foto, preghiere, voci familiari. Gli studi inclusi nella review erano basati su disegni sperimentali a soggetto singolo, quali ABAB. Durante le sessioni, le fasi A di baseline si alternavano alle fasi B di intervento. RISULTATI I risultati ottenuti con i 70 partecipanti coinvolti negli studi sopra menzionati potrebbero essere riassunti dai 3 casi esemplificativi riportati qui di seguito. Le barre riportate nei grafici mostrano le frequenze medie di risposta per blocchi di sessioni; il numero sulle barre rappresenta la quantità di sessioni coinvolte. Le frequenze di risposta riportate per ogni fase B nei diversi blocchi di sessioni sono più che raddoppiate, registrando una differenza significativa rispetto alle precedenti fasi A. CONCLUSIONI I programmi basati sull’uso di tecnologie assistive per persone in stato di Minima Coscienza e deficit motori gravi potrebbero essere considerati efficaci per garantire la possibilità di progredire nel rapporto con l’ambiente circostante e controllare in maniera autonoma le stimolazioni ad esso inerenti.
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Efficacia dell’Ossigeno-Ozono terapia nel trattamento delle infezioni peri-protesiche di ginocchio
Introduzione: Efficacia dell’Ossigeno-Ozono terapia nel trattamento delle infezioni peri-protesiche di ginocchio Alain Rocco, Luigina Misiti, Latino Pamela, Girardi Francesca, Rota Maria Pina, Jessica Veronica Faroni INI divisione Villa Dante – Riabilitazione Neuromotoria e Respiratoria – Ambulatorio di infiltrazioni Sezione di Semeiotica Strumentale in Riabilitazione I volumi della chirurgia protesica anca-ginocchio sono in rapida crescita. In Italia il tasso di interventi di sostituzione delle articolazioni anca-ginocchio tra il 2000 e il 2011 è in linea con la media OCSE e vede un aumento di quasi il 30%. Tra i problemi post chirurgici di maggiore rilievo, le infezioni peri- protesiche rappresentano un importante e rilevante aspetto che necessita di interventi farmacologico-fisioterapici mirati ed adeguati. La mortalità a novanta giorni dei pazienti che riscontrano un’infezione peri- protesica è significativamente maggiore ( p <0.001 ) rispetto a quelli che hanno subito una revisione artroplastica di tipo asettico (3,7% vs 0,8%), e la tendenza si conferma nel tempo a 1 anno. Caratteristiche delle infezioni peri-protesiche sono: presenza di un tragitto fistoloso comunicante con la protesi e/o la cavità articolare, isolamento dello stesso microrganismo da due o più colture di liquido articolare o biopsie di tessuto peri protesico, elevata velocità di eritrosedimentazione (VES) o concentrazione di proteina C-reattiva (CRP), elevato numero di leucociti nel liquido articolare, elevata percentuale di neutrofili nel liquido articolare (PMN%), purulenza nello spazio peri-protesico, isolamento di un microorganismo in una coltura di fluido peri protesico o biopsia di tessuto peri-protesico, infiammazione acuta dei tessuti peri- protesici all'esame istologico. Le infezioni peri-protesiche possono essere presenti anche se si riscontrano un numero inferiore dei criteri riportati e il sospetto clinico è alto. Scopo dello studio: Scopo del presente lavoro è stato quello di valutare l’effetto del trattamento iniettivo di una miscela di ossigeno-ozono a livello dei tessuti molli peri-protesici. Materiali e Metodi: Sono stati presi in carico 10 pazienti affetti da infezione peri- protesica che rientravano nei criteri sopracitati, e sottoposti ad artroprotesi di ginocchio. I pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica, laboratoristica (emocromocitometrico, protidogramma elettroforetico, VES, PCR, esame urine completo) e termografia. I pazienti sono stati sottoposti a 12 sedute di ossigeno- ozono terapia a concentrazioni di 25 microgrammi/ml con iniezioni multiple dei tessuti molli peri-protesici per un totale di 10 cc a seduta. Andamento VES Andamento PCR Risultati e Conclusioni: I pazienti hanno presentato un miglioramento dei parametri clinici già a partire dalla terza seduta, con aumento del ROM in tutti i piani dello spazio, e riduzione della sintomatologia dolorosa (media VAS iniziale 8, media VAS alla terza seduta 5). L’80% dei pazienti alla 12 seduta hanno presentato una riduzione statisticamente significativa degli indici di infiammazione (VES, PCR), un miglioramento della funzionalità motoria ed una riduzione dei flussi vascolari superficiali evidenziabili con termografia. I risultati del presente lavoro dimostrano che l’ossigeno-ozono terapia è una valida alleata alla risoluzione delle infezioni peri-protesiche. Bibliografia: [1] Rheumatol Int. 2008 Dec; 29(2):141-6 [2] J Emerg Med 2008 Apr; 34(3):315-8 [3] Ric Riabil 1997 ;1(1-4), 1997 INI Divisione Villa Dante – Riabilitazione Neuromotoria e Respiratoria – Tel. 0774.35121 – Fax 0774.351275 – www.gruppoini.it alain.rocco@gruppoini.it 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 0 2 4 6 8 10 12 14 Serie1 25 20 15 10 5 0 0 2 4 6 8 10 12 14 -5 Serie1
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Efficacia di un programma di trattamento secondo Back School nel personale dipendente di un’Azienda Ospedaliera: l’esperienza di Parma
Efficacia di un programma di trattamento secondo Back School nel personale dipendente di un’Azienda Ospedaliera: l’esperienza di Parma A. Gallarati,1 Z. Di Franco2, A. Ballotta2, G. Occhipinti2, M. Agosti2, F. Petraglia2, G. Munacò3, K. Anzolla3, Cosimo Costantino1 & Rodolfo Brianti2 Introduzione La lombalgia è la principale causa di disabilità a lungo termine nel mondo, diversi studi hanno provato a quantificarne la prevalenza nelle diverse popolazioni. La sua incidenza nel corso della vita varia del 58-84% ed ogni anno determina la perdita di milioni di giornate lavorative. Il confronto tra le stime dei costi totali, diretti (assistenza sanitaria) e indiretti (perdita di produzione e perdita della produttività) è difficile, tuttavia la lombalgia contribuisce in modo determinante ai costi dell’assistenza sanitaria ed in genere, i costi indiretti sono molto più alti dei costi diretti. Le linee guida NICE propongono tra i trattamenti non invasivi e non farmacologici per i pazienti con lombalgia: 1) l’autotrattamento, attraverso educazione sanitaria, adattata alle loro esigenze e capacità, per aiutarli a gestire autonomamente la sintomatologia, in tutte le fasi del percorso terapeutico; 2) l’esercizio, considerando un programma di esercizi di gruppo (biomeccanico, aerobico, corpo-mente o una combinazione di approcci); 3) programmi di ritorno al lavoro. Diversi approcci terapeutici sono stati proposti negli anni, tra questi la Back School è stata frequentemente utilizzata per il trattamento di persone con dolore lombare. Si tratta di un programma terapeutico, che prevede sia l’educazione sanitaria che l’esercizio per gruppi di pazienti. Nonostante le prove di efficacia a favore di questa metodologia siano ancora deboli, si tratta di un approccio ampiamente utilizzato e concettualmente in linea con le più recenti linee guida internazionali. L’obiettivo di questo studio è valutare l’efficacia di un programma di trattamento secondo Back School nel personale dipendente di un’Azienda Ospedaliera. Materiali e Metodi Questo progetto nasce dalla collaborazione tra la Unità Operativa Complessa di Medicina Riabilitativa ed il Servizio Prevenzione e Protezione dell’Azienda Ospedaliera di Parma. E’ rivolto a tutti i dipendenti aziendali che abbiano manifestato almeno una volta dolore lombare durante l’esercizio delle loro mansioni e che per tale ragione si siano dovuti assentare dal lavoro. Dopo inquadramento clinico, i pazienti selezionati sono stati inclusi in gruppi di esercizio basati sull’approccio combinato tra Back School e rieducazione posturale di gruppo, condotti da fisioterapisti esperti dell’Azienda Ospedaliera di Parma e della durata di 6 ore. Sono stati registrati i dati demografici, le mansioni lavorative ricoperte, la NRS all’inizio ed alla fine del programma ed il gradimento rispetto al percorso svolto. Risultati Il progetto è iniziato nel 2015 ed è stato riproposto in 21 edizioni nel corso delle quali sono stati reclutati e valutati 277 soggetti. Di questi 232 (83,75%) erano donne e 45 (16,25%) uomini. L’età media era di 45,42 anni (DS ±8,753) e la media dei mesi lavorati all’epoca del corso era di 180,069(DS ±164,059). Le categorie professionali maggiormente rappresentate erano gli Infermieri Professionali (48%) e gli Operatori Socio Sanitari (31,6%). Le Unità Operative di provenienza erano per lo più rappresentate da Chirurgia Generale (8,3%) e la Medicina Interna (7,9%). I risultati sono presentati in dettaglio nei grafici sottostanti. La riduzione della NRS pre e post trattamento si è dimostrata statisticamente significativa. I soggetti hanno espresso un giudizio complessivamente favorevole nei confronti del trattamento. CONCLUSIONI L’esercizio fisico strutturato organizzato in gruppi basati sull’approccio combinato tra Back School e rieducazione posturale di gruppo si è dimostrato efficace, alla luce dei risultati ottenuti sulla riduzione del dolore. L’iniziativa proposta è stata accolta in maniera favorevole dai partecipanti. Pertanto ci proponiamo di estendere il progetto a tutto il personale dell’Azienda al fine di incrementare il benessere percepito e di eseguire un follow-up a lungo termine per quantificare il mantenimento dei risultati ottenuti. Bibliografia National Institute for Health and Care Excellence. Low back pain and sciatica in over 16s: assessment and management (NICE guideline NG59). 2016, revised 2018. www.nice.org.uk/guidance/ng59. Maher C, Underwood M, Buchbinder R. Non-specific low back pain. Lancet. 2017 Feb 18;389(10070):736-747. Poquet N, Lin CW, Heymans MW, van Tulder MW, Esmail R, Koes BW, Maher CG. Back schools for acute and subacute non-specific low-back pain. Cochrane Database Syst Rev. 2016 Apr 26;4:CD008325. 1 Scuola di Specializzazione in Medicina Fisica e Riabilitativa, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università di Parma 2 Unità Operativa Complessa di Medicina Fisica e Riabilitativa, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma 3 Servizio Prevenzione e Protezione Aziendale, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
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Appropriatezza della gestione postchirurgica delle fratture di femore nei pazienti ultraottantenni osteoporotici: una casistica ambulatoriale
APPROPRIATEZZA DELLA GESTIONE POSTCHIRURGICA DELLE FRATTURE DI FEMORE NEI PAZIENTI ULTRAOTTANTENNI OSTEOPOROTICI: UNA CASISTICA AMBULATORIALE D.M.Carlucci; G. Fata*, A.R.Storelli* Amb. Specialistico Fisiatrico ASST Valcamonica-BS * Medicina Fisica e Riabilitativa Azienda Universo Salute Opera Don Uva Bisceglie BT INTRODUZIONE Le fratture da fragilità causano disabilità complesse, morbilità, riduzione della qualità di vita, limitazione funzionale e aumentano il rischio relativo di mortalità: in particolare per le fratture di femore l’incidenza è sostanzialmente sovrapponibile a quella per ictus e carcinoma mammario. La gestione attuale del paziente presenta notevoli criticità e ampi margini di miglioramento. E’ spesso inadeguata per quanto riguarda la prevenzione di nuovi eventi fratturativi. Infatti, benché la frattura da fragilità costituisca uno dei maggiori fattori di rischio per ulteriori fratture, solo una minoranza di questi pazienti viene avviata a un appropriato iter diagnostico e terapeutico dopo il trattamento chirurgico, mentre nella maggior parte dei casi non vengono valutati e trattati in modo adeguato. E’ stato dimostrato che una frattura da trauma a bassa energia possa aumentare da 2 a 5 volte il rischio di ulteriori fratture, soprattutto entro un anno della precedente. Da qui la necessità di fornire indicazioni sulle procedure assistenziali più appropriate in precise circostanze cliniche. Sarebbe utile seguire un percorso diagnostico-terapeutico basato sull’evidenza e finalizzato alla prevenzione della rifrattura. Alle terapie farmacologiche mirate a ridurre la fragilità scheletrica dovrebbe sempre associarsi un’analisi delle cause di caduta, compresa una valutazione dei rischi legati all’ambiente domestico ed esterno, luoghi dove si realizzano ben più della metà delle fratture d’anca dell’anziano. Tale gestione non richiede investimenti strutturali né personale aggiuntivo, ma solo una diversa organizzazione operativa. OBIETTIVO Creare un percorso multidisciplinare all’interno del quale il paziente non sarà più oggetto di richieste di consulenze specialistiche demandate alla discrezionalità del medico di turno o del medico curante ma verrà inserito in un percorso strutturato, con la presa in carico da parte del fisiatra ambulatoriale in stretta collaborazione del medico curante e ortopedico. Un secondo obiettivo è analizzare la prevalenza dei fattori predittivi di rischio di caduta e la necessità di fornire indicazioni sulle procedure assistenziali più appropriate in precise circostanze cliniche. MATERIALI E METODI 60 anziani osteoporotici, (BMD T-Score < -2,5 DS a livello lombare L1-L4 e del collo femorale controlaterale, di età superiore a 80 anni, di entrambi i sessi, 40 femmine (66.7 %) e 20 maschi (33.3 %) operati per fratture di femore da fragilità, sono stati selezionati al follow-up a tre mesi dall’intervento. In tutti abbiamo valutato l’eventuale presenza di fattori intrinseci, correggibili, predittivi di caduta e quindi di rischio di rifratturazione, mediante valutazioni clinico-strumentali di rapida misurazione e poco costose come: Timed Up and Go Test, 30 Second Chair Stand Test, valori sierici di 25 (OH)D, scala di Hausen e Womac. RISULTATI 40 pazienti ( 66,6 % ) presentavano una concentrazione serica di Vit. D carente al di sotto di 10 ng/ml; 35 anziani (58,3 %) non effettuava alcuna terapia antifratturativa prima di incorrere in una frattura di femore, dato significativo di sottostima del problema osteoporosi; di questi solo 10 pazienti (28,5 %) al follow-up effettuava adeguata terapia antifratturativa. In riferimento alla presenza di fattori predittivi extrascheletrici di rischio di caduta al follow-up a tre mesi dall’intervento, dopo la somministrazione delle scale volte ad indagare la qualità del cammino, l’autonomia raggiunta con l’uso o meno di ausili , è stato riscontrato che 30 pazienti (50 % ) presentavano un medio-alto rischio di caduta; inoltre di questi solo 10 pazienti il 33,3 % utilizzavano ausili per il cammino. CONCLUSIONI La presenza di fattori predittivi scheletrici ed extrascheletrici di rischio di caduta modificabili, ci inducono a ritenere che un numero rilevante di pazienti operati sfugga alla valutazione specialistica nei vari follow-up, rimanendo sotto il controllo domiciliare del medico curante, per riemergere come acuzie solo in caso di rifratturazione. E’ importante, per il mantenimento di una sufficiente compliance, introdurre un programma di esercizi domiciliari autogestito individualizzati mirati a migliorare la forza, la deambulazione, l’equilibrio e inoltre che l’esercizio effettuato sia attuato metodicamente, che comporti un miglioramento funzionale, una giusta motivazione e benessere soggettivo verificabile nel breve periodo dall’anziano stesso. In tale sistema di rete i diversi operatori condividono protocolli con un responsabile del sistema, fisiatra-medico di M.G., che funge da coordinatore , collettore di informazione e distributore di strategie innovative. L’aspetto educazionale del paziente e dei familiari sarà parte integrante del modello operativo. Importante è quello di consigliare una modificazione degli stili di vita erronei come l’abuso di alcool, di fumo e la scarsa attività fisica BIBLIOGRAFIA 1-Bischoff-Ferrari HA.Dawson-Hughes B, Willett WC, et al. Effect og vitamin D on falls: a meta-analysis. JAMA 2004;291:1999-2006. 2-Browner WS. Pressman AR, Nevitt MC, Cummings SR. Mortality following fractures in older women. The study of osteoporotic fractures. Arch Intern Med 1996; 156: 1521-5. 3-Linee Guida sulla gestione dell’Osteoporosi e delle Fratture da fragilità- definitiva. Commissione Intersocietaria per l’Osteoporosi SIOMMMS 19
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TRATTAMENTO ROBOTIZZATO DELL’ARTO SUPERIORE NEI PAZIENTI CON EMIPARESI SPASTICA IN FASE CRONICA TRATTATI CON TOSSINA BOTULINICA TIPO A: CONFRONTO TRA END-EFFECTOR E ESOSCHELETRO
TRATTAMENTO ROBOTIZZATO DELL’ARTO SUPERIORE NEI PAZIENTI CON EMIPARESI SPASTICA IN FASE CRONICA TRATTATI CON TOSSINA BOTULINICA TIPO A: CONFRONTO TRA END-EFFECTOR E ESOSCHELETRO Facciorusso Salvatore, Spina Stefania, Armiento Raffaella, Cinone Nicoletta, Pietro Fiore, Santamato Andrea,Ranieri Maurizio FIRENZE 29/09/2019-02/10/2019 INTRODUZIONE L’utilizzo di dispositivi robotici per l’arto superiore in riabilitazione supportato da numerose evidenze che mostrano come essi possano migliorare la funzione e la forza dell’arto superiore e di vita quotidiana1. Tuttavia ci sono poche evidenze sulla scelta del dispositivo appropriato da utilizzare2. Inoltre pochi studi hanno indagato l’efficacia del trattamento robotico per l’arto superiore associato all’impiego di tossina botulinica3,4. L’obiettivo di questo studio osservazionale quello di identificare le differenze tra end effector e esoscheletro nel migliorare la funzione dell’arto superiore nei pazienti affetti da emiparesi spastica sottoposti ad infiltrazione di tossina botulinica di tipo A in fase cronica. RISULTATI Lo studio, nei suoi dati preliminari, ha evidenziato in entrambi i gruppi un miglioramento nella MAS statisticamente significativo al T1 (p < 0,05), non significativo al T2 (p > 0,05). Miglioramenti associati alla FMAUE e MI sono risultati significativi al T1 (p < 0,05). I risultati ottenuti dalle scale FAT e BI non hanno mostrato miglioramenti altrettanto significativi (p > 0,05). MATERIALI E METODI Sono stati reclutati 8 pazienti media 55,66 14,47) affetti da emiparesi spastica trattati presso la S.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa degli OORR di Foggia con tossina botulinica di tipo A all’arto superiore con le seguenti caratteristiche: Motricity Index (MI) di spalla e gomito e Modified Ashworth Scale (MAS) degli adduttori di spalla, flessori gomito e polso Dopo 14 giorni dall’iniezione di tossina botulinica, 4 pazienti sono stati sottoposti a trattamento con esoscheletro con modulo ManovoPower e 4 pazienti a trattamento con end effector Le sedute di trattamento (15 sedute, 1h/sessione) prevedevano esercizi in passiva e task oriented con supporto secondo le caratteristiche dei software dei dispositivi. I pazienti reclutati il giorno dell’infiltrazione sono stati valutati con MI e MAS dei muscoli infiltrati (T0). Dopo 14 giorni dall’infiltrazione (T1) e al termine del trattamento robotico (T2) sono state somministrate le seguenti misure di outcome: MAS dei muscoli infiltrati, Fugl Meyer Assessment Upper Extremity (FMAUE), Frenchay Arm Test (FAT), MI per arto superiore e Barthel Index (BI). CONCLUSIONI Da questi dati, abbiamo potuto osservare che entrambi i gruppi presentano un miglioramento nella funzione dell’arto superiore in seguito a trattamento con tossina botulinica. Abbiamo registrato un cambiamento significativo nell’ipertono muscolare misurato con MAS al T1, verosimilmente associato al trattamento con tossina botulinica che rimasto invariato al termine del trattamento con dispositivo robotico (T2). Non abbiamo riscontrato miglioramenti significativi sulle di vita quotidiana, valutate con BI. Nonostante al momento la del campione risulti ridotta, in entrambi i gruppi esaminati si riscontrato un beneficio equiparabile tra end effector ed esoscheletro per l’arto superiore in seguito ad infiltrazione di tossina botulinica di tipo A nei pazienti affetti da ictus in fase cronica. ARMEO E REOGO FMAUE MI FAT MAS BI DS) DS) T2 ( media T0 vs T1 (p-value) 0,012 0,012 0.112 0.001 0,084 T0 vs T2 (p-value) 0,021 0,575 0,012 0.048 0,124 BIBLIOGRAFIA 1. Lin D, Li Q, Li W, Rungsiyakull P, Swain M. Electromechanical and robot-assisted arm training for improving activities of daily living, arm function, and arm muscle strength after stroke (Review). Cochrane Database Syst Rev. 2018. doi:10.1002/14651858.CD006876.pub5 2. Molteni F, Gasperini G, Cannaviello G, Guanziroli E. Exoskeleton and End-Effector Robots for Upper and Lower Limbs Rehabilitation: Narrative Review. PM R. 2018;10(9 Suppl 2):S174-S188. doi:10.1016/j.pmrj.2018.06.005 3. Gandolfi M, N, Dimitrova EK, et al. Effectiveness of robot-assisted upper limb training on spasticity, function and muscle activity in chronic stroke patients treated with botulinum toxin: A randomized single-blinded controlled trial. Front Neurol. 2019. doi:10.3389/fneur.2019.00041 4. Pennati G V, Da Re C, Messineo I, Bonaiuti D. How could robotic training and botolinum toxin be combined in chronic post stroke upper limb spasticity? A pilot study. Eur J Phys Rehabil Med. 2015. S.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa degli OORR di Foggia
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EFFICACIA DI UN TRATTAMENTO COMBINATO PER IL RECUPERO DELLA FUNZIONE DELLA MANO IN PAZIENTI CON EMIPARESI SPASTICA IN FASE CRONICA SOTTOPOSTI AD INIEZIONE DI TOSSINA BOTULINICA
EFFICACIA DI UN TRATTAMENTO COMBINATO PER IL RECUPERO DELLA FUNZIONE DELLA MANO IN PAZIENTI CON EMIPARESI SPASTICA IN FASE CRONICA SOTTOPOSTI A INIEZIONE DI TOSSINA BOTULINICA Facciorusso Salvatore, Santoro Luigi, Botticelli Chiara, Avvantaggiato Christian, Pietro Fiore, Santamato Andrea, Ranieri Maurizio FIRENZE 29/09/2019-02/10/2019 INTRODUZIONE Numerose evidenze supportano l’utilizzo della tossina botulinica di tipo A nei muscoli dell’arto superiore al fine di migliorare l’esecuzione dei movimenti di reaching e di grasping in soggetti affetti da ictus1,2,3. Inoltre, stato dimostrato che il trattamento post inoculo fondamentale per aumentare l’efficacia della tossina botulinica e migliorare la funzione dell’arto superiore, se presente4. Obiettivo del presente studio osservazionale determinare l’efficacia di un trattamento con stimolazione elettrica funzionale (FES) sulla funzione della mano nel periodo successivo all’iniezione di tossina botulinica in pazienti affetti da emiparesi spastica in fase cronica. RISULTATI I pazienti hanno riportato dopo 7 giorni dall’inoculo (T1), miglioramenti nei valori di PROM ed AROM misurati con Smart Glove e alla MAS del carpo rispetto al T0. Invece le scale BBT e NHPT non hanno evidenziato un miglioramento statisticamente significativo (p > 0,05) al T1. Al T2 i miglioramenti di MAS, PROM e AROM sono rimasti invariati rispetto al T1 tranne nell’estensione del polso dove il miglioramento risultato statisticamente significativo (p < 0,05). Le scale BBT e NHPT hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo al T2 (p < 0,05). BIBLIOGRAFIA 1. Shaw L, Rodgers H, Price C, et al. BoTULS: a multicentre randomised controlled trial to evaluate the clinical effectiveness and cost-effectiveness of treating upper limb spasticity due to stroke with botulinum toxin type A. Health Technol Assess. 2010;14(26):1-113, iii-iv. doi:10.3310/hta14260 2. Andringa A, van de Port I, van Wegen E, Ket J, Meskers C, Kwakkel G. Effectiveness of Botulinum Toxin Treatment for Upper Limb Spasticity Poststroke Over Different ICF Domains: a Systematic Review and Meta-Analysis. Arch Phys Med Rehabil. February 2019. doi:10.1016/j.apmr.2019.01.016 3. Bensmail D, Robertson J, Fermanian C, Roby-Brami A. Botulinum toxin to treat upper-limb spasticity in hemiparetic patients: grasp strategies and kinematics of reach-to-grasp movements. Neurorehabil Neural Repair. 2010;24(2):141-151. doi:10.1177/1545968309347683 4. Picelli A, Santamato A, Chemello E, et al. Adjuvant treatments associated with botulinum toxin injection for managing spasticity: An overview of the literature. Ann Phys Rehabil Med. September 2018. doi:10.1016/j.rehab.2018.08.004 MATERIALI E METODI Sono stati reclutati 5 pazienti (4M/1F anni) affetti da emiparesi spastica in fase cronica di 6 mesi dall'evento), con Modified Ashworth Scale dei flessori di carpo e dita e MRC trattati ambulatorialmente presso la S.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa degli OORR di Foggia con tossina botulinica di tipo A nei muscoli flessori di carpo e dita. Dopo l'infiltrazione i pazienti sono stati sottoposti a 10 sedute dal al della durata di 45 minuti con esercizi di presa e rilascio, utilizzando il pannello interattivo Smart Pegboard ed associati a NESS mediante stimolazione dei muscoli estensori (frequenza: 12-16Hz; durata dell'impulso: 100-200ms). Le valutazioni sono state effettuate al baseline (T0), dopo 7 giorni (T1) ed al termine del trattamento con FES (T2) usando le seguenti misure di outcome: Modified Ashworth Scale (MAS), Box and Block Test (BBT), Nine Hole Peg Test (NHPT) e valutazione di CONCLUSIONI Nonostante il campione esiguo, questi risultati preliminari mettono in evidenza l'efficacia degli esercizi di presa e rilascio associati ad elettrostimolazione funzionale effettuata sui muscoli estensori del carpo dopo trattamento con tossina botulinica di tipo A nel favorire il recupero della funzione della mano. Inoltre, i dati ricavati dalla valutazione con Smart Glove, hanno mostrato nel misurare in modo oggettivo i cambiamenti nel ROM in seguito ad iniezione di tossina botulinica e trattamento riabilitativo. Tuttavia, ulteriori studi sono necessari per validare e standardizzare queste misurazioni. S.C. di Medicina Fisica e Riabilitativa degli OORR di Foggia
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UTILIZZO DEL DISPOSITIVO ROBOTICO GLOREHA® PER IL RECUPERO MOTORIO DELLA MANO DOPO STROKE: EFFETTI SULL’OUTCOME RIABILITATIVO IN FASE POST-ACUTA
UTILIZZO DEL DISPOSITIVO ROBOTICO GLOREHA® PER IL RECUPERO MOTORIO DELLA MANO DOPO STROKE: EFFETTI SULL’OUTCOME RIABILITATIVO IN FASE POST-ACUTA S.SPINA(1) – A.DI LORENZO(1) – A.RUSSO (1) – S.FACCIORUSSO(1 )- A.MARRONE(1) – P.FIORE(2) – A.SANTAMATO(1) – M.RANIERI(1). S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA UNIVERSITARIA, OO.RR. DI FOGGIA, FOGGIA, ITALIA (1) S.C. DI MEDICINA FISICA E RIABILITATIVA E USU, POLICLINICO DI BARI, BARI, ITALIA (2) – Introduzione Il deficit motorio degli arti superiori è una conseguenza molto comune dell’ictus ed è causa di una importante disabilità poiché comporta un aumen- to della dipendenza nelle attività della vita quotidiana e riduce la qualità di vita. Infatti l’arto superiore, ed in modo particolare la mano, hanno un ruolo fondamentale nello svolgimento di molte attività in ambiente domestico, lavorativo e sociale1. Migliorare la funzione dell’arto superiore e quindi della mano, è un obiettivo importante per massimizzare l’outcome del paziente e diminuire la sua disabilità. È stato già dimostrato che il recu- pero della funzione motoria dell’arto superiore lesionato dipende dall’intensità della terapia effettuata e dalla ripetizione di movimenti specifici3; in questo contesto l’uso di sistemi robotici si è dimostrato un valido mezzo per garantire un’elevata intensità di trattamento anche nelle fasi più precoci del processo riabilitativo4. Scopo dello studio è stato quello di valutare gli effetti di un training della mano con il dispositivo Gloreha® Sinfonia in pa- zienti ricoverati in fase sub-acuta dopo ictus. Materiali e Metodi Sono stati reclutati 4 pazienti (2M/2F età 60±3aa) con diagnosi di ictus cerebrale in fase sub-acuta, ricovera- ti presso la Struttura Complessa di Medicina Fisica e Riabilitazione degli OORR. I pazienti selezionati hanno ricevuto, in aggiunta al trattamento convenzionale, 12 sedute di trattamento robotico della mano median- te il dispositivo Gloreha® Sinfonia. La terapia robotica con Gloreha® Sinfonia consisteva in un trattamento pomeridiano (45 minuti/sessione per 3 sedute/settimana) inizialmente in modalità passiva (3 sedute), suc- cessivamente in modalità attivo-assistita con il guanto sensorizzato. I pazienti sono stati valutati prima di iniziare il training (T0) e alla fine delle 4 settimane (T1) con le seguenti scale: Motricity Index (MI), Modified Ashworth Scale (MAS), Fugl Meyer Assessment Upper Extremity(FMA-UE), Functional Independence Mea- sure(FIM). Risultati Il trattamento con il dispositivo Gloreha® Sinfonia è stato ben tollerato dai pazienti che hanno portato a termine tutte le sessioni previste. I risultati ottenuti da questi dati preliminari mo- strano outcome migliorati complessivamente al T1 relativamente a MI, FMA-UE e FIM. In particolare è risultato significativo il miglioramento della presa a pinza nella MI(p<0,0426) e nel dominio della mano alla FMA-UE(p<0,01). 160 140 120 100 80 60 40 20 0 PZ 1 PZ 2 PZ 3 PZ 4 FM-UE T0 T1 16 14 12 10 8 6 4 2 0 PZ 1 PZ 2 PZ 3 PZ 4 FM-UE MANO 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 PZ 1 PZ 2 PZ 3 PZ 4 MOTRICITY INDEX UE 60 50 40 30 20 10 0 PZ 1 PZ 2 PZ 3 PZ 4 PRESA A PINZA MI T0 T1 T0 T1 T0 T1 160 140 120 100 80 60 40 20 0 PZ 1 PZ 2 FIM T0 PZ 3 PZ 4 T1 Conclusioni I nostri dati preliminari, di ridotta numerosità del campione, sembrano indicare che il trattamento con il dispositivo robotico Gloreha® Sinfonia risulta particolarmente appropriato in pazienti con ictus cerebrale in fase sub-acuta. Tuttavia è necessario aumentare il numero dei pazienti trattati e confrontare il campione con un gruppo controllo trattato solo con la terapia tradizionale al fine di definire specifiche indicazioni e protocolli sull’utilizzo del Gloreha® Sinfonia nella pratica riabilitativa. Bibliografia 1. Ekstrand, E., Rylander, L., Lexell, J. & Brogårdh, C. Perceived ability to perform daily hand activities after stroke and associated factors: A cross-sectional study. BMC Neurol. (2016). doi:10.1186/s12883-016-0733-x 2. Marchal-Crespo, L., Rappo, N. & Riener, R. The effectiveness of robotic training depends on motor task characteristics. Exp. Brain Res. 235, (2017). 3. Han, C., Wang, Q., Meng, P. & Qi, M. Effects of intensity of arm training on hemiplegic upper extremity motor recovery in stroke patients: a randomized controlled trial. Clin. Rehabil. 27, 75–81 (2013). 4. Veerbeek, J. M., Langbroek-Amersfoort, A. C., Van Wegen, E. E. H., Meskers, C. G. M. & Kwakkel, G. Effects of Robot-Assisted Therapy for the Upper Limb after Stroke. Neurorehabilitation and Neural Repair (2017)
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Tecnologie assistive per promuovere il controllo della stimolazione ambientale nelle Minime Coscienze
TECNOLOGIE ASSISTIVE PER PROMUOVERE IL CONTROLLO DELLA STIMOLAZIONE AMBIENTALE NELLE MINIME COSCIENZE LANZILOTTI C.M., BUONOCUNTO F. Un possibile esito del coma è lo stato di Minima Coscienza. Persone in stato di Minima Coscienza con gravi disabilità motorie e comunicative potrebbero rimanere confinati all’interno di un contesto ambientale ristretto, sviluppando una forte dipendenza dai caregiver: condizione che comprometterebbe le opportunità di progredire verso forme rilevanti di interazione e occupazione (Bruno et al. 2011; Giacino et al. 2014; Lancioni et al. 2014). I programmi di intervento basati sull’uso di supporti tecnologici potrebbero essere, per queste persone, valide prospettive occupazionali, sociali e riabilitative. I programmi sviluppati sono finalizzati a consentire ai partecipanti di (a) accedere a brevi periodi di stimolazione attraverso uno o due microswitches (sensori\ microinterruttori), (b) perseguire la stimolazione e il contatto sociale attraverso la combinazione di un microswitch e di un Speech Generating Device (SGD) o attraverso due SGD e (c) in tale modo, gestire il controllo di eventi ambientali di tipo rilevante. L’impiego delle tecnologie assistive nel processo riabilitativo favorisce il potenziamento delle abilità comportamentali residue e promuove forme di apprendimento attraverso semplici risposte adattive che permettono di gestire l’accesso agli stimoli in maniera autonoma. I microswitches consentono, quindi, a persone con disabilità motorie estese, di controllare la stimolazione esterna, che altrimenti non sarebbero in grado di gestire, attraverso risposte minimali (definite normalmente irrilevanti). Per perseguire gli obiettivi sopramenzionati, l’individuo dovrebbe attivare un dispositivo del tipo tilt o cellula ottica attraverso una risposta minimale. L’obiettivo di questo report è evidenziare, sulla base di una review dei casi trattati, come l’uso di specifici strumenti tecnologici (microswitches e SGD) favorisca l’autodeterminazione, la vigilanza, e il controllo della stimolazione esterna, un’immagine sociale ed una qualità di vita migliori, contrastando l’isolamento e sottolineando la centralità della persona in stato di Minima Coscienza (Hirschberg and Giacino 2011; Lancioni et al. 2017). METODO Il report è basato su una review di programmi sviluppati per un totale di 70 persone in stato di Minima Coscienza. Tra le risposte, per attivare i microswitches e SGD, c’erano risposte semplici, come la chiusura prolungata della palpebra e\o il movimento dell’avambraccio. Tra gli stimoli susseguenti all’attivazione potevano essere utilizzati clip/audiovisivi, musica, foto, preghiere, voci familiari. Gli studi inclusi nella review erano basati su disegni sperimentali a soggetto singolo, quali ABAB. Durante le sessioni, le fasi A di baseline si alternavano alle fasi B di intervento. RISULTATI I risultati ottenuti con i 70 partecipanti coinvolti negli studi sopra menzionati potrebbero essere riassunti dai 3 casi esemplificativi riportati qui di seguito. Le barre riportate nei grafici mostrano le frequenze medie di risposta per blocchi di sessioni; il numero sulle barre rappresenta la quantità di sessioni coinvolte. Le frequenze di risposta riportate per ogni fase B nei diversi blocchi di sessioni sono più che raddoppiate, registrando una differenza significativa rispetto alle precedenti fasi A. CONCLUSIONI I programmi basati sull’uso di tecnologie assistive per persone in stato di Minima Coscienza e deficit motori gravi potrebbero essere considerati efficaci per garantire la possibilità di progredire nel rapporto con l’ambiente circostante e controllare in maniera autonoma le stimolazioni ad esso inerenti.
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